Nella riflessione sulla donna proponiamo l’intervista ad Ana Cristina Villa Betancourt, responsabile della Sezione Donna del Pontificio Consiglio per i Laici
di Monica Cardarelli
D. Il Pontificio Consiglio per i Laici dedica una sezione alla donna. Quali sono le attività e le proposte per questo ambito così delicato e importante nella chiesa e nella comunità civile?
R. Questa sezione esiste nel Pontificio Consiglio per i Laici sin dagli anni ‘70, più o meno in parallelo con l’inizio delle Conferenze Mondiali sulla Donna organizzate dalle Nazioni Unite. Si è vista allora la necessità e l’opportunità di avere presso la Santa Sede un ufficio dedicato a seguire le questioni dei molti cambiamenti nella vita delle donne nella società e anche della vocazione e missione della donna nella Chiesa. Quindi da allora si è iniziato un lavoro di contatti, di studio e riflessione, che serve e accompagna la Santa Sede riguardo a tutte queste tematiche.
D. Recentemente, ad ottobre, è stato organizzato un interessante convengo dal titolo “Dio affida l’essere umano alla donna”, che prendeva spunto dal punto 30 della Lettera apostolica Mulieris dignitatem del beato Giovanni Paolo II di cui quest’anno ricorrono i 25 anni. Quale bilancio potete fare oggi, a distanza di alcuni mesi, quali frutti ha portato?
R. Tra le attività della Sezione si organizzano con una certa frequenza congressi e seminari di studio per cercare di approfondire le questioni più rilevanti ma anche per aiutare a creare una rete sempre più connessa di persone che lavorano nei temi della donna tanto dal punto di vista accademico o culturale quanto portando avanti diversi progetti pastorali. Questo si è verificato in modo straordinario nell’ultimo Seminario di studio; abbiamo avuto un’interessante scambio ma anche un’arricchente esperienza di comunione tra le partecipanti. Io rileverei come frutto principale l’aver creato e fortificato una rete di donne di Chiesa che lavorano e vogliono lavorare sempre di più per custodire l’essere umano nei diversi ambiti a loro affidati. Donne che poi non cercano rivendicazioni o riconoscenze, ma sono contente di esserci e di dare il loro contributo e di lavorare in complementarità di doni con gli uomini. L’ambiente era costruttivo e positivo e i legami creati sono sicura porteranno molti frutti ancora.
D. La sezione donna del Pontificio Consiglio per i Laici è un osservatorio privilegiato della condizione femminile nel mondo e nella comunità ecclesiale internazionale. A vostro avviso, anche alla luce del Seminario appena organizzato, quali sono le priorità su cui porre attenzione?
R. Abbiamo voluto dedicare il Seminario che commemorava 25 anni della pubblicazione della Mulieris dignitatem e studiare una frase che ci è sembrata poco conosciuta ma particolarmente ricca. Verso la fine del documento, Giovanni Paolo II propone questa importante conclusione: «La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in un modo speciale l'uomo, l'essere umano. Naturalmente, Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno. Tuttavia, questo affidamento riguarda in modo speciale la donna – proprio a motivo della sua femminilità – ed esso decide in particolare della sua vocazione» (MD, 30). Noi abbiamo voluto prendere quella frase come punto di partenza per il Seminario proprio perché vediamo che, a venticinque anni dalla pubblicazione della lettera apostolica la presenza e la partecipazione della donna nella vita sociale, economica, culturale e politica è aumentata in tutto il mondo. Allo stesso tempo si vede crescere una grave crisi antropologica mondiale che già il papa prevedeva nel 1988 e che oggi trova molteplici espressioni di malessere che vanno, per citarne solo alcune, dalla crisi d’identità maschile e femminile, al crescente influsso della teoria del gender, la diffusa cultura della morte (aborto, eutanasia, mentalità anticoncettiva) il deterioramento delle relazioni umane prodotto dalla ‘rivoluzione sessuale’, l’emergenza educativa, la legge che si converte in alleata del soggettivismo etico.
Noi abbiamo voluto domandare e chiederci, anche in modo un po’ provocatorio: che vuol dire che la crisi antropologica si fa sempre più grave proprio quando più donne sono presenti nel mondo e nella società, nel lavoro di tutti i giorni e non soltanto “dentro casa”? Che vuol dire questo soprattutto se consideriamo questo affidamento speciale dell’essere umano alla donna di cui parlava Giovanni Paolo II? Forse che noi donne abbiamo rinunciato al nostro ruolo o almeno ad alcune dimensioni di esso?
