Papa Francesco ha scelto i temi delle prossime tre GMG
di Paolo Fucili
Di tutta la Bibbia, del magistero dei papi e della Chiesa e della sterminata “letteratura” cristiana prodotta in due lunghi millenni di storia bastano le beatitudini e Matteo 25, il capitolo del giudizio finale, quello che descrive il Padreterno intento a separare “pecore” e “capri”, a seconda che abbiano praticato o no su questa terra quelle divenute le sette opere di misericordia corporale, secondo il catechismo della Chiesa cattolica: dare ovvero da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e via discorrendo.
Lo diceva papa Francesco a luglio scorso in quel di Rio de Janeiro, dove era andato a celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù numero 28 della serie. Così facendo, vale a dire mettendo in pratica quelle due famose pagine evangeliche, “non avete bisogno di leggere altro. Ve lo chiedo con tutto il cuore”, era stato l’invito di Jorge Bergoglio ai giovani suoi connazionali in un festoso incontro dedicato esclusivamente a loro, accorsi in massa in Brasile a far festa al primo papa argentino della storia.
Stanti così le cose, non stupisce che sua Santità ora additi ai giovani del mondo intero tre delle otto beatitudini come tema delle GMG prossime, è stato comunicato oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede. Quelle del 2014 e 2015 saranno celebrate a livello locale, in tutti le diocesi del mondo, la domenica delle palme, ricorrenza liturgica con cui il “fondatore” Giovanni Paolo II volle che la Giornata mondiale della Gioventù coincidesse, fin dagli inizi di un’ormai lunga storia. Tema affrontato il prossimo anno (13 aprile) sarà appunto “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”. Il 2015 sarà la volta di “beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Nel 2016 infine, sarà Cracovia, in Polonia, ad ospitare a fine luglio la celebrazione internazionale della GMG, quella che già ha fatto tappa in varie città del mondo intero, con intervalli di due o tre anni tra un’edizione e l’altra. E il tema sarà la beatitudine che più si direbbe essere nelle corde di Francesco, “beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”.
Quella volta dell’incontro coi giovani argentini, la citazione traeva spunto dalla necessità, asserita dal Pontefice, di non “frullare” la fede, secondo l’efficace linguaggio figurato a cui ci ha ormai abituati. Come dire: per possedere una qualche “consistenza” o “solidità”, la vita cristiana non può esimersi dal confronto scomodo con quegli otto paradossi belli e buoni, per lo spirito del mondo. Non a caso, con un eloquente nesso “etimologico” Bergoglio non perde occasione di menzionare la “mondanità” come il male spirituale più insidioso e pervasivo per la Chiesa.
Come nel giorno della visita ad Assisi, 4 ottobre, nella sala dove il santo suo omonimo si spogliò di tutti i beni di famiglia fino a denudarsi, per rispondere alla chiamata del suo Signore. Mondanità appunto è “fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono - senza croce, senza Gesù, senza spogliazione”; ma così si diventa “cristiani di pasticceria, come belle torte… bellissimo, ma non cristiani davvero!”, ammonì bonario nella forma, inflessibile nella sostanza. La mondanità, aggiunse quindi per spiegarsi meglio ancora, è “lo spirito contrario allo spirito delle beatitudini”.
I veterani delle GMG forse ricordano quando il beato Wojtyla, parlando ai giovani del mondo a Toronto nel 2002, ebbe a definirle addirittura la “magna charta del cristianesimo”. Sintesi mirabile del devastante potenziale sovversivo del Vangelo, vien da commentare più modestamente a noi. Non c’è pagina evangelica dove risalti più chiaro l’abisso vertiginoso che separa le logiche mondane e quelle cristiane di “forza”, “successo”, “potere”. Ma anche per il successore papa Ratzinger esse rimanevano “la scuola della felicità”, addirittura.
E pure del fascino inquieto che da sempre esercitano su spiriti non credenti, atei o agnostici, ma comunque “in ricerca” ci sarebbe tanto da dire. Forse perché, come Bergoglio mostra di sapere bene, le Beatitudini sono lo spaccato più eloquente delle profondità che la spiritualità cristiana sa toccare. Non a caso “non si possono capire con l’intelligenza umana soltanto”, avvertì una volta a santa Marta con un’omelia il cui senso generale era che “non si può negoziare un po’ di qua e di là” tra “consolazione dello Spirito santo” e “consolazione dello spirito del mondo”, non si può “fare una macedonia” dei due. Se non abbiamo il cuore aperto allo Spirito santo, le beatitudini “sembreranno sciocchezze”.
Bergoglio, poi, sa pure che ai giovani le “macedonie” in genere non vanno a genio, perché preferiscono i sapori schietti, genuini e forti, senza mezze misure. Per questo, evidentemente, ha voluto che sulla strada ancora lunga verso Cracovia meditino ben bene tre, almeno, di quella serie di “beati…”, “beati”. Nel frattempo il predecessore Giovanni Paolo II, che fu eletto Papa proprio da arcivescovo e cardinale di quella città, sarà proclamato solennemente santo. E dal cielo, c’è da scommetterci, avrà un occhio più benevolo ancora per la prossima GMG.
di Paolo Fucili
Di tutta la Bibbia, del magistero dei papi e della Chiesa e della sterminata “letteratura” cristiana prodotta in due lunghi millenni di storia bastano le beatitudini e Matteo 25, il capitolo del giudizio finale, quello che descrive il Padreterno intento a separare “pecore” e “capri”, a seconda che abbiano praticato o no su questa terra quelle divenute le sette opere di misericordia corporale, secondo il catechismo della Chiesa cattolica: dare ovvero da mangiare agli affamati, da bere agli assetati e via discorrendo.
