Legambiente: ottima l'iniziativa del commissario per l’ambiente Ue Potocnik
GreenReport - In Italia ormai non abbiamo più questo problema, ma le borsine di plastica leggere, troppo spesso utilizzate una volta sola, anche da noi continuano a resistere nell’ambiente e rischiano di restaci centinaia di anni, spesso sotto forma di microparticelle i cui effetti dannosi sono noti, soprattutto per l’ambiente marino. Oggi la Commissione europea ha adottato una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l’uso delle borse di plastica in materiale leggero e spiega che «Come farlo saranno gli Stati a deciderlo: facendole pagare, stabilendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinate condizioni oppure in altri modi che riterranno più adatti»<.
La proposta è stata modulata sull’esempio di vari Stati membri e scaturisce dall’invito dei ministri per l’Ambiente dell’Ue alla Commissione di valutare il margine d’intervento dell’Unione su questo fronte, intervento peraltro ampiamente caldeggiato dai cittadini, come si è potuto ricavare dalla vasta consultazione pubblica che ha preceduto l’elaborazione del testo.
Le ragioni per le quali i sacchetti di plastica sono diventati un vero e proprio flagello non stanno certo nel materiale dai quali sono composti, ma nello sfrenato consumismo di cui sono diventati il simbolo e nel mancato riutilizzo, recupero e riciclo, ma la realtà che questi sacchetti che hanno rappresentato per un certo periodo la “modernità” sono oggi l’esempio di un utilizzo obsoleto delle plastiche. Come spiega la stessa Commissione Ue, «Le caratteristiche che hanno decretato il successo commerciale delle borse di plastica — ovvero il peso contenuto e la resistenza al degrado — hanno anche contribuito alla loro ampia diffusione nell’ambiente. Questi prodotti sfuggono ai flussi di gestione dei rifiuti e si accumulano nell’ambiente, dove possono resistere per centinaia di anni, soprattutto sotto forma di rifiuti marini. I rifiuti marini sono considerati sempre più un grave problema di portata mondiale, una minaccia per gli ecosistemi marini, i pesci e gli uccelli. È comprovato che i mari europei sono il ricettacolo di grandi quantità di rifiuti». Il commissario Ue all’ambiente Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, ha spiegato: «Ci siamo mossi per risolvere un gravissimo problema ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Ogni anno in Europa sono più di 8 miliardi le borse di plastica che si trasformano in immondizia, con pesanti danni per l’ambiente. Alcuni Stati membri sono già riusciti a limitare di molto il loro uso e se altri facessero altrettanto il consumo in tutta l’Unione europea potrebbe addirittura ridursi dell’80%».
Questa volta a dare l’esempio a livello europeo è l’Italia che ha abbandonato gli shopper monuso per i sacchetti compostabili in bio-plastica e che ha innescato un nuovo boom delle tradizionali borse durevoli per la spesa. Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente giudica «Ottima l’iniziativa del commissario per l’ambiente Ue Potocnik per combattere l’inquinamento provocato dalle buste di plastica. Quello che serve per ridurre gli shopper di plastica è un cambiamento di rotta radicale e la proposta di direttiva europea, presentata oggi, va proprio in questa direzione sancendo che il principio della tutela ambientale può derogare a quello della libera circolazione delle merci. Ben venga allora l’introduzione di misure che prevedono la possibilità di tassare, introdurre target nazionali di riduzione o di vietare l’uso delle buste di plastica prendendo esempio dai Paesi virtuosi che fanno scuola su questo fronte e che hanno già adottato da diverso tempo queste misure. L’Italia è una di queste e la sua esperienza non è più considerata un’esperienza da condannare con una procedura di infrazione ma un esempio virtuoso e ripetibile in tutti gli altri stati membri. Fino al 2010 la nostra Penisola era il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta, con una percentuale di consumo pari al 25% del totale commercializzato in Europa. Grazie all’entrata in vigore del bando sugli shopper non compostabili, dal 1 gennaio 2011 questa percentuale si è ridotta e sono state tracciate le basi per una strategia integrata sulla corretta gestione dei rifiuti, sulla riduzione della plastica, sulla tutela e la salvaguardia dell’ambiente marino e della biodiversità che prende finalmente avvio con questa proposta di direttiva della Commissione Europea. Ora è dunque fondamentale procedere in fretta alla sua approvazione».
