Nella sua raccolta di informazioni e testimonianze sulla repressione in Corea del Nord, Amnesty International ha ottenuto prove sostanziali su due campi per prigionieri politici di cui chiede apertamente la chiusura. Realtà drammatiche dove la tortura è abituale e dove esecuzioni sommarie sonno utilizzate per eliminare le vittime e i testimoni degli abusi.
Misna - Sarebbero centinaia di migliaia coloro che si trovano in campi di detenzione o di lavoro nel paese. Nel rapporto annuale appena diffuso e corredato di immagini satellitari dei campi, il ricercatore dell’organizzazione specializzato sulla situazione nordcoreana, Rajiv Narayan, fa sapere che “sotto la nuova leadership di Kim Jong-un, la Corea del Nord sta violando ogni diritto umano concepibile”. Una situazione le cui prove Amnesty International ha trasmesso alla Commissione d’inchiesta Onu che sta indagando sugli abusi compiuti dal regime di Pyongyang.
Nei campi – in particolare quelli conosciuti come Kwanliso 15 e 16, al centro del rapporto – coloro che vi arrivano “non hanno accuse formali, ancora meno hanno avuto un processo. Molti (sono lì) soltanto perché conoscono qualcuno che è caduto in disgrazia”.
Una situazione basata su testimonianze dirette, che spinge Amnesty, come fa sapere ancora Narayan, “a chiedere alle autorità nordcoreane di riconoscere l’esistenza dei campi, di chiuderli e di garantire libero accesso a osservatori indipendenti dei diritti umani”.
Misna - Sarebbero centinaia di migliaia coloro che si trovano in campi di detenzione o di lavoro nel paese. Nel rapporto annuale appena diffuso e corredato di immagini satellitari dei campi, il ricercatore dell’organizzazione specializzato sulla situazione nordcoreana, Rajiv Narayan, fa sapere che “sotto la nuova leadership di Kim Jong-un, la Corea del Nord sta violando ogni diritto umano concepibile”. Una situazione le cui prove Amnesty International ha trasmesso alla Commissione d’inchiesta Onu che sta indagando sugli abusi compiuti dal regime di Pyongyang.
Nei campi – in particolare quelli conosciuti come Kwanliso 15 e 16, al centro del rapporto – coloro che vi arrivano “non hanno accuse formali, ancora meno hanno avuto un processo. Molti (sono lì) soltanto perché conoscono qualcuno che è caduto in disgrazia”.
Una situazione basata su testimonianze dirette, che spinge Amnesty, come fa sapere ancora Narayan, “a chiedere alle autorità nordcoreane di riconoscere l’esistenza dei campi, di chiuderli e di garantire libero accesso a osservatori indipendenti dei diritti umani”.
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