venerdì, dicembre 06, 2013
Papa Francesco e la nuova task force anti-preti pedofili 

di Paolo Fucili

“La Chiesa non crolla”, assicurava Francesco durante il primo incontro a porte chiuse, in san Giovanni in Laterano, tra il neoeletto vescovo di Roma e il clero della città, a settembre scorso. E il riferimento, raccontò l’Osservatore romano, era proprio a scandali gravissimi come la pedofilia, tornata nei pensieri di sua Santità giusto lunedì, durante l’udienza ai vescovi olandesi in visita ad limina: “desidero esprimere la mia compassione e assicurare la mia preghiera a ciascuna delle persone vittime di abusi sessuali e alle loro famiglie; vi chiedo di continuare a sostenerle nel loro doloroso cammino di guarigione, intrapreso con coraggio”, recita il messaggio affidato all’episcopato dei Paesi bassi.

Ma se pure non crolla la Chiesa, meglio puntellarla ancora un po’, nell’ipotesi di nuovi terremoti come gli scandali di pedofilia del clero, che tanta recente cronaca vaticana han funestato. Così deve aver pensato Bergoglio accogliendo il suggerimento del suo personale “G8”, il Consiglio di otto cardinali di tutto il mondo istituito col compito primario (ma non solo, evidentemente) di studiare l’attesa riforma della Curia romana.

E’ dalla riunione ultima degli otto “saggi”, tenuta appunto da martedì a ieri nella residenza vaticana di Santa Marta, che è arrivata in sala stampa vaticana la notizia della prossima istituzione di una nuova Commissione per la protezione dei fanciulli. Come spiegato dal cappuccino statunitense card. O’Malley di Boston, una delle otto porpore, l’obiettivo dichiarato è “consigliare circa l’impegno della Santa Sede nella protezione dei fanciulli e nell’attenzione pastorale per le vittime di abusi”.

Tutto sarà più chiaro quando un prossimo documento ufficiale del Papa, annunciato anch’esso ieri, ne definirà in dettaglio competenze e composizione. Le prime naturalmente non andranno ad interferire con quelle della Congregazione per la dottrina della fede. A norma del Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001 a firma Giovanni Paolo II, revisionato nel 2010 da Benedetto XVI in direzione di un maggior rigore, è all’ex sant’Uffizio che spetta infatti perseguire chierici responsabili di abusi sessuali di minori di 18 anni, in quanto atti inclusi da allora, per volere di Wojtyla, tra i cosiddetti delicta graviora (“delitti più gravi”) riservati al Tribunale della Congregazione.

Il senso dell’operazione avviata ieri poggia piuttosto sul fatto che “fino adesso”, ha spiegato l’arcivescovo di Boston (epicentro del primo grande scandalo, esploso nel 2002), “l’enfasi è stata messa sui processi giuridici e meno sulla parte pastorale”, come forse era pure comprensibile, sull’onda dello sdegno sollevato in un lungo elenco di paesi dalla condotta di fatto connivente delle gerarchie ecclesiastiche. Oggi nessun vescovo può più accampare alibi da quando la stessa Congregazione per la dottrina della fede ha ordinato nel 2011 ad ogni Conferenza episcopale di dotarsi di apposite “linee guida” (come quelle della CEI varate a maggio 2012) per trattare con procedure chiare e coordinate ogni futuro caso.

Ma per la Santa Sede, proseguiva la spiegazione di O’Malley, è importante pure “avere un piano e lavorare con le Conferenze espiscopali per la protezione dei bambini e per una risposta pastorale al problema degli abusi sessuali dei bambini”. Che in concreto significa, come compiti della neonata Commissione, “riferire circa lo stato attuale dei programmi per la protezione dell’infanzia; formulare suggerimenti per nuove iniziative da parte della Curia, in collaborazione con vescovi, conferenze episcopali, superiori religiosi e conferenze dei superiori religiosi; proporre nomi di persone adatte per la sistematica attuazione di queste nuove iniziative, includendo laici, religiosi, religiose e sacerdoti con competenze nella sicurezza dei fanciulli, nei rapporti con le vittime, nella salute mentale, nell’applicazione delle leggi eccetera”.

