Doccia fredda sulla speranza dell’esecutivo guidato da Nawaz Sharif di coinvolgere la guerriglia talebana in un processo di riconciliazione.
Misna - Poche ore dopo l’offerta del Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale di dare priorità a colloqui con i militanti e una proposta diretta in questo senso da parte del governo i Talebani del Pakistan hanno fatto sapere a Sharif di rigettare la proposta.I lavori del comitato, presieduti dal premier avevano confermato la strategia di coinvolgimento della guerriglia, ma anche previsto opzioni militari nel caso questo non fosse possibile.
A questa seconda possibilità i militanti hanno risposto confermando la volontà di non cedere a pressioni armate, ma di esseri pronti a rispondere con la forza.
A confermare la posizione dei Talebani del Pakistan, il loro portavoce Shahidullah Shahid, sottolineando la percezione del movimento che le azioni del governo sono in realtà dettate da debolezza e da suggerimenti dagli Stati Uniti. Ribadita quindi la volontà di applicare la legge coranica nelle aree da essi controllate e sull’intero paese e la sfiducia verso l’esecutivo.
A sostenere questa visione, l’uccisione del loro capo Hakimullah Mehsud, il mese scorso, appena prima del previsto avvio di colloqui a seguito di un’offerta di dialogo di Sharif. L’uccisione portò a una escalation di atti terroristici e intimidazioni da parte di un movimento responsabile in buona parte di oltre 30.000 decessi di civili e militari vittime del terrorismo e dei combattimenti tra forze governative e militanti. Un evento che portò lo stesso ministro degli Interni, Nisar Ali Khan, ad accusare gli Usa di volontà di sabotare il processo di pace.
Misna - Poche ore dopo l’offerta del Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale di dare priorità a colloqui con i militanti e una proposta diretta in questo senso da parte del governo i Talebani del Pakistan hanno fatto sapere a Sharif di rigettare la proposta.I lavori del comitato, presieduti dal premier avevano confermato la strategia di coinvolgimento della guerriglia, ma anche previsto opzioni militari nel caso questo non fosse possibile.
A questa seconda possibilità i militanti hanno risposto confermando la volontà di non cedere a pressioni armate, ma di esseri pronti a rispondere con la forza.
A confermare la posizione dei Talebani del Pakistan, il loro portavoce Shahidullah Shahid, sottolineando la percezione del movimento che le azioni del governo sono in realtà dettate da debolezza e da suggerimenti dagli Stati Uniti. Ribadita quindi la volontà di applicare la legge coranica nelle aree da essi controllate e sull’intero paese e la sfiducia verso l’esecutivo.
A sostenere questa visione, l’uccisione del loro capo Hakimullah Mehsud, il mese scorso, appena prima del previsto avvio di colloqui a seguito di un’offerta di dialogo di Sharif. L’uccisione portò a una escalation di atti terroristici e intimidazioni da parte di un movimento responsabile in buona parte di oltre 30.000 decessi di civili e militari vittime del terrorismo e dei combattimenti tra forze governative e militanti. Un evento che portò lo stesso ministro degli Interni, Nisar Ali Khan, ad accusare gli Usa di volontà di sabotare il processo di pace.
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