Secondo la famiglia, Anmol è stato assassinato per mandare un messaggio alla comunità cristiana
Aleteia - In non pochi Paesi essere cristiani è un crimine da punire anche con la morte, e uno degli ultimi martiri a causa della sua fede è un bambino di appena sette anni, Anugrag Gemethi, chiamato anche Anmol, torturato e ucciso il mese scorso a Gamidi, un villaggio del Rajasthan, nel nord-ovest dell'India. Secondo i suoi familiari, il piccolo sarebbe stato torturato e ucciso da estremisti indù per mandare un messaggio trasversale alla sua famiglia e alla comunità cristiana. Ora una vasta campagna di mobilitazione lanciata da diverse organizzazioni cristiane di varie confessioni in India chiede di assicurare alla giustizia i suoi aguzzini.
La campagna, intitolata “Giustizia per il martire Anmol”, intende sensibilizzare i leader della Chiesa e le istituzioni politiche e giudiziarie e chiede una punizione severa per gli assassini, la fine della “persecuzione dei cristiani indiani” e un risarcimento per la famiglia del bambino (Fides, 4 dicembre).
Il corpo del bimbo è stato trovato il 18 novembre scorso in un laghetto dopo una giornata di intense ricerche. Il volto era mutilato, privo di occhi, naso e orecchie e irriconoscibile. C'erano poi segni di bruciature sull’addome, le dita dei piedi erano mozzate e aveva tagli profondi su una mano su un braccio. Secondo il rapporto dell'autopsia, la causa della morte è l’annegamento e altre ferite sono imputabili a “morsi di animali”, ma cinque testimoni hanno invece detto in ospedale che sul cadavere c'erano evidenti segni di tortura, ignorati dal medico.
L'uccisione di Anmol è solo l’ultimo di una lunghissima lista di attacchi alle minoranze in India. Secondo dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (GCIC), solo nel 2011 la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù più o meno gravi, perpetrati da gruppi appartenenti al movimento nazionalista del Sangh Parivar. Ancora nessuna giustizia, poi, per le vittime dei massacri del 2008, al punto che c'è una sola condanna per omicidio ogni 20 casi registrati. Nel settembre 2011, inoltre, il Parlamento ha bloccato per l’ennesima volta l’approvazione del Communal Violence Bill, la legge sulla violenza interreligiosa (Vatican Insider, 4 dicembre).
“Da anni alcuni estremisti indù locali minacciano di uccidermi e hanno danneggiato la mia famiglia innumerevoli volte”, ha detto il padre del piccolo alla polizia, facendo i nomi degli aggressori e chiedendo agli investigatori di indagare, anche se finora i suoi suggerimenti sono stati fatti cadere nel vuoto.
La famiglia di Anmol è infatti bersaglio di persecuzioni dal 2003, quando il padre del bambino, Harish, è diventato cristiano dopo essere stato testimone della guarigione miracolosa di suo fratello (Christian Today, 28 novembre).
K.P. Yohannan, fondatore e direttore internazionale di “Gospel for Asia” (GFA), ha ricordato che la persecuzione contro i cristiani “è aumentata del 400% negli ultimi anni, ma l'uccisione di un bambino non si era mai sentita. In questa tragedia orribile, troviamo forza e speranza in Gesù”.
La campagna, intitolata “Giustizia per il martire Anmol”, intende sensibilizzare i leader della Chiesa e le istituzioni politiche e giudiziarie e chiede una punizione severa per gli assassini, la fine della “persecuzione dei cristiani indiani” e un risarcimento per la famiglia del bambino (Fides, 4 dicembre).
Il corpo del bimbo è stato trovato il 18 novembre scorso in un laghetto dopo una giornata di intense ricerche. Il volto era mutilato, privo di occhi, naso e orecchie e irriconoscibile. C'erano poi segni di bruciature sull’addome, le dita dei piedi erano mozzate e aveva tagli profondi su una mano su un braccio. Secondo il rapporto dell'autopsia, la causa della morte è l’annegamento e altre ferite sono imputabili a “morsi di animali”, ma cinque testimoni hanno invece detto in ospedale che sul cadavere c'erano evidenti segni di tortura, ignorati dal medico.
L'uccisione di Anmol è solo l’ultimo di una lunghissima lista di attacchi alle minoranze in India. Secondo dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (GCIC), solo nel 2011 la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù più o meno gravi, perpetrati da gruppi appartenenti al movimento nazionalista del Sangh Parivar. Ancora nessuna giustizia, poi, per le vittime dei massacri del 2008, al punto che c'è una sola condanna per omicidio ogni 20 casi registrati. Nel settembre 2011, inoltre, il Parlamento ha bloccato per l’ennesima volta l’approvazione del Communal Violence Bill, la legge sulla violenza interreligiosa (Vatican Insider, 4 dicembre).
“Da anni alcuni estremisti indù locali minacciano di uccidermi e hanno danneggiato la mia famiglia innumerevoli volte”, ha detto il padre del piccolo alla polizia, facendo i nomi degli aggressori e chiedendo agli investigatori di indagare, anche se finora i suoi suggerimenti sono stati fatti cadere nel vuoto.
La famiglia di Anmol è infatti bersaglio di persecuzioni dal 2003, quando il padre del bambino, Harish, è diventato cristiano dopo essere stato testimone della guarigione miracolosa di suo fratello (Christian Today, 28 novembre).
K.P. Yohannan, fondatore e direttore internazionale di “Gospel for Asia” (GFA), ha ricordato che la persecuzione contro i cristiani “è aumentata del 400% negli ultimi anni, ma l'uccisione di un bambino non si era mai sentita. In questa tragedia orribile, troviamo forza e speranza in Gesù”.
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