Il governo di centro-destra del Giappone ha approvato oggi il business plan decennale della Tokyo Electric Power Company (Tepco) che si basa sul riavvio dei suoi reattori nucleari fermati dopo il disastro nucleare avvenuto dopo l’11 marzo 2011 nella sua centrale nucleare di Fukushima Daiichi e ancora in corso.
GreenReport - Il ministro dell’Industria giapponese, Toshimitsu Motegi, ha dato il via libera al piano presentato dal presidente della Tepco, Naomi Hirose, ma di fatto si tratta di un piano dello stesso governo, visto che l’utility è sotto controllo statale e che viene tenuta in piedi con enormi finanziamenti pubblici per poter continuare i lavori sul cadavere nucleare di Fukushima Daiichi. Non a caso alla firma del provvedimento era presente anche Akio Harada, il presidente del comitato direttivo del fondo statale per il risarcimento incidente nucleare .
Motegi però gioca a fare il gatto tra le botti di quello che appare sempre più un gioco di ruolo politico: ha detto ad Hirose che il popolo giapponese sta guardando criticamente a quel che fa la Tepco e che l’utility nucleare deve fare sforzi per riformarsi, con la volontà di rinascere come una nova compagnia. Hirose ha risposto: «Considero il piano come una promessa al popolo». Peccato che la promessa di rinnovamento sia il vecchio nucleare esploso a Fukushima Daiichi e che ha portato la Tepco in bancarotta. Poi Hirose ha ripetuto stancamente il ritornello dei suoi predecessori, promettendo che utilizzerà tutte le risorse che verranno dalla riapertura delle centrali nucleari per gestire il disastro nucleare di Fukushima Daiichi e gli obblighi e le responsabilità che comporta.
Secondo il piano, la Tepco spera di riavviare i reattori nucleari partendo già a luglio dalla sua centrale di Kashiwazaki-Kariwa, nella prefettura di Niigata. L’utility prevede di guadagnare, al lordo delle imposte annuali, tra 950 milioni e 1,4 miliardi di dollari, riprendendo la produzione di energia nucleare e con la ricostruzione di vecchi impianti termoelettrici. L’utility dice che nei prossimi 10 anni abbasserà gradualmente i costi dell’elettricità prodotta fino a 9,6 miliardi di dollari all’anno e prevede di mettere da parte 19 miliardi di dollari per creare una task force per affrontare la gigantesca grana dello smaltimento dell’’acqua altamente contaminata e dello smantellare dei reattori di Fukushima Daiichi. Secondo il business plan, anche che i profitti derivanti dalla vendita di azioni Tepco detenute dal fondo di compensazione dello Stato saranno utilizzate per i lavori di decontaminazione. Il piano della Tepco/Governo non sarà indolore: verranno chiusi tutte e 10 le filiali della sua area di servizio e licenziati 2.000 dipendenti, così verranno ridotti i costi di circa 46 miliardi di dollari, aiutando la Tepco a ridiventare competitiva.
Sembra un libro dei sogni (o degli incubi) nucleare, simile a quello presentato dalla Tepco sulla dismissione di Fukushima Daiichi e del quale praticamente non si è riusciti a rispettare una scadenza o una previsione economica.
Attualmente i 50 reattori nucleari del Giappone sono tutti ”offline” (anche se un paio di centrali sono pronte a ripartire) proprio in seguito alla tragedia di Fukushima Daiichi e la Tepco e il governo sono alle prese con gli enormi costi della bonifica, della disattivazione degli altri reattori e con i pagamenti dei risarcimento a chi è stato costretto ad abbandonare la sua abitazione nella zona di esclusione intorno alla centrale.
Il governo è costretto a fare buon viso a cattivo gioco, sia per la politica dichiaratamente nuclearista del Partito Liberaldemocratico al potere, sia perché un crack della Tepco sarebbe un durissimo colpo per la sopravvivenza dei creditori, con ripercussioni su tutta l’economia giapponese, arrivando ad influenzare negativamente la stessa produzione di energia elettrica nell’are della grande Tokyo.
La politica giapponese sembra essere rimasta prigioniera sotto le macerie radioattive di Fukushima Daiichi e alla fine, a soli tre anni dal terremoto/tsunami, i veri responsabili del secondo più grande disastro nucleare della storia, la Tepco e la lobby nucleare, dettano ancora le condizioni per l’energia e l’economia dell’Impero del Sol Levante.
