martedì, novembre 12, 2013
È la richiesta fatta da vari rappresentanti della popolazione in vista dell’incontro dei leader del Commonwealth (Chogm), atteso a Colombo nei prossimi giorni. Tra i crimini denunciati: espropri forzati da parte dell’esercito, intolleranza religiosa verso le minoranze e mancata cittadinanza agli “indiani tamil”.

Colombo (AsiaNews) - "Lo Sri Lanka non può ospitare l'imminente Commonwealth Heads of Government Meeting (Chogm) e deve essere espulso da tale organizzazione intergovernativa per i prossimi due anni". È quanto chiedono diplomatici, collettivi democratici, leader religiosi cristiani e rappresentanti della società civile, che il 7 novembre scorso hanno organizzato l'Alternative People's Forum, evento "parallelo" al Chogm, con l'obiettivo di mettere in luce le violazioni compiute dal governo del Paese.

Al termine dell'incontro "alternativo", i partecipanti hanno steso un memorandum che sarà consegnato ai leader del Commonwealth che interverranno all'incontro. Nel documento sono indicate le violazioni compiute dall'esecutivo del presidente Mahinda Rajapaksa: discriminazione degli "indiani tamil"; espropri forzati; intolleranza religiosa; corruzione diffusa.

I cosiddetti "indiani tamil" dello Sri Lanka sono i discendenti delle popolazioni originarie del Tamil Nadu (Stato meridionale dell'India), che nel 19mo e 20mo secolo vennero mandate a lavorare nelle piantagioni da tè di Ceylon. Pur appartenendo allo stesso ceppo etnico dei "tamil dello Sri Lanka" (originari del regno di Jaffna, ndr), gli "indiani tamil" non hanno ancora la cittadinanza.

Nelle province settentrionale e orientale, l'esercito ha acquisito con la forza migliaia di acri di terreno appartenenti a privati cittadini, per lo più di etnia tamil. Inoltre, si nota ancora nel memorandum, nell'ultimo anno sono aumentati gli attacchi contro le minoranze religiose, in particolare cristiana e musulmana. Da gennaio a settembre 2013 sono stati registrate 35 aggressioni contro luoghi di culto cristiani e oltre 150 contro luoghi di culto ed esercizi commerciali islamici. Autori di questi incidenti sono stati gruppi radicali di singalesi buddisti, la comunità etnico-religiosa di maggioranza in Sri Lanka.


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