Il racconto del calvario dell'ufficiale al comando dell'unità dell’Air Force incaricata di fornire supporto aereo alle isole di Samar e Leyte. Lui era nei luoghi della tragedia quando quel venerdì 8 novembre Haiyanha scatenato la sua ira.
Città Nuova - Il tenente colonnello Fermin Carangan è l'ufficiale al comando di TOG 8, l’unità dell’Air Force incaricata di fornire supporto aereo alle isole di Samar e Leyte. Nella mattina di venerdì 8 novembre nel loro ufficio situato vicino all’aeroporto di Tacloban è scattato l’allarme rosso: lui e le sue truppe erano stati appena informati dell’arrivo del super-tifone chiamato Haiyan-Yolanda. Riportiamo la testimonianza del tenente colonnello Allan Taguba su quel terribile venerdì mattina.
«Alle 6 di mattina di venerdì eravamo fuori dall’ufficio osservando il cielo. I venti portati da Yolanda erano già forti. Noi (le truppe dell’Air force a Tacloban) eravamo preparati alla possibilità di una missione di salvataggio, già giorni prima dell’arrivo previsto di Yolanda. Già prima delle 7 le piogge hanno cominciato a scendere copiose e ci siamo dovuti riparare.
Non mi ero accorto che due miei giovani ufficiali erano appena usciti. Entrambi si erano appena diplomati alla Philippine Military Academy (PMA). Erano accanto a me prima che ci inghiottisse l’acqua. Poi ne ho visto uno che tentava di aggrapparsi a un muro diroccato di un edificio distrutto. Ho tentato di raggiungerlo ma la corrente era troppo forte. C’era tantissimo panico e confusione.
Ero trasportato sempre più in direzione del mare e tutto quello che vedevo erano le cime degli alberi di cocco che sparivano nella massa d’acqua. Improvvisamente ho visto un bambino aggrappato saldamente ad uno di quegli alberi che galleggiava nella corrente. Per un colpo di fortuna la corrente mi ha spinto verso il bambino e sono riuscito a toglierlo da quella sfortunata situazione. L' ho fatto aggrappare al pezzo di legno in cui ero aggrappato io. Poi abbiamo galleggiato in mezzo al nulla.
In mare abbiamo dovuto affrontare un altro inferno. Eravamo sballottati dalle onde, onde gigantesche che venivano da ogni direzione. Venti vorticosi ci sferzavano. Abbiamo bevuto un sacco d’acqua salata. Mi sentivo veramente stanco. E anche Miguel, il ragazzino. Ho scoperto che aveva solo 7 anni. «Troppo giovane per morire» ho pensato. Mi è venuta in mente la mia famiglia. Ho pregato Dio di prendersi cura di mia moglie e dei miei figli. Ho pensato di aver fatto quello che ogni padre avrebbe fatto per loro, cioè semplicemente prendersene cura.
Ho pensato anche ai miei uomini. Giorni prima gli avevo detto di occuparsi della sicurezza delle loro famiglie, specialmente quelle a Tacloban, poiché la città poteva essere colpita duramente e noi saremmo stati impegnati nelle missioni di soccorso. Non avrebbero avuto il tempo di cercare le loro famiglie durante la missione. Ho pensato ai due neo ufficiali della Military Academy, ho pensato che se fosse capitato a me qualcosa, almeno potevo dire di aver prestato per un certo tempo un servizio onorevole e professionale. Questi due giovani ragazzi, invece, erano appena agli inizi e avevano ancora un futuro luminoso davanti.
Poi ho guardato Miguel. Stava tremando tantissimo a causa del freddo. Il suo corpo troppo giovane non poteva riusciva a combattere. Mi disse: «Kuya (che in filippino vuol dire fratello maggiore), ora mi addormenterò. Sono già così stanco». Realizzai dopo che forse sopravvissi grazie a questo bambino. Senza di lui avrei mollato. Sono rimasto vivo perché Dio voleva essere sicuro che quel bambino sopravvivesse. Ho urlato nelle orecchie di Miguel: «Non dormire! Ce la puoi fare. Guarda siamo già vicino a terra». Gli ho indicato qualcosa che pensavo fosse un’altra onda lunga, giusto per risollevare lo spirito di Miguel. Ma poi ho capito che si trattava davvero del litorale. Davvero esiste un Essere Potente!»
I due sono sopravvissuti alla tempesta Haiyan e al mare mosso fra Leyte e Samar durante l’assalto del tifone. Trasportati intorno alla baia nei pressi dell'aeroporto di Tacloban, alla fine sono stati tratti in salvo lungo le coste di Basey, Samar, intorno alle 13:00 dello stesso giorno. Sono stati in acqua per 6 ore prima di essere salvati. Basey e Tacloban sono separati dalle baie di San Pablo e di San Pedro. La devastazione che hanno visto lungo il litorale di Basey è un'altra storia da raccontare. Alcuni degli uomini del tenente colonnello Carangan sono ancora dispersi. Quegli uomini avrebbero dovuto prendere parte alle operazioni di soccorso a Leyte e Samar. Anche loro sono caduti vittime dell’ira di Haiyan.