GreenReport - Il ministro dell’Industria giapponese, Toshimitsu Motegi, ha dato il via libera al piano presentato dal presidente della Tepco, Naomi Hirose, ma di fatto si tratta di un piano dello stesso governo, visto che l’utility è sotto controllo statale e che viene tenuta in piedi con enormi finanziamenti pubblici per poter continuare i lavori sul cadavere nucleare di Fukushima Daiichi. Non a caso alla firma del provvedimento era presente anche Akio Harada, il presidente del comitato direttivo del fondo statale per il risarcimento incidente nucleare .
Motegi però gioca a fare il gatto tra le botti di quello che appare sempre più un gioco di ruolo politico: ha detto ad Hirose che il popolo giapponese sta guardando criticamente a quel che fa la Tepco e che l’utility nucleare deve fare sforzi per riformarsi, con la volontà di rinascere come una nova compagnia. Hirose ha risposto: «Considero il piano come una promessa al popolo». Peccato che la promessa di rinnovamento sia il vecchio nucleare esploso a Fukushima Daiichi e che ha portato la Tepco in bancarotta. Poi Hirose ha ripetuto stancamente il ritornello dei suoi predecessori, promettendo che utilizzerà tutte le risorse che verranno dalla riapertura delle centrali nucleari per gestire il disastro nucleare di Fukushima Daiichi e gli obblighi e le responsabilità che comporta.
Secondo il piano, la Tepco spera di riavviare i reattori nucleari partendo già a luglio dalla sua centrale di Kashiwazaki-Kariwa, nella prefettura di Niigata. L’utility prevede di guadagnare, al lordo delle imposte annuali, tra 950 milioni e 1,4 miliardi di dollari, riprendendo la produzione di energia nucleare e con la ricostruzione di vecchi impianti termoelettrici. L’utility dice che nei prossimi 10 anni abbasserà gradualmente i costi dell’elettricità prodotta fino a 9,6 miliardi di dollari all’anno e prevede di mettere da parte 19 miliardi di dollari per creare una task force per affrontare la gigantesca grana dello smaltimento dell’’acqua altamente contaminata e dello smantellare dei reattori di Fukushima Daiichi. Secondo il business plan, anche che i profitti derivanti dalla vendita di azioni Tepco detenute dal fondo di compensazione dello Stato saranno utilizzate per i lavori di decontaminazione. Il piano della Tepco/Governo non sarà indolore: verranno chiusi tutte e 10 le filiali della sua area di servizio e licenziati 2.000 dipendenti, così verranno ridotti i costi di circa 46 miliardi di dollari, aiutando la Tepco a ridiventare competitiva.
Sembra un libro dei sogni (o degli incubi) nucleare, simile a quello presentato dalla Tepco sulla dismissione di Fukushima Daiichi e del quale praticamente non si è riusciti a rispettare una scadenza o una previsione economica.
Attualmente i 50 reattori nucleari del Giappone sono tutti ”offline” (anche se un paio di centrali sono pronte a ripartire) proprio in seguito alla tragedia di Fukushima Daiichi e la Tepco e il governo sono alle prese con gli enormi costi della bonifica, della disattivazione degli altri reattori e con i pagamenti dei risarcimento a chi è stato costretto ad abbandonare la sua abitazione nella zona di esclusione intorno alla centrale.
Il governo è costretto a fare buon viso a cattivo gioco, sia per la politica dichiaratamente nuclearista del Partito Liberaldemocratico al potere, sia perché un crack della Tepco sarebbe un durissimo colpo per la sopravvivenza dei creditori, con ripercussioni su tutta l’economia giapponese, arrivando ad influenzare negativamente la stessa produzione di energia elettrica nell’are della grande Tokyo.
La politica giapponese sembra essere rimasta prigioniera sotto le macerie radioattive di Fukushima Daiichi e alla fine, a soli tre anni dal terremoto/tsunami, i veri responsabili del secondo più grande disastro nucleare della storia, la Tepco e la lobby nucleare, dettano ancora le condizioni per l’energia e l’economia dell’Impero del Sol Levante.
di Umberto Mazzantini
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