Olivier De Schutter, inviato speciale dell’Onu per il diritto all’alimentazione, al termine di una visita ufficiale di 10 giorni in Malaysia ha sottolineato che dopo i passi avanti significativi fatti da questo Paese del sud-est asiatico l nella riduzione della povertà, ma ha aggiunto che «La Malaysia deve assicurare che tali progressi non avvengano a scapito dell’ambiente e dei diritti dei gruppi vulnerabili della società, come le comunità indigene ed i lavoratori migranti».
GreenReport - De Schutter ha riconosciuto che «La Malaysia ha compiuto impressionanti progressi verso la riduzione della povertà ed ha migliorato tutti gli indicatori socio-economici. Mente sta incamminando a diventare un Paese ad alto reddito, si deve affrontare quel che può essere chiamata una tematica “di seconda generazione” dello sviluppo». L’area è in pieno sviluppo e interessa molto anche l’Italia: tra il 9 e il 12 dicembre, in occasione della visita istituzionale in Asia del Vice Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda c’è stata una missione imprenditoriale in Malaysia e Singapore,
organizzata da Confindustria, Agenzia Ice e Unioncamere, alla quale hanno partecipato circa 65 tra Associazioni e Imprese e 5 gruppi bancari, per un totale di oltre 100 partecipanti in rappresentanza soprattutto di infrastrutture/costruzioni, energie alternative e rinnovabili, petrolio e gas ed automotive.
come spiega Confinduistria, «La missione ha avuto inizio a Kuala Lumpur il 9 dicembre con l’organizzazione di un Forum Economico sulle opportunità di collaborazione tra Italia e Malesia e sulle opportunità commerciali e industriali offerte dall’Area Asean».
La Malaysia, con il suo misto di liberalismo, autoritarismo e tradizionalismo islamico, attira capitali ed ha realizzato successi significativi verso la piena realizzazione del diritto al cibo, compresa l’adozione quest’anno della legislazione sul salario minimo, che secondo De Schutter «Farà fare grandi passi avanti nel garantire che l’accesso al cibo sia una realtà per i poveri che lavorano nel Paese. Ma nonostante questi progressi, le sfide rimangono. Porre fine alla povertà significa una tutela efficace contro lo sfruttamento», mentre in Malaysia lavorano in condizioni precarie, fino alla semi-schiavitù, soprattutto nelle piantagioni s di palma da olio, 4 milioni di lavoratori migranti.
L’olio di palma, che domina l’industria agricola malese, occupa 5 milioni di ettari, oltre il 70% cento delle superfici coltivabili, si tratta di ben il 39% della produzione globale e del 44% delle esportazioni mondiali di olio di palma, una monocultura che sta suscitando sempre più forti preoccupazione ambientale a causa della deforestazione, della perdita di biodiversità e dell’impoverimento dei nutrienti del suolo.
De Schutter, che riferisce direttamente al Consiglio dei diritti umani dell’Onu di Ginevra, ha avvertito che concentrare l’economia malese sulla produzione di merci da esportazione «Rende la Malaysia molto vulnerabile agli shock dei prezzi sui mercati internazionali, dal momento che dipende dalle importazioni di prodotti alimentari di base, tra e quali il 30 % del riso, alimento principe della Malesia, il 66% della frutta e il 41% delle verdure».
Le piantagioni di olio di palma rappresentano anche una sfide per i diritti umani per quanto riguarda le comunità indigene, sia nella Malesia peninsulare che nel Sabah e Sarawak, i due Stati malesi del Borneo, e De Schutter ha richiamato il governo di Kuala Lumpur al pieno rispetto dei loro diritti, riconosciuti nella Dichiarazione dell’Onu sui diritti dei popoli Indigeni: «Quando i progetti di sviluppo riguardano il territorio a cui si affidano per il loro cibo e sostentamento, devono essere data loro reale voce in capitolo. Devono dare un consenso libero, preventivo e informato, sulla base dei principi dei diritti umani ben collaudati, ed essere in grado di partecipare per plasmare lo sviluppo delle loro comunità».
Cosa che, come denunciano diverse Ong che si occupano di ambiente e diritti umani, spesso non succede, soprattutto nel Borneo malese, dove vivono popoli tribali non islamizzati. Per questo De Schutter ha accolto con favore l’indagine nazionale nei diritti alla terra dei popoli indigeni condotta Malaysian Human Rights Commission: «Confido che sue raccomandazioni porteranno ad un ri-orientamento delle politiche per proteggere meglio i diritti delle comunità indigene», ma ha concluso chiedendo l’istituzione di una commissione nazionale per le popolazioni indigene.