Traduzione di Francesco Carta
Città Nuova - Il tenente colonnello Fermin Carangan è l'ufficiale al comando di TOG 8, l’unità dell’Air Force incaricata di fornire supporto aereo alle isole di Samar e Leyte. Nella mattina di venerdì 8 novembre nel loro ufficio situato vicino all’aeroporto di Tacloban è scattato l’allarme rosso: lui e le sue truppe erano stati appena informati dell’arrivo del super-tifone chiamato Haiyan-Yolanda. Riportiamo la testimonianza del tenente colonnello Allan Taguba su quel terribile venerdì mattina.
«Alle 6 di mattina di venerdì eravamo fuori dall’ufficio osservando il cielo. I venti portati da Yolanda erano già forti. Noi (le truppe dell’Air force a Tacloban) eravamo preparati alla possibilità di una missione di salvataggio, già giorni prima dell’arrivo previsto di Yolanda. Già prima delle 7 le piogge hanno cominciato a scendere copiose e ci siamo dovuti riparare.
Non mi ero accorto che due miei giovani ufficiali erano appena usciti. Entrambi si erano appena diplomati alla Philippine Military Academy (PMA). Erano accanto a me prima che ci inghiottisse l’acqua. Poi ne ho visto uno che tentava di aggrapparsi a un muro diroccato di un edificio distrutto. Ho tentato di raggiungerlo ma la corrente era troppo forte. C’era tantissimo panico e confusione.
Ero trasportato sempre più in direzione del mare e tutto quello che vedevo erano le cime degli alberi di cocco che sparivano nella massa d’acqua. Improvvisamente ho visto un bambino aggrappato saldamente ad uno di quegli alberi che galleggiava nella corrente. Per un colpo di fortuna la corrente mi ha spinto verso il bambino e sono riuscito a toglierlo da quella sfortunata situazione. L' ho fatto aggrappare al pezzo di legno in cui ero aggrappato io. Poi abbiamo galleggiato in mezzo al nulla.
In mare abbiamo dovuto affrontare un altro inferno. Eravamo sballottati dalle onde, onde gigantesche che venivano da ogni direzione. Venti vorticosi ci sferzavano. Abbiamo bevuto un sacco d’acqua salata. Mi sentivo veramente stanco. E anche Miguel, il ragazzino. Ho scoperto che aveva solo 7 anni. «Troppo giovane per morire» ho pensato. Mi è venuta in mente la mia famiglia. Ho pregato Dio di prendersi cura di mia moglie e dei miei figli. Ho pensato di aver fatto quello che ogni padre avrebbe fatto per loro, cioè semplicemente prendersene cura.
Ho pensato anche ai miei uomini. Giorni prima gli avevo detto di occuparsi della sicurezza delle loro famiglie, specialmente quelle a Tacloban, poiché la città poteva essere colpita duramente e noi saremmo stati impegnati nelle missioni di soccorso. Non avrebbero avuto il tempo di cercare le loro famiglie durante la missione. Ho pensato ai due neo ufficiali della Military Academy, ho pensato che se fosse capitato a me qualcosa, almeno potevo dire di aver prestato per un certo tempo un servizio onorevole e professionale. Questi due giovani ragazzi, invece, erano appena agli inizi e avevano ancora un futuro luminoso davanti.
Poi ho guardato Miguel. Stava tremando tantissimo a causa del freddo. Il suo corpo troppo giovane non poteva riusciva a combattere. Mi disse: «Kuya (che in filippino vuol dire fratello maggiore), ora mi addormenterò. Sono già così stanco». Realizzai dopo che forse sopravvissi grazie a questo bambino. Senza di lui avrei mollato. Sono rimasto vivo perché Dio voleva essere sicuro che quel bambino sopravvivesse. Ho urlato nelle orecchie di Miguel: «Non dormire! Ce la puoi fare. Guarda siamo già vicino a terra». Gli ho indicato qualcosa che pensavo fosse un’altra onda lunga, giusto per risollevare lo spirito di Miguel. Ma poi ho capito che si trattava davvero del litorale. Davvero esiste un Essere Potente!»
I due sono sopravvissuti alla tempesta Haiyan e al mare mosso fra Leyte e Samar durante l’assalto del tifone. Trasportati intorno alla baia nei pressi dell'aeroporto di Tacloban, alla fine sono stati tratti in salvo lungo le coste di Basey, Samar, intorno alle 13:00 dello stesso giorno. Sono stati in acqua per 6 ore prima di essere salvati. Basey e Tacloban sono separati dalle baie di San Pablo e di San Pedro. La devastazione che hanno visto lungo il litorale di Basey è un'altra storia da raccontare. Alcuni degli uomini del tenente colonnello Carangan sono ancora dispersi. Quegli uomini avrebbero dovuto prendere parte alle operazioni di soccorso a Leyte e Samar. Anche loro sono caduti vittime dell’ira di Haiyan.
di José Aranas, Redazioneweb
Traduzione di Francesco Carta
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