giovedì, dicembre 05, 2013
A un giorno dalla bocciatura da parte della Corte Costituzionale della legge elettorale, dichiarata illegittima sia per quanto riguarda il premio di maggioranza che per le liste bloccate, ora la parola passa al parlamento.

Radio Vaticana - Pd e Nuovo Centrodestra auspicano subito una riforma, mentre Berlusconi definisce la Consulta un organismo politico della sinistra e auspica una riforma della giustizia. Critiche dalla Lega, secondo la quale “la toppa è peggio del buco”, mentre il Movimento 5 Stelle chiede lo scioglimento della Camere e il ritorno al voto con il "Mattarellum”. Immediata la risposta del presidente della Camera, Laura Boldrini: “Il parlamento è legittimato ad operare”. Per una valutazione politica, Paolo Ondarza ha intervistato Paolo Savarese, docente di Etica Sociale alla Pontificia Università Gregoriana.

R. – I partiti hanno preso questa pronuncia con la solita mentalità del conflitto e del tentativo di tirare ciascuno acqua al proprio mulino. Io penso che al di là degli aspetti giuridici, che sono complessissimi e anche molto preoccupanti, questo è un grande campanello d’allarme per la politica: è quasi un’ultima chiamata. Io ritengo che si debba affrontare seriamente il disagio degli italiani di fronte al loro sistema rappresentativo.

D. – Dal punto di vista puramente politico, questo pronunciamento cosa comporterà?

R. – E’ possibile che ci sia un congelamento degli equilibri politici attuali, ma per quanto tempo possa reggere è il punto interrogativo. E la situazione economica e il disagio profondo degli italiani, premono. Ma la classe politica deve capire che non può continuare con i riflessi condizionati che la stanno dominando.

D. – Può questo pronunciamento velocizzare il cammino verso la riforma della legge elettorale?

R. – Questo penso di sì. Lo penso e me lo auguro profondamente. Spero anche che le varie forze in campo la smettano di pensare a riforme elettorali favorevoli al loro bacino elettorale, e pensino all’Italia.

D. – Ci voleva un ricorso dei cittadini e un pronunciamento della Consulta per stringere sui tempi?

R. – E’ triste, eh? Ma è così…

D. – Ma questo pronunciamento potrebbe avere anche un effetto destabilizzante, per quanto riguarda l’attuale quadro politico? Grillo, ad esempio, ha detto: “Si sciolgano le camere e si vada subito al voto con il "Mattarellum"?

R. – Sarebbe una follia, secondo me. Vede, il problema non è solo la legge elettorale, ma è anche l’architettura delle istituzioni, per cui una nuova legge elettorale che tenga conto dei due punti della Consulta ma non metta mano al quadro istituzionale, rischia di essere l’aspirina per un malato grave… Quale invece il valore giuridico del pronunciamento della Consulta? Paolo Ondarza lo ha chiesto a Gianfranco Garancini, vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani:

R. – Questa nota della presidenza della Corte costituzionale non ha il valore di sentenza: bisognerà aspettare che la sentenza venga pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, quindi non c’è nessun pericolo per una decadenza di massa del parlamento.

D. – Il parlamento è chiamato, adesso, a stringere i tempi, a legiferare sulla legge elettorale. Qualora, però, il parlamento non riuscisse ad arrivare a una soluzione, si dovrebbe ritornare al precedente sistema elettorale?

R. – Proprio su questo c’è stato il contrasto, la discussione all’interno della Corte, cioè se dichiarare incostituzionale la legge nel suo complesso o soltanto dichiarare costituzionali alcune parti della legge, il che è successo. Vuole dire che in realtà resta vigente quella legge lì, alla quale sono state più o meno chirurgicamente tolte alcune parti: la parte relativa al premio di maggioranza e la parte relativa all’espressione della preferenza. Conseguenza pratica è che, se si dovesse votare domani, non succederebbe niente: si applicherebbe il “Porcellum”. Se si dovesse votare dopo la pubblicazione della sentenza, si voterebbe con una legge elettorale tranne le cose che sono state dichiarate incostituzionali. E praticamente si arriverebbe a un proporzionale puro, con le preferenze. La Corte, secondo me, con attenzione e con senso dello Stato, ha dato un po’ di tempo al parlamento perché legiferi, perché faccia una legge elettorale nuova. Non ci sarà mai un vuoto di legislazione: se il parlamento non legifererà, quando sarà pubblicata la sentenza della Corte, si andrà a votare con questo “Porcellum dimagrito"…

D. – Il valore giuridico di questa sentenza: è corretto definirla "storica"?

R. – Secondo me, è corretto definirla storica non per ragioni giuridiche, ma per ragioni politiche, perché in realtà con questa sentenza si sono viste due cose. Primo, che il parlamento non è stato in grado di fare una legge nuova e c’è voluto – provvidenziale garanzia costituzionale dell’ordinamento, come si diceva ai tempi della Costituente – questo intervento per dare comunque un’accelerazione, dando anche delle indicazioni precise. Il parlamento potrà votare, potrà fare la legge che vuole, però non potrà più farla con un premio di maggioranza così indifferenziato e non potrà più farla facendo nominare i deputati e i senatori in realtà dalla segreteria dei partiti e non dagli elettori.

D. – E questo intervento non enfatizza una conflittualità già esistente tra poteri?

R. – Assolutamente no, perlomeno secondo me. Intanto, perché i giudici della Corte costituzionale non sono poteri a livello conflittuale sul piano orizzontale: la Corte costituzionale nasce come garanzia di rispetto dei principi generali. Quindi, non c’è un conflitto. Anche il potere legislativo ha costituzionalmente un limite. E il guardiano di questo limite è la Corte costituzionale. Meno male che c’è.


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