giovedì, gennaio 16, 2014
Referendum sulla Costituzione in Egitto.  

Radio Vaticana - Il fronte del “sì” avrebbe ottenuto il 98% dei consensi, l’affluenza si sarebbe attestata tra il 30 e il 50%. In due giorni di consultazioni e scontri tra Fratelli musulmani e Forza pubblica, 12 persone sono morte, un giovane cristiano è stato decapitato da gruppi islamisti. 444 gli oppositori arrestati. Il servizio di Massimiliano Menichetti: ascolta
L’Egitto attende l’esito del referendum sulla nuova Costituzione, che cambia quella approvata sotto il deposto presidente Morsi. I dati ufficiali dovrebbero arrivare entro poche ore, ma già si parla di vittoria del fronte del “sì” con una "forbice" stimata tra il 95 e il 98%. L’affluenza secondo i media si è attestata tra il 33 e il 50%. I 247 articoli della nuova Carta fondamentale danno più potere ai militari che ieri hanno blindato con carri armati piazza Tahrir e Heliopolis, mentre elicotteri da combattimento Apache sorvolavano il centro del Cairo. A Giza, teatro ieri di violenti scontri, uomini armati hanno comunque aperto il fuoco contro alcuni seggi e in serata un attivista pro-Morsi è stato ucciso. Fermato anche un cameraman dell'agenzia Ap. In totale, sono stati 444 gli oppositori arrestati e 12 le persone rimaste uccise in due giorni di proteste e scontri con la Forza pubblica.

Per un'analisi del voto in Egitto, abbiamo intervistato la prof.ssa Valentina Colombo della European Foundation for Democracy e ricercatrice di storia dei Paesi islamici all’Università Europea di Roma: ascolta

R. - Questo è un “sì” che corrisponde a un “no” secco degli egiziani ai Fratelli musulmani e alla Costituzione precedente, quella marcatamente islamica. Questa Costituzione dà ampio spazio alla parità tra uomo e donna. E' una Costituzione nel cui preambolo si fa cenno praticamente a tutta la storia dell’Egitto, a partire dai Faraoni, compreso un cenno alla Vergine Maria, poiché si dice: ‘Il popolo egiziano ha accolto Gesù e sua Madre sul proprio territorio”. Quindi, diciamo è una Costituzione “rivoluzionaria” davvero, se la si confronta con le Costituzioni precedenti. Quindi, questo è un voto che dice ai militari: “Andate avanti! La direzione è questa”.

D. - C’è chi dice che, comunque, il numero dei votanti è basso?

R. - Però, se noi confrontiamo questi dati con il referendum precedente - quello del 2012 - dove l’afflusso alle urne era stato di un 32% circa, è decisamente superiore.

D. - Rimane nella Carta fondamentale il riferimento alla sharia come fonte principale di diritto, però c’è un ridimensionamento…

R. - Il limite viene posto dagli articoli stessi, dal contenuto stesso della Costituzione, che vuole perlomeno una interpretazione aperta, più riformatrice della sharia, più vicina a quelli che sono i diritti umani universali.

D. - Molti osservatori dicono che il ritorno ai militari, in realtà, è un passo indietro, mentre altri sostengono che serve in questo momento la garanzia di stabilità. Ma, in realtà, il popolo egiziano ha cominciato un cammino, c’è un cambiamento in atto...

R. - Io sono per la seconda tesi. I militari cercano di garantire la sicurezza interna del Paese. Hanno estromesso Mohamed Morsi, legato ai Fratelli musulmani, dietro una esplicita richiesta del popolo egiziano: non dimentichiamo i 30 milioni di firme raccolte dal Movimento Tamarrod, Ribellione. Quindi, è chiaro che l’esercito sa benissimo che non siamo più ai tempi di Nasser, ai tempi di Mubarak. L’esercito sa che oggi il popolo egiziano è consapevole della propria forza e sa che può dire “no”, sa che può dire “basta”. Quindi, il governo attuale - in mano ai militari - deve capire che deve iniziare ad attuare riforme dal basso. Solo così si potrà arrivare, con gli anni, a una vera transizione.

D. - In questo processo, non rimane come una macchia il fatto che sia stato deposto l’ex presidente Mohamed Morsi dopo elezioni legittime?

R. - I Fratelli musulmani sembravano garantire un futuro migliore agli egiziani, perché è sempre stata una associazione che lavorato dal basso: per cui, l’elezione di Morsi era un’elezione in nome della speranza e che lui potesse cambiare. Credo che, forse noi occidentali un po’ meno, ma tutti gli egiziani sì, siano consapevoli che potevano essere allontani solo ed esclusivamente da una azione forte come quella che c’è stata: altrimenti, nessuno sarebbe riuscito più a smuoverli. Si stavano muovendo - attraverso decisioni a livello legislativo - a incamerare sempre più forze, sempre più poteri nelle proprie mani.

D. - Scoppia la “primavera araba”, la caduta di Mubarak e i Fratelli musulmani vengono visti come un soggetto con il quale si può dialogare, poi diventano estremisti. Questo doppio volto come si spiega?

R. - C’è stato un grande fraintendimento. I Fratelli musulmani non possono essere definiti - come sono stati dalla stampa internazionale, ma non solo dalla stampa, ma anche dai governi - degli “estremisti moderati”. Basta leggere alcuni siti legati ai Fratelli musulmani e delle loro espressioni locali in questi giorni, ovviamente in arabo... E questo è l’altro problema, perché i Fratelli musulmani parlano in inglese in un certo modo e parlano in arabo in un altro. Ebbene, in uno di questi siti dei Fratelli musulmani, proprio ieri, è stato pubblicato un articolo in cui praticamente si dice che “l’Egitto è ormai terra cristiana” e in cui si dice chiaramente che i copti - i cristiani, quindi - hanno ordito un complotto con i militari - e ovviamente si introduce anche Israele, perché è sempre il Paese complottista per eccellenza! - per escludere, per uccidere i Fratelli musulmani.

D. - Potremmo dire che i Fratelli musulmani hanno percorso la loro parabola politica?

R. - Io credo che in Egitto sì. Stanno facendo un passo indietro, ma rimangono in Tunisia. Si stanno riorganizzando, a partire dall’Europa. Ormai, l’organizzazione dei Fratelli musulmani è un’organizzazione internazionale e globale e la loro base si sta spostando a Londra, laddove la situazione in Turchia non consente più loro di avere in Istanbul e in Ergodan - in crisi anche lui - un altro punto fermo.


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