GreenReport - De Schutter ha riconosciuto che «La Malaysia ha compiuto impressionanti progressi verso la riduzione della povertà ed ha migliorato tutti gli indicatori socio-economici. Mente sta incamminando a diventare un Paese ad alto reddito, si deve affrontare quel che può essere chiamata una tematica “di seconda generazione” dello sviluppo». L’area è in pieno sviluppo e interessa molto anche l’Italia: tra il 9 e il 12 dicembre, in occasione della visita istituzionale in Asia del Vice Ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda c’è stata una missione imprenditoriale in Malaysia e Singapore,
organizzata da Confindustria, Agenzia Ice e Unioncamere, alla quale hanno partecipato circa 65 tra Associazioni e Imprese e 5 gruppi bancari, per un totale di oltre 100 partecipanti in rappresentanza soprattutto di infrastrutture/costruzioni, energie alternative e rinnovabili, petrolio e gas ed automotive.
come spiega Confinduistria, «La missione ha avuto inizio a Kuala Lumpur il 9 dicembre con l’organizzazione di un Forum Economico sulle opportunità di collaborazione tra Italia e Malesia e sulle opportunità commerciali e industriali offerte dall’Area Asean».
La Malaysia, con il suo misto di liberalismo, autoritarismo e tradizionalismo islamico, attira capitali ed ha realizzato successi significativi verso la piena realizzazione del diritto al cibo, compresa l’adozione quest’anno della legislazione sul salario minimo, che secondo De Schutter «Farà fare grandi passi avanti nel garantire che l’accesso al cibo sia una realtà per i poveri che lavorano nel Paese. Ma nonostante questi progressi, le sfide rimangono. Porre fine alla povertà significa una tutela efficace contro lo sfruttamento», mentre in Malaysia lavorano in condizioni precarie, fino alla semi-schiavitù, soprattutto nelle piantagioni s di palma da olio, 4 milioni di lavoratori migranti.
L’olio di palma, che domina l’industria agricola malese, occupa 5 milioni di ettari, oltre il 70% cento delle superfici coltivabili, si tratta di ben il 39% della produzione globale e del 44% delle esportazioni mondiali di olio di palma, una monocultura che sta suscitando sempre più forti preoccupazione ambientale a causa della deforestazione, della perdita di biodiversità e dell’impoverimento dei nutrienti del suolo.
De Schutter, che riferisce direttamente al Consiglio dei diritti umani dell’Onu di Ginevra, ha avvertito che concentrare l’economia malese sulla produzione di merci da esportazione «Rende la Malaysia molto vulnerabile agli shock dei prezzi sui mercati internazionali, dal momento che dipende dalle importazioni di prodotti alimentari di base, tra e quali il 30 % del riso, alimento principe della Malesia, il 66% della frutta e il 41% delle verdure».
Le piantagioni di olio di palma rappresentano anche una sfide per i diritti umani per quanto riguarda le comunità indigene, sia nella Malesia peninsulare che nel Sabah e Sarawak, i due Stati malesi del Borneo, e De Schutter ha richiamato il governo di Kuala Lumpur al pieno rispetto dei loro diritti, riconosciuti nella Dichiarazione dell’Onu sui diritti dei popoli Indigeni: «Quando i progetti di sviluppo riguardano il territorio a cui si affidano per il loro cibo e sostentamento, devono essere data loro reale voce in capitolo. Devono dare un consenso libero, preventivo e informato, sulla base dei principi dei diritti umani ben collaudati, ed essere in grado di partecipare per plasmare lo sviluppo delle loro comunità».
Cosa che, come denunciano diverse Ong che si occupano di ambiente e diritti umani, spesso non succede, soprattutto nel Borneo malese, dove vivono popoli tribali non islamizzati. Per questo De Schutter ha accolto con favore l’indagine nazionale nei diritti alla terra dei popoli indigeni condotta Malaysian Human Rights Commission: «Confido che sue raccomandazioni porteranno ad un ri-orientamento delle politiche per proteggere meglio i diritti delle comunità indigene», ma ha concluso chiedendo l’istituzione di una commissione nazionale per le popolazioni indigene.
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