"Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all'oppressione è un diritto e un dovere del cittadino" (Giuseppe Dossetti)
di Simona Santullo
Finalmente in Italia è partita la protesta contro lo Stato e contro l’attuale situazione politica, sociale ed economica. La protesta è partita dal basso, ma rappresenta sicuramente il malcontento di una società privata di tutto, anche del diritto di vivere dignitosamente. La sommossa popolare prende il via il 9 dicembre, l’obiettivo è di creare disagi nell’intero Paese: da nord a sud le strade e le autostrade principali sono state bloccate. Sono manifestazioni, nella maggior parte dei casi, non violente, dal Veneto alla Campania nelle principali città italiane, dove a sventolare non sono più le bandiere di partito ma il tricolore italiano.
La protesta è stata organizzata dal Movimento dei Forconi, già protagonisti delle manifestazioni in Sicilia dello scorso anno. Ad agricoltori e pastori ora si sono unite altre categorie lavorative: camionisti, artigiani, liberi professionisti, piccoli imprenditori, operai, disoccupati e semplici cittadini, che uniti, e a gran voce, chiedono le dimissioni dell’intero esecutivo e un referendum per l’abolizione dell’euro. Gli italiani quindi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sentenziato l’incostituzionalità della legge elettorale del 21 dicembre 2005 n. 270 e che di conseguenza conferma l’illegittimità del governo Letta, del Parlamento italiano e la stessa delegittimazione del Presidente Giorgio Napolitano, scende in strada e si ribella alla casta politica per dire basta.
Uno dei coordinatori del movimento è Danilo Calvani, il quale ha dichiarato che se sarà votata la fiducia al governo Letta ci saranno azioni clamorose non violente a Roma e in altre città italiane. Il nervosismo è alto su più fronti, e c’è chi ne approfitta subito per fomentare ancora di più la gente ormai stanca ed esasperata, come Beppe Grillo, leader del M5S, che elogia il gesto degli agenti che lunedì scorso si sono tolti il casco antisommossa in rispetto dei manifestanti, o Berlusconi, che fa sapere di voler aprire il dialogo e di voler incontrare una delegazione di manifestanti e contemporaneamente chiede al governo di convocare le associazioni di categoria. La protesta del popolo che si ribella al padrone per ora è fondamentalmente e strutturalmente pacifica e continuerà in tutta Italia almeno fino a venerdì 13 dicembre. Scopo ultimo è quello di arrivare a Roma.
La ribellione spesso è iniziativa di una minoranza di persone che sono riuscite a trovare la forza e il coraggio di rispondere a una domanda di rinnovamento maggioritaria. La storia ci insegna che quando a ribellarsi è il popolo stanco e affamato, lo stesso popolo può diventare molto pericoloso. Forse l’Italia s’è desta e il popolo bue rivuole la sua dignità, e per riaverla potrebbe trasformarsi presto in un “branco” di leoni pronti a fare piazza pulita di tutto il marciume che c’è in giro. Il governo farebbe bene a prendere atto del fatto che questa volta la protesta non è orchestrata e organizzata a tavolino, ma è frutto della disperazione del popolo italiano: ignorarla o sottovalutarla potrebbe essere un enorme sbaglio. La protesta non è giusta o sbagliata, è un diritto del cittadino previsto dalla Costituzione ed è un modo per dire che si vuole essere ascoltati. E ascoltati ora, perché dopo potrebbe essere troppo tardi…
di Simona Santullo
Finalmente in Italia è partita la protesta contro lo Stato e contro l’attuale situazione politica, sociale ed economica. La protesta è partita dal basso, ma rappresenta sicuramente il malcontento di una società privata di tutto, anche del diritto di vivere dignitosamente. La sommossa popolare prende il via il 9 dicembre, l’obiettivo è di creare disagi nell’intero Paese: da nord a sud le strade e le autostrade principali sono state bloccate. Sono manifestazioni, nella maggior parte dei casi, non violente, dal Veneto alla Campania nelle principali città italiane, dove a sventolare non sono più le bandiere di partito ma il tricolore italiano.
La protesta è stata organizzata dal Movimento dei Forconi, già protagonisti delle manifestazioni in Sicilia dello scorso anno. Ad agricoltori e pastori ora si sono unite altre categorie lavorative: camionisti, artigiani, liberi professionisti, piccoli imprenditori, operai, disoccupati e semplici cittadini, che uniti, e a gran voce, chiedono le dimissioni dell’intero esecutivo e un referendum per l’abolizione dell’euro. Gli italiani quindi, dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sentenziato l’incostituzionalità della legge elettorale del 21 dicembre 2005 n. 270 e che di conseguenza conferma l’illegittimità del governo Letta, del Parlamento italiano e la stessa delegittimazione del Presidente Giorgio Napolitano, scende in strada e si ribella alla casta politica per dire basta.
Uno dei coordinatori del movimento è Danilo Calvani, il quale ha dichiarato che se sarà votata la fiducia al governo Letta ci saranno azioni clamorose non violente a Roma e in altre città italiane. Il nervosismo è alto su più fronti, e c’è chi ne approfitta subito per fomentare ancora di più la gente ormai stanca ed esasperata, come Beppe Grillo, leader del M5S, che elogia il gesto degli agenti che lunedì scorso si sono tolti il casco antisommossa in rispetto dei manifestanti, o Berlusconi, che fa sapere di voler aprire il dialogo e di voler incontrare una delegazione di manifestanti e contemporaneamente chiede al governo di convocare le associazioni di categoria. La protesta del popolo che si ribella al padrone per ora è fondamentalmente e strutturalmente pacifica e continuerà in tutta Italia almeno fino a venerdì 13 dicembre. Scopo ultimo è quello di arrivare a Roma.
La ribellione spesso è iniziativa di una minoranza di persone che sono riuscite a trovare la forza e il coraggio di rispondere a una domanda di rinnovamento maggioritaria. La storia ci insegna che quando a ribellarsi è il popolo stanco e affamato, lo stesso popolo può diventare molto pericoloso. Forse l’Italia s’è desta e il popolo bue rivuole la sua dignità, e per riaverla potrebbe trasformarsi presto in un “branco” di leoni pronti a fare piazza pulita di tutto il marciume che c’è in giro. Il governo farebbe bene a prendere atto del fatto che questa volta la protesta non è orchestrata e organizzata a tavolino, ma è frutto della disperazione del popolo italiano: ignorarla o sottovalutarla potrebbe essere un enorme sbaglio. La protesta non è giusta o sbagliata, è un diritto del cittadino previsto dalla Costituzione ed è un modo per dire che si vuole essere ascoltati. E ascoltati ora, perché dopo potrebbe essere troppo tardi…
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