In ben 65 Stati sui 150 analizzati il rischio è alto o molto alto. In Italia pericolo "medio".
New York (WSI) - The Economist ha misurato la possibilità che nel 2014 scoppino proteste sociali in 150 diversi paesi al mondo (vedi tabella sotto). Il risultato è impressionante. In ben 65 Stati (il 43%) il rischio l'anno prossimo è alto o molto alto. L'analisi dell'Economist Intelligence Unit (EIU) mette una certa enfasi nella fragilità istituzionale e politica. Rispetto a cinque anni fa nel 2014 ben 19 nazioni in più sono nella categoria ad alto rischio. Guardando alle singole regioni, le più vulnerabili saranno Medioriente, Nordafrica, Balcani e Europa mediterranea.
In Italia il rischio è considerato "medio". In Europa molto dipenderà dall'esito delle prossime elezioni parlamentari e dall'intensità della ripresa economica.
Ucraina, Bulgaria, Brasile, Argentina, Messico, Tunisia, Egitto e Turchia sono tutti Paesi dove sono esplose proteste quest'anno.
Anche paesi tradizionalmente calmi, come l'Italia, Singapore e il Giappone hanno visto le proprie strade prese d'assalto da manifestanti anti governativi e diventare teatro di violenze. Il motivo ricorrente: le iniquità sociali e lo scontento nei confronti di una politica corrotta e con non rappresenta più i cittadini.
Inoltre nell'epoca degli smartphone e dei social media, i cortei e le altre manifestazioni di protesta possono essere organizzati e coordinati con estrema facilità. Secondo Laza Kekic dell'EIU, la crisi economica è un prerequistio quasi obbligatorio perché le proteste scoppino, ma non racconta tutta la storia e non è l'unico motivo che porta il disagio sociale a sfociare in atti violenti di protesta.
New York (WSI) - The Economist ha misurato la possibilità che nel 2014 scoppino proteste sociali in 150 diversi paesi al mondo (vedi tabella sotto). Il risultato è impressionante. In ben 65 Stati (il 43%) il rischio l'anno prossimo è alto o molto alto. L'analisi dell'Economist Intelligence Unit (EIU) mette una certa enfasi nella fragilità istituzionale e politica. Rispetto a cinque anni fa nel 2014 ben 19 nazioni in più sono nella categoria ad alto rischio. Guardando alle singole regioni, le più vulnerabili saranno Medioriente, Nordafrica, Balcani e Europa mediterranea.
In Italia il rischio è considerato "medio". In Europa molto dipenderà dall'esito delle prossime elezioni parlamentari e dall'intensità della ripresa economica.
Ucraina, Bulgaria, Brasile, Argentina, Messico, Tunisia, Egitto e Turchia sono tutti Paesi dove sono esplose proteste quest'anno.
Anche paesi tradizionalmente calmi, come l'Italia, Singapore e il Giappone hanno visto le proprie strade prese d'assalto da manifestanti anti governativi e diventare teatro di violenze. Il motivo ricorrente: le iniquità sociali e lo scontento nei confronti di una politica corrotta e con non rappresenta più i cittadini.
Inoltre nell'epoca degli smartphone e dei social media, i cortei e le altre manifestazioni di protesta possono essere organizzati e coordinati con estrema facilità. Secondo Laza Kekic dell'EIU, la crisi economica è un prerequistio quasi obbligatorio perché le proteste scoppino, ma non racconta tutta la storia e non è l'unico motivo che porta il disagio sociale a sfociare in atti violenti di protesta.
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