46 iracheni uccisi ieri, 500 dall'inizio del mese, quasi 6.000 dall'inizio dell'anno. Il premier al-Maliki chiede l'aiuto di Washington ma è Parigi a proporsi
NenaNews - Il sangue continua a scorrere in Iraq. Ieri una serie di attacchi nel Paese ha ucciso almeno 46 persone secondo quanto hanno riferito oggi le autorità irachene. Una violenza inarrestabile che solo in questo mese ha fatto più di 500 vittime. Un bilancio (provvisorio) che è ancora più drammatico se si pensa che dall'inizio dell'anno i morti per attacchi terroristici e sparatorie sono quasi 6.000.
L'attacco più sanguinoso ha avuto luogo ieri pomeriggio in un mercato nel quartiere di Sadriyah nel centro di Baghdad. Una bomba collocata sul ciglio della strada seguita subito dopo da un attacco suicida han ucciso almeno 23 persone che a quell'ora si riunivano nei ristoranti e nei caffè presenti della zona. Il mercato era già stato chiuso al traffico veicolare nell'aprile 2007 dopo che un autobomba aveva provocato 140 vittime.
Attacchi vari sempre nella capitale hanno provocato altri otto morti. Nella zona meridionale di Baghdad è stato assassinato con colpi d'arma da fuoco un ex legislatore. Ma la violenza non ha preferenze geografiche in Iraq. Nella città settentrionale di Mosul, nove persone sono state uccise, mentre attacchi a Baquba e vicino Balad hanno provocato cinque morti. Tra le vittime di ieri si segnala anche l'assassinio di un ex parlamentare iracheno, Jamal Mohsen sparato nella sua casa alla periferia di Nasiriya. La polizia ha inoltre ritrovato ieri il corpo senza vita di una donna sparata la scorsa notte nei pressi di Tikrit.
Il governo e le forze di sicurezza rassicurano che gli attacchi stanno avendo luogo principalmente nella zona occidentale e settentrionale del paese, aree dove è più presente la minoranza sunnita. Ma analisti e attivisti dei diritti umani criticano aspramente il governo perché, a loro dire, non sta facendo abbastanza per superare la grave crisi che il Paese sta vivendo da gennaio. A protestare sono però anche i sunniti che denunciano maltrattamenti e discriminazioni da parte delle autorità sciite.
Nel suo recente viaggio a Washington il premier Nuri al-Maliki ha chiesto al presidente Obama una maggiore collaborazione tra le Intelligence dei due stati e la consegna di armi più sofisticate per poter affrontare l'insorgenza terroristica che lacera il suo Paese. Ma finora le sue richieste hanno trovato gli statunitensi indifferenti.
Una violenza impressionante quella che si vive ogni giorno in Iraq. Con gli oltre 5.900 morti dall'inizio dell'anno il Paese è ritornato tragicamente ai terribili giorni del 2008 quando al-Qa'eda aveva raggiunto la sua massima forza nel paese. Il network terrorista ha ritrovato vigore nell'ultimo anno grazie alla guerra civile siriana. L'assenza delle autorità di Damasco, impegnate a reprimere una ribellione trasformatasi in una sanguinosa guerra civile, i confini porosi a sud con la Giordania e a nord con la Turchia hanno permesso a numerosi combattenti jihadisti di giungere in Siria e controllare ampie porzioni di territorio senza incontrare grossi ostacoli.
Desiderosi di fondare un califfato islamico, i combattenti di al-Qa'eda dominano un'ampia zona che si estende dal nord della Siria fino alla regione occidentale dell'Iraq. E proprio nell'instabile Iraq al-Qa'eda ha saputo e potuto riorganizzarsi esportando il suo messaggio di morte anche nel Paese confinante. Di fronte alla forza crescente di gruppi riconducibili alla galassia qa'edista, le iniziative repressive del premier al-Maliki sono risultate fallimentari.
Ma se gli statunitensi sembrano farsi da parte, Parigi prova a riempire il "vuoto". Ieri la Francia ha ufficialmente offerto armi, cooperazione tra servizi segreti e addestramento dell'esercito iracheno. "Noi desideriamo fortemente aiutare l'Iraq a combattere il terrorismo con armi, addestramento, intelligence e curando i feriti" ha dichiarato l'ambasciatore francese a Baghdad, Denys Gauer.
Attacchi vari sempre nella capitale hanno provocato altri otto morti. Nella zona meridionale di Baghdad è stato assassinato con colpi d'arma da fuoco un ex legislatore. Ma la violenza non ha preferenze geografiche in Iraq. Nella città settentrionale di Mosul, nove persone sono state uccise, mentre attacchi a Baquba e vicino Balad hanno provocato cinque morti. Tra le vittime di ieri si segnala anche l'assassinio di un ex parlamentare iracheno, Jamal Mohsen sparato nella sua casa alla periferia di Nasiriya. La polizia ha inoltre ritrovato ieri il corpo senza vita di una donna sparata la scorsa notte nei pressi di Tikrit.
Il governo e le forze di sicurezza rassicurano che gli attacchi stanno avendo luogo principalmente nella zona occidentale e settentrionale del paese, aree dove è più presente la minoranza sunnita. Ma analisti e attivisti dei diritti umani criticano aspramente il governo perché, a loro dire, non sta facendo abbastanza per superare la grave crisi che il Paese sta vivendo da gennaio. A protestare sono però anche i sunniti che denunciano maltrattamenti e discriminazioni da parte delle autorità sciite.
Nel suo recente viaggio a Washington il premier Nuri al-Maliki ha chiesto al presidente Obama una maggiore collaborazione tra le Intelligence dei due stati e la consegna di armi più sofisticate per poter affrontare l'insorgenza terroristica che lacera il suo Paese. Ma finora le sue richieste hanno trovato gli statunitensi indifferenti.
Una violenza impressionante quella che si vive ogni giorno in Iraq. Con gli oltre 5.900 morti dall'inizio dell'anno il Paese è ritornato tragicamente ai terribili giorni del 2008 quando al-Qa'eda aveva raggiunto la sua massima forza nel paese. Il network terrorista ha ritrovato vigore nell'ultimo anno grazie alla guerra civile siriana. L'assenza delle autorità di Damasco, impegnate a reprimere una ribellione trasformatasi in una sanguinosa guerra civile, i confini porosi a sud con la Giordania e a nord con la Turchia hanno permesso a numerosi combattenti jihadisti di giungere in Siria e controllare ampie porzioni di territorio senza incontrare grossi ostacoli.
Desiderosi di fondare un califfato islamico, i combattenti di al-Qa'eda dominano un'ampia zona che si estende dal nord della Siria fino alla regione occidentale dell'Iraq. E proprio nell'instabile Iraq al-Qa'eda ha saputo e potuto riorganizzarsi esportando il suo messaggio di morte anche nel Paese confinante. Di fronte alla forza crescente di gruppi riconducibili alla galassia qa'edista, le iniziative repressive del premier al-Maliki sono risultate fallimentari.
Ma se gli statunitensi sembrano farsi da parte, Parigi prova a riempire il "vuoto". Ieri la Francia ha ufficialmente offerto armi, cooperazione tra servizi segreti e addestramento dell'esercito iracheno. "Noi desideriamo fortemente aiutare l'Iraq a combattere il terrorismo con armi, addestramento, intelligence e curando i feriti" ha dichiarato l'ambasciatore francese a Baghdad, Denys Gauer.
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