Più in dettaglio ancora, si è appreso ieri al briefing coi giornalisti, si tratterà di studiare programmi di formazione per genitori, bambini e chiunque operi con minori, compresi i catechisti. Prevista pure l’introduzione di codici di condotta e attestazioni di idoneità al sacerdozio, con screening della fedina penale. Sensibile pure il punto della cooperazione con le autorità civili e della segnalazione dei reati, vero “nodo” dello scandalo e del nuovo corso avviato dalla Chiesa. Non mancano nemmeno, tra gli intenti prefissati, la pastorale in supporto delle vittime e dei familiari, la collaborazione con esperti a vario titolo (psicologi, sociologi, criminologi) della prevenzione di abusi su minori, il rapporto con i fedeli e i mass media, il recupero di chierici colpevoli.

Sulla composizione invece della Commissione, quanti e chi (verosimilmente anche laici, e di vari paesi del mondo) ovvero ne faranno parte, è tutto ora nelle mani di Francesco, che per inciso ha già creato in pochi mesi altre due commissioni su altrettante controverse ‘fonti’ di scandali che han contrassegnato l’ultima fase del pontificato Ratzinger: IOR e struttura economico-finanziaria della Santa Sede. E l’interpretazione di questa ‘politica’ è aperta ad un ampio ventaglio di ipotesi. Da un lato ci sarebbe l’esigenza, in relazione all’apparato burocratico vaticano, di un auspicabile snellimento, piuttosto che ingigantirlo con nuove articolazioni. Dall’altro c’è l’esigenza manifesta da parte del Papa di ‘allargare’ il cerchio di estrazioni, competenze e provenienze di persone con cui consultarsi, anche al di fuori di strutture e prassi abituali, forse non ritenute abbastanza adeguate allo scopo.

E così è tornato di attualità pure uno scabroso argomento che il frizzante effetto novità dell’elezione di Francesco aveva quasi oscurato, nel clima decisamente più sereno e disteso che ora regna tra i mass media nei confronti del Pontefice e di tutto quanto in genere accade all’ombra del Cupolone; gli stessi mass media che riferirono a suo tempo con benevola enfasi dell’udienza al Prefetto dell’ex sant’Uffizio mons. Müller, il 5 aprile, quando un inconsueto (stante la prassi vigente) comunicato riferì che il Santa Padre si era “raccomandato” che la Congregazione “continuando nella linea voluta da Benedetto XVI, agisca con decisione per quanto riguarda i casi di abusi sessuali, promuovendo anzitutto le misure di protezione dei minori, l’aiuto di quanti in passato abbiano sofferto tali violenze, i procedimenti dovuti nei confronti dei colpevoli”, senza dimenticare che “nella sua attenzione e nella sua preghiera per i sofferenti le vittime di abusi sono presenti in modo particolare”.

Il sospetto che in passato l’argomento pedofilia sia stato agitato anche strumentalmente per altri fini, che non fossero solamente quello giusto e meritorio di tutelare le vittime, a questo punto è legittimo e non del tutto infondato. Ma nulla toglie, nondimeno, alla soddisfazione dell’iniziare a vedere riconosciuti gli sforzi della Chiesa e del suo sommo pastore per cancellare ogni ombra sul drammatico fronte della lotta alla pedofilia.

Del resto, diceva il Papa proprio domenica, visitando la parrocchia romana di san Cirillo, se avesse il potere di fare miracoli il primo sarebbe proprio guarire i bambini malati, ha risposto alla domanda di un giovane cresimando, “perché a me fa tanto male vedere i bambini che soffrono”. E se pensiamo come ad una malattia alle conseguenze, per un bambino, di un abuso subito, tanto più apprezzabili e sinceri dunque paiono gli intenti di papa Bergoglio, al di là di come in concreto a Dio piacendo si realizzeranno.


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