Lo diceva papa Francesco a luglio scorso in quel di Rio de Janeiro, dove era andato a celebrare la Giornata Mondiale della Gioventù numero 28 della serie. Così facendo, vale a dire mettendo in pratica quelle due famose pagine evangeliche, “non avete bisogno di leggere altro. Ve lo chiedo con tutto il cuore”, era stato l’invito di Jorge Bergoglio ai giovani suoi connazionali in un festoso incontro dedicato esclusivamente a loro, accorsi in massa in Brasile a far festa al primo papa argentino della storia.
Stanti così le cose, non stupisce che sua Santità ora additi ai giovani del mondo intero tre delle otto beatitudini come tema delle GMG prossime, è stato comunicato oggi dalla Sala Stampa della Santa Sede. Quelle del 2014 e 2015 saranno celebrate a livello locale, in tutti le diocesi del mondo, la domenica delle palme, ricorrenza liturgica con cui il “fondatore” Giovanni Paolo II volle che la Giornata mondiale della Gioventù coincidesse, fin dagli inizi di un’ormai lunga storia. Tema affrontato il prossimo anno (13 aprile) sarà appunto “Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli”. Il 2015 sarà la volta di “beati i puri di cuore perché vedranno Dio”. Nel 2016 infine, sarà Cracovia, in Polonia, ad ospitare a fine luglio la celebrazione internazionale della GMG, quella che già ha fatto tappa in varie città del mondo intero, con intervalli di due o tre anni tra un’edizione e l’altra. E il tema sarà la beatitudine che più si direbbe essere nelle corde di Francesco, “beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”.
Quella volta dell’incontro coi giovani argentini, la citazione traeva spunto dalla necessità, asserita dal Pontefice, di non “frullare” la fede, secondo l’efficace linguaggio figurato a cui ci ha ormai abituati. Come dire: per possedere una qualche “consistenza” o “solidità”, la vita cristiana non può esimersi dal confronto scomodo con quegli otto paradossi belli e buoni, per lo spirito del mondo. Non a caso, con un eloquente nesso “etimologico” Bergoglio non perde occasione di menzionare la “mondanità” come il male spirituale più insidioso e pervasivo per la Chiesa.
Come nel giorno della visita ad Assisi, 4 ottobre, nella sala dove il santo suo omonimo si spogliò di tutti i beni di famiglia fino a denudarsi, per rispondere alla chiamata del suo Signore. Mondanità appunto è “fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono - senza croce, senza Gesù, senza spogliazione”; ma così si diventa “cristiani di pasticceria, come belle torte… bellissimo, ma non cristiani davvero!”, ammonì bonario nella forma, inflessibile nella sostanza. La mondanità, aggiunse quindi per spiegarsi meglio ancora, è “lo spirito contrario allo spirito delle beatitudini”.
I veterani delle GMG forse ricordano quando il beato Wojtyla, parlando ai giovani del mondo a Toronto nel 2002, ebbe a definirle addirittura la “magna charta del cristianesimo”. Sintesi mirabile del devastante potenziale sovversivo del Vangelo, vien da commentare più modestamente a noi. Non c’è pagina evangelica dove risalti più chiaro l’abisso vertiginoso che separa le logiche mondane e quelle cristiane di “forza”, “successo”, “potere”. Ma anche per il successore papa Ratzinger esse rimanevano “la scuola della felicità”, addirittura.
E pure del fascino inquieto che da sempre esercitano su spiriti non credenti, atei o agnostici, ma comunque “in ricerca” ci sarebbe tanto da dire. Forse perché, come Bergoglio mostra di sapere bene, le Beatitudini sono lo spaccato più eloquente delle profondità che la spiritualità cristiana sa toccare. Non a caso “non si possono capire con l’intelligenza umana soltanto”, avvertì una volta a santa Marta con un’omelia il cui senso generale era che “non si può negoziare un po’ di qua e di là” tra “consolazione dello Spirito santo” e “consolazione dello spirito del mondo”, non si può “fare una macedonia” dei due. Se non abbiamo il cuore aperto allo Spirito santo, le beatitudini “sembreranno sciocchezze”.
Bergoglio, poi, sa pure che ai giovani le “macedonie” in genere non vanno a genio, perché preferiscono i sapori schietti, genuini e forti, senza mezze misure. Per questo, evidentemente, ha voluto che sulla strada ancora lunga verso Cracovia meditino ben bene tre, almeno, di quella serie di “beati…”, “beati”. Nel frattempo il predecessore Giovanni Paolo II, che fu eletto Papa proprio da arcivescovo e cardinale di quella città, sarà proclamato solennemente santo. E dal cielo, c’è da scommetterci, avrà un occhio più benevolo ancora per la prossima GMG.
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