In Europa la situazione è diversa: «Si stima che nel 2010 siano stati immessi nel mercato dell’Ue 98,6 miliardi di borse di plastica – dice la Commissione – il che significa che ogni cittadino europeo ne ha usate 198 e presumibilmente ne ha riutilizzate ben poche, poiché la maggior parte di queste borse sono di materiale leggero e di fatto vengono riutilizzate meno rispetto ai sacchetti più robusti. Le cifre sul consumo di borse di plastica in materiale leggero indicano grandi differenze tra gli Stati membri: si va dai 4 sacchetti annui pro capite di Danimarca e Finlandia, ai 466 di Polonia, Portogallo e Slovacchia».
La proposta modifica la direttiva Ue sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, introducendo due elementi: «da un lato, obbligando gli Stati membri ad adottare misure che riducano il consumo di borse di plastica di spessore inferiore a 50 micron, meno riutilizzate rispetto a quelle di spessore superiore e quindi più a rischio “usa e getta” – dice la Commissione – dall’altro, lasciando agli Stati la scelta del tipo di misure, che possono consistere in strumenti economici, come imposte e prelievi, obiettivi nazionali di riduzione e restrizioni alla commercializzazione (nel rispetto però delle norme in materia di mercato interno contenute nel trattato sul funzionamento dell’Ue). Gli ottimi risultati ottenuti da alcuni Stati dell’Ue che hanno drasticamente ridotto l’uso di questo tipo di sacchetti optando per la tassazione e altre misure, indicano che questa è di fatto una via percorribile».
GreenReport - In Italia ormai non abbiamo più questo problema, ma le borsine di plastica leggere, troppo spesso utilizzate una volta sola, anche da noi continuano a resistere nell’ambiente e rischiano di restaci centinaia di anni, spesso sotto forma di microparticelle i cui effetti dannosi sono noti, soprattutto per l’ambiente marino. Oggi la Commissione europea ha adottato una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l’uso delle borse di plastica in materiale leggero e spiega che «Come farlo saranno gli Stati a deciderlo: facendole pagare, stabilendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinate condizioni oppure in altri modi che riterranno più adatti»<.
La proposta è stata modulata sull’esempio di vari Stati membri e scaturisce dall’invito dei ministri per l’Ambiente dell’Ue alla Commissione di valutare il margine d’intervento dell’Unione su questo fronte, intervento peraltro ampiamente caldeggiato dai cittadini, come si è potuto ricavare dalla vasta consultazione pubblica che ha preceduto l’elaborazione del testo.
Le ragioni per le quali i sacchetti di plastica sono diventati un vero e proprio flagello non stanno certo nel materiale dai quali sono composti, ma nello sfrenato consumismo di cui sono diventati il simbolo e nel mancato riutilizzo, recupero e riciclo, ma la realtà che questi sacchetti che hanno rappresentato per un certo periodo la “modernità” sono oggi l’esempio di un utilizzo obsoleto delle plastiche. Come spiega la stessa Commissione Ue, «Le caratteristiche che hanno decretato il successo commerciale delle borse di plastica — ovvero il peso contenuto e la resistenza al degrado — hanno anche contribuito alla loro ampia diffusione nell’ambiente. Questi prodotti sfuggono ai flussi di gestione dei rifiuti e si accumulano nell’ambiente, dove possono resistere per centinaia di anni, soprattutto sotto forma di rifiuti marini. I rifiuti marini sono considerati sempre più un grave problema di portata mondiale, una minaccia per gli ecosistemi marini, i pesci e gli uccelli. È comprovato che i mari europei sono il ricettacolo di grandi quantità di rifiuti». Il commissario Ue all’ambiente Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, ha spiegato: «Ci siamo mossi per risolvere un gravissimo problema ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Ogni anno in Europa sono più di 8 miliardi le borse di plastica che si trasformano in immondizia, con pesanti danni per l’ambiente. Alcuni Stati membri sono già riusciti a limitare di molto il loro uso e se altri facessero altrettanto il consumo in tutta l’Unione europea potrebbe addirittura ridursi dell’80%».
