Kumi Naidoo: «Questo caso ormai è un circo»
GreenReport - Greenpeace annuncia che «Il tribunale di San Pietroburgo ha prorogato di tre mesi, su richiesta del Comitato investigativo russo, la detenzione preventiva per Colin Russell, uno degli Arctic30, gli attivisti di Greenpeace detenuti già da due mesi in Russia a seguito di una protesta pacifica contro le trivellazioni nell’Artico». L’australiano Colin Russell è dunque il primo al quale è stata confermata la detenzione fino al 24 febbraio. Per lui sono state rifiutate sia la richiesta di scarcerazione su cauzione che la concessione degli arresti domiciliari. Prima che gli fosse comunicata la sentenza, Colin aveva dichiarato al giudice: «Non ho fatto nulla di male e non capisco le ragioni della detenzione. Sono stato in carcere duro per due mesi per nulla».
Probabilmente non sarà diversa la sorte delle richieste della difesa per quanto riguarda altri 4 attivisti ed i due giornalisti freelance che erano a bordo dell’Arctic Sunrise. Domani, alle 14,30 (ora di Mosca) sarà il turno, invece, dell’italiano Cristian D’Alessandro.
Tutti gli attivisti dell’Arctic Sunrise prigionieri lamentano di non poter comunicare con le autorità russe per mancanza di interpreti e che nei luoghi di reclusione non è possibile praticamente svolgere un qualche tipo di attività, spesso nemmeno guardare la televisione.
Il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo è molto arrabbiato per l’atteggiamento dei russi: «Le autorità affermano di aver bisogno di altri tre mesi per investigare su un reato immaginario sul quale non hanno giurisdizione. Dicono che devono tenere in carcere queste donne e uomini coraggiosi fino a febbraio per provare un crimine che non hanno commesso. Questo caso ormai è un circo. I nostri amici ora potrebbero rimanere in carcere per mesi solo perché hanno agito per la difesa dell’Artico. Perseguiremo ogni via legale e batteremo ogni strada percorribile finché ognuno di loro non tornerà a casa con la sua famiglia. Ci auguriamo che venerdì il Tribunale marittimo internazionale ordini la loro scarcerazione».
Ormai è una battaglia politico/legale a tutti i livelli e Greenpeace annuncia che i suoi avvocati «Ricorreranno in appello per chiedere la scarcerazione su cauzione, che, se concessa, potrebbe comunque essere soggetta a limitazioni del diritto di libera circolazione. Il tribunale non sta chiedendo l’estensione della detenzione per pirateria, l’accusa inizialmente mossa agli Arctic30, anche se questa non è ancora formalmente decaduta. Perché ciò accada infatti è necessario un atto formale che, nonostante le molte richieste dei legali di Greenpeace, non è ancora avvenuto».
GreenReport - Greenpeace annuncia che «Il tribunale di San Pietroburgo ha prorogato di tre mesi, su richiesta del Comitato investigativo russo, la detenzione preventiva per Colin Russell, uno degli Arctic30, gli attivisti di Greenpeace detenuti già da due mesi in Russia a seguito di una protesta pacifica contro le trivellazioni nell’Artico». L’australiano Colin Russell è dunque il primo al quale è stata confermata la detenzione fino al 24 febbraio. Per lui sono state rifiutate sia la richiesta di scarcerazione su cauzione che la concessione degli arresti domiciliari. Prima che gli fosse comunicata la sentenza, Colin aveva dichiarato al giudice: «Non ho fatto nulla di male e non capisco le ragioni della detenzione. Sono stato in carcere duro per due mesi per nulla».
Probabilmente non sarà diversa la sorte delle richieste della difesa per quanto riguarda altri 4 attivisti ed i due giornalisti freelance che erano a bordo dell’Arctic Sunrise. Domani, alle 14,30 (ora di Mosca) sarà il turno, invece, dell’italiano Cristian D’Alessandro.
Tutti gli attivisti dell’Arctic Sunrise prigionieri lamentano di non poter comunicare con le autorità russe per mancanza di interpreti e che nei luoghi di reclusione non è possibile praticamente svolgere un qualche tipo di attività, spesso nemmeno guardare la televisione.
Il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo è molto arrabbiato per l’atteggiamento dei russi: «Le autorità affermano di aver bisogno di altri tre mesi per investigare su un reato immaginario sul quale non hanno giurisdizione. Dicono che devono tenere in carcere queste donne e uomini coraggiosi fino a febbraio per provare un crimine che non hanno commesso. Questo caso ormai è un circo. I nostri amici ora potrebbero rimanere in carcere per mesi solo perché hanno agito per la difesa dell’Artico. Perseguiremo ogni via legale e batteremo ogni strada percorribile finché ognuno di loro non tornerà a casa con la sua famiglia. Ci auguriamo che venerdì il Tribunale marittimo internazionale ordini la loro scarcerazione».
Ormai è una battaglia politico/legale a tutti i livelli e Greenpeace annuncia che i suoi avvocati «Ricorreranno in appello per chiedere la scarcerazione su cauzione, che, se concessa, potrebbe comunque essere soggetta a limitazioni del diritto di libera circolazione. Il tribunale non sta chiedendo l’estensione della detenzione per pirateria, l’accusa inizialmente mossa agli Arctic30, anche se questa non è ancora formalmente decaduta. Perché ciò accada infatti è necessario un atto formale che, nonostante le molte richieste dei legali di Greenpeace, non è ancora avvenuto».
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