Ana Cristina Villa Betancourt |
D. Il Pontificio Consiglio per i Laici dedica una sezione alla donna. Quali sono le attività e le proposte per questo ambito così delicato e importante nella chiesa e nella comunità civile?
R. Questa sezione esiste nel Pontificio Consiglio per i Laici sin dagli anni ‘70, più o meno in parallelo con l’inizio delle Conferenze Mondiali sulla Donna organizzate dalle Nazioni Unite. Si è vista allora la necessità e l’opportunità di avere presso la Santa Sede un ufficio dedicato a seguire le questioni dei molti cambiamenti nella vita delle donne nella società e anche della vocazione e missione della donna nella Chiesa. Quindi da allora si è iniziato un lavoro di contatti, di studio e riflessione, che serve e accompagna la Santa Sede riguardo a tutte queste tematiche.
D. Recentemente, ad ottobre, è stato organizzato un interessante convengo dal titolo “Dio affida l’essere umano alla donna”, che prendeva spunto dal punto 30 della Lettera apostolica Mulieris dignitatem del beato Giovanni Paolo II di cui quest’anno ricorrono i 25 anni. Quale bilancio potete fare oggi, a distanza di alcuni mesi, quali frutti ha portato?
R. Tra le attività della Sezione si organizzano con una certa frequenza congressi e seminari di studio per cercare di approfondire le questioni più rilevanti ma anche per aiutare a creare una rete sempre più connessa di persone che lavorano nei temi della donna tanto dal punto di vista accademico o culturale quanto portando avanti diversi progetti pastorali. Questo si è verificato in modo straordinario nell’ultimo Seminario di studio; abbiamo avuto un’interessante scambio ma anche un’arricchente esperienza di comunione tra le partecipanti. Io rileverei come frutto principale l’aver creato e fortificato una rete di donne di Chiesa che lavorano e vogliono lavorare sempre di più per custodire l’essere umano nei diversi ambiti a loro affidati. Donne che poi non cercano rivendicazioni o riconoscenze, ma sono contente di esserci e di dare il loro contributo e di lavorare in complementarità di doni con gli uomini. L’ambiente era costruttivo e positivo e i legami creati sono sicura porteranno molti frutti ancora.
D. La sezione donna del Pontificio Consiglio per i Laici è un osservatorio privilegiato della condizione femminile nel mondo e nella comunità ecclesiale internazionale. A vostro avviso, anche alla luce del Seminario appena organizzato, quali sono le priorità su cui porre attenzione?
R. Abbiamo voluto dedicare il Seminario che commemorava 25 anni della pubblicazione della Mulieris dignitatem e studiare una frase che ci è sembrata poco conosciuta ma particolarmente ricca. Verso la fine del documento, Giovanni Paolo II propone questa importante conclusione: «La forza morale della donna, la sua forza spirituale si unisce con la consapevolezza che Dio le affida in un modo speciale l'uomo, l'essere umano. Naturalmente, Dio affida ogni uomo a tutti e a ciascuno. Tuttavia, questo affidamento riguarda in modo speciale la donna – proprio a motivo della sua femminilità – ed esso decide in particolare della sua vocazione» (MD, 30). Noi abbiamo voluto prendere quella frase come punto di partenza per il Seminario proprio perché vediamo che, a venticinque anni dalla pubblicazione della lettera apostolica la presenza e la partecipazione della donna nella vita sociale, economica, culturale e politica è aumentata in tutto il mondo. Allo stesso tempo si vede crescere una grave crisi antropologica mondiale che già il papa prevedeva nel 1988 e che oggi trova molteplici espressioni di malessere che vanno, per citarne solo alcune, dalla crisi d’identità maschile e femminile, al crescente influsso della teoria del gender, la diffusa cultura della morte (aborto, eutanasia, mentalità anticoncettiva) il deterioramento delle relazioni umane prodotto dalla ‘rivoluzione sessuale’, l’emergenza educativa, la legge che si converte in alleata del soggettivismo etico.
Noi abbiamo voluto domandare e chiederci, anche in modo un po’ provocatorio: che vuol dire che la crisi antropologica si fa sempre più grave proprio quando più donne sono presenti nel mondo e nella società, nel lavoro di tutti i giorni e non soltanto “dentro casa”? Che vuol dire questo soprattutto se consideriamo questo affidamento speciale dell’essere umano alla donna di cui parlava Giovanni Paolo II? Forse che noi donne abbiamo rinunciato al nostro ruolo o almeno ad alcune dimensioni di esso?
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