Questa volta a dare l’esempio a livello europeo è l’Italia che ha abbandonato gli shopper monuso per i sacchetti compostabili in bio-plastica e che ha innescato un nuovo boom delle tradizionali borse durevoli per la spesa. Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente giudica «Ottima l’iniziativa del commissario per l’ambiente Ue Potocnik per combattere l’inquinamento provocato dalle buste di plastica. Quello che serve per ridurre gli shopper di plastica è un cambiamento di rotta radicale e la proposta di direttiva europea, presentata oggi, va proprio in questa direzione sancendo che il principio della tutela ambientale può derogare a quello della libera circolazione delle merci. Ben venga allora l’introduzione di misure che prevedono la possibilità di tassare, introdurre target nazionali di riduzione o di vietare l’uso delle buste di plastica prendendo esempio dai Paesi virtuosi che fanno scuola su questo fronte e che hanno già adottato da diverso tempo queste misure. L’Italia è una di queste e la sua esperienza non è più considerata un’esperienza da condannare con una procedura di infrazione ma un esempio virtuoso e ripetibile in tutti gli altri stati membri. Fino al 2010 la nostra Penisola era il primo paese europeo per consumo di sacchetti di plastica usa e getta, con una percentuale di consumo pari al 25% del totale commercializzato in Europa. Grazie all’entrata in vigore del bando sugli shopper non compostabili, dal 1 gennaio 2011 questa percentuale si è ridotta e sono state tracciate le basi per una strategia integrata sulla corretta gestione dei rifiuti, sulla riduzione della plastica, sulla tutela e la salvaguardia dell’ambiente marino e della biodiversità che prende finalmente avvio con questa proposta di direttiva della Commissione Europea. Ora è dunque fondamentale procedere in fretta alla sua approvazione».
In Europa la situazione è diversa: «Si stima che nel 2010 siano stati immessi nel mercato dell’Ue 98,6 miliardi di borse di plastica – dice la Commissione – il che significa che ogni cittadino europeo ne ha usate 198 e presumibilmente ne ha riutilizzate ben poche, poiché la maggior parte di queste borse sono di materiale leggero e di fatto vengono riutilizzate meno rispetto ai sacchetti più robusti. Le cifre sul consumo di borse di plastica in materiale leggero indicano grandi differenze tra gli Stati membri: si va dai 4 sacchetti annui pro capite di Danimarca e Finlandia, ai 466 di Polonia, Portogallo e Slovacchia».
La proposta modifica la direttiva Ue sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, introducendo due elementi: «da un lato, obbligando gli Stati membri ad adottare misure che riducano il consumo di borse di plastica di spessore inferiore a 50 micron, meno riutilizzate rispetto a quelle di spessore superiore e quindi più a rischio “usa e getta” – dice la Commissione – dall’altro, lasciando agli Stati la scelta del tipo di misure, che possono consistere in strumenti economici, come imposte e prelievi, obiettivi nazionali di riduzione e restrizioni alla commercializzazione (nel rispetto però delle norme in materia di mercato interno contenute nel trattato sul funzionamento dell’Ue). Gli ottimi risultati ottenuti da alcuni Stati dell’Ue che hanno drasticamente ridotto l’uso di questo tipo di sacchetti optando per la tassazione e altre misure, indicano che questa è di fatto una via percorribile».
di Umberto Mazzantini
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