venerdì, gennaio 24, 2014
Il prossimo 26 gennaio è la Giornata mondiale per i malati di lebbra. Nonostante i progressi degli ultimi anni nel controllo e nella cura del morbo, ancora oggi si verificano nuovi focolai e non esiste un vaccino. Secondo dati dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), la regione dell'Asia del sud e del sud-est conta il 71% di nuovi casi su scala mondiale. Dei 16 Paesi "peggiori", otto sono asiatici: India, Indonesia, Bangladesh, Nepal, Myanmar, Sri Lanka, Filippine, Cina. 

New Delhi (AsiaNews) - A due giorni dalla Giornata mondiale per i malati di lebbra, l'India è ancora il primo Paese al mondo per nuovi casi di lebbra. Secondo gli ultimi dati disponibili dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel 2012 il subcontinente indiano ha registrato 134.752 nuovi casi; a livello globale sono stati 232.857. Per l'Aifo, l'Associazione italiana Amici di Raoul Follereau, tra il 1991 e il 2007 in India se ne sono contati più di 12 milioni. Dalla scoperta del bacillo che causa il morbo, tanti sono i progressi fatti in campo medico, in particolare dopo la messa a punto nel 1982 del trattamento polichemioterapico, un'associazione di due o tre farmaci (Rifampicina, Clofazimina e Dapsone) in grado di fermare l'avanzamento della malattia. Tuttavia, nota ad AsiaNews suor Bertilla Capra, missionaria della Carità da 44 anni in India al servizio dei lebbrosi, "non è ancora stato scoperto un vaccino. Eppure, già nell'Antico Testamento si parlava della lebbra. L'attuale terapia è fondamentale, ma i danni già causati non sono reversibili. Per questo, i programmi di prevenzione e controllo restano tra i più importanti".

Per danni non reversibili si intendono le ulcere, che in genere colpiscono mani e piedi e portano a deformità, e le paralisi. Il batterio che causa la lebbra, infatti, attacca solo i nervi periferici.

In base all'ultimo rapporto pubblicato dall'Oms nel 2013 (con dati del 2012), la distribuzione di nuovi casi per regioni è rimasta per lo più inalterata rispetto agli anni passati. L'Asia del sud e sud-est resta la prima con il 71% di nuovi casi (166.445); seguono le Americhe, con il 16% (36.178); l'Africa, 9% (20.599); il Mediterraneo orientale, 2% (4.235); il Pacifico occidentale, 2% (5.400).

In linea generale, dopo una contenuta ma progressiva diminuzione di nuovi casi dal 2005 al 2010, nel 2011 si è assistito a un aumento. Nel complesso, nel 2012 sono stati rilevati 6.231 casi in più rispetto all'anno precedente. Secondo l'Oms, questa tendenza è legata a due fattori: da una parte, l'introduzione di programmi sanitari in zone prima non coperte ha portato alla luce dati che prima non erano disponibili; dall'altra, la diminuzione dei casi ha spinto molti governi a chiudere i programmi nazionali e i relativi servizi sanitari, impedendo così un corretto controllo della situazione.

A livello nazionale, insieme all'India sono 16 i Paesi "peggiori", ovvero che nel 2012 hanno riportato più di 1000 nuovi casi. Si tratta di Brasile (33.303), Indonesia (18.994), Nigeria (3.805), Etiopia (3.776), Bangladesh (3.688), Congo (3.607), Nepal (3.492), Myanmar (3.013), Tanzania (2.528), Sri Lanka (2.191), Filippine (2.150), Sud Sudan (1.801), Madagascar (1.474), Cina (1.206), Costa d'Avorio (1.030).

È interessante notare che in questi 16 Paesi (otto dall'Asia, sette dall'Africa e uno dall'America latina) si concentra il 95% di nuovi casi di lebbra, contro il restante 5%, registrato nel resto del mondo.


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