In una prospettiva olistica il "tutto" e la "parte" sono co-essenziali, legati da una fondamentale relazionalità interna. Ognuno contiene in sé il tutto ed è spinto a creare comunità
Città Nuova - Ritengo che mi sia stato chiesto di offrire una riflessione a questo passaggio della lettera apostolica di papa Francesco perché sono matematica e perché esso contiene delle analogie geometriche a proposito di una certa riflessione sul rapporto fra tutto e parte. Piuttosto che commentare queste righe, mi piace riflettere sul contenuto partendo da un’altra prospettiva, quella “olistica”, in cui anche se il tutto non è la semplice “somma” o “collezione” delle parti, in qualche modo ogni parte contiene in sé il tutto. Si potrebbe pensare per analogia al “mistero” del continuum geometrico, per il quale ogni parte ha in un certo senso la valenza del tutto. In una tale prospettiva “tutto” e “parte” sono co-essenziali grazie ad una tipica e fondamentale relazionalità interna. È un’analogia che si addice bene al Corpo Mistico, dove per un’unità di profilo “trinitario” in ogni Chiesa locale vi è “la Chiesa”, e dove ogni membro è “altro Cristo”.
Si scorge questa stessa prospettiva anche sottostante l’antropologia dell’enciclica Caritas in Veritatis. Arriviamo con ciò, da due prospettive diverse, da due analogie geometriche diverse, alla stessa conclusione. Nell’Evangelii Gaudium è scritto: «È l’unione dei popoli, che, nell’ordine universale, conservano la loro peculiarità» (236), mentre nella Caritas in Veritatis è scritto: «Come la comunità familiare non annulla in sé le persone che la compongono e come la Chiesa stessa valorizza pienamente la “nuova creatura” (Gal 6,15; 2 Cor 5,17) che con il battesimo si inserisce nel suo Corpo vivo, così anche l’unità della famiglia umana non annulla in sé le persone, i popoli e le culture, ma li rende più trasparenti l’uno verso l’altro, maggiormente uniti nelle loro legittime diversità» (53).
Judith Povilus
docente all’Istituto universitario Sophia
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