martedì, gennaio 28, 2014
Un affare da un trilione di dollari entro il 2025, in 5 anni 100.000 posti di lavoro in più.Wef: «Il consumo lineare sta raggiungendo i suoi limiti». Addio all’obsolescenza programmata?

Greenreport - Anche se il World Economic Forum Annual Meeting 2014 (che si è appena concluso a Davos) aveva come titolo l’impegnativo tema “The Reshaping of the World: Consequences for Society, Politics and Business”, i media internazionali e italiani hanno nuovamente dato del meeting Wef di Davos la solita immagine stereotipata del capitalismo internazionale che si riunisce insieme a qualche testa d’uovo, politico e ambientalista per discutere dell’economia internazionale senza cavarne un ragno da un buco. In parte quest’immagine che ormai appartiene al folklore dei Wef di Davos è vera, ma nelle lussuose sale dell’albergo svizzero al centro del meeting sono stati affrontati anche temi che prospettano un vero cambiamento di paradigma dell’economia mondiale.

E’ il caso del nuovo rapporto “Towards a Circular Economy – Accelerating the scale-up across global supply chains”, presentato da Desiree Mohindra, Direttrice associata del dipartimento di comunicazione del Wef, e realizzato in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation, che rivela che il passaggio ad un’economia circolare a livello mondiale sarebbe in grado, in soli 5 anni, di generare 500 milioni di dollari in risparmi sui costi dei materiali, 100.000 nuovi posti di lavoro ed evitare che nel mondo 100 milioni di tonnellate di rifiuti finiscano nelle discariche a livello globale, sempre che entro questi cinque anni le companies si concentrino sulla promozione della formazione di filiere “circolari” per aumentare il tasso di riciclo, riuso e rigenerazione delle materie prime. La Mohindra ha spiegato che «questo massimizza il valore dei materiali quando i prodotti si avvicinano alla fine del loro utilizzo».

Il rapporto analizza i benefici per le imprese con un passaggio all’economia circolare, che ripensa gli attuali modelli di consumo “take, make and dispose” attraverso un processo più “restorative”, nel quale i prodotti vengono progettati e commercializzati in modo tale che i loro componenti e i materiali che li costituiscono possano essere riutilizzati molte volte. La fine dell’obsolescenza programmata per passare al recupero, al riutilizzo e al riuso delle risorse.

Secondo il rapporto Wef, «il consumo lineare sta raggiungendo i suoi limiti. Un’economia circolare ha benefici che sono operativi, nonché strategici, sia a livello micro che macroeconomico. Questa è una opportunità da un trilione di dollari, con un potenziale enorme per l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e la crescita economica. Gli ultimi 150 anni di evoluzione industriale sono stati dominati da un modello unidirezionale o lineare di produzione e consumo, nel quale le merci sono prodotte da materie prime, vendute, utilizzate e poi gettate o incenerite come rifiuti. A fronte di aumenti di volatilità che provocano tagli in tutta l’economia globale e del proliferare di segnali di esaurimento delle risorse, la richiesta di un nuovo modello economico è sempre più forte. La ricerca di un sostanziale miglioramento delle performance delle risorse in tutta l’economia ha portato il business a esplorare modi per riutilizzare i prodotti e i loro componenti e a recuperare maggiormente i loro materiali preziosi».

Un motivo essenziale per adottare l’economia circolare è la possibilità di sfruttare meglio – rispetto ai modelli di consumo tradizionali – il valore dei materiali, della manodopera, dell’energia e dello stesso capitale “incorporato” nei prodotti dopo la fine di ogni ciclo di utilizzo. Il capitalismo globalizzato si trova quindi di fronte a un rompicapo: creare modelli circolari di fronte all’aumento dei prezzi delle risorse o subire i loro costi in crescita pur sapendo che resteranno elevati o addirittura aumenteranno, proprio a causa del modello di consumo usa e getta che ha fatto da traino alla globalizzazione delle merci. Dall’economia dell’obsolescenza programmata occorre passare a quella a rete del riciclo e riutilizzo delle materie prime. Come dice il rapporto Wef, «il tempo di accelerare la transizione verso un’economia circolare di scala è adesso», per poi aggiungere: «E’ giunto il momento di affrontare il principale ostacolo alla realizzazione dell’economia circolare di scala: affrontare le perdite sistemiche. Tenuto conto della potenzialità dell’economia circolare per il “resource arbitrage”,questa avrebbe dovuto decollare da sola. Tuttavia, non lo ha fatto a causa di alcune carenze del mercato e della mancanza della meccanica, che porta a perdite significative. Anche gli scettici riconoscono la necessità di eliminare lo spreco economico associato ad un’economia monouso, e liberarsi da un’economia globale sempre più “affamata” di risorse e da mercati sempre più anelastici».

Sir Ian Cheshire, group chief executive di Kingfisher, ha sottolineato che l’economia circolare ormai non è più solo una “fantasia” di qualche ambientalista fissato con il riciclo e magari con la decrescita: «L’economia circolare è un’opportunità che l’industria non può permettersi di perdere. Può guidare la nostra prossima generazione di innovazione e crescita dell’economia, attenuare la volatilità dei prezzi del nostro business, fornirci un vantaggio competitivo ed aiutarci a costruire migliori relazioni con clienti e fornitori».

Negli ultimi 10 anni i prezzi delle materie prime sono quasi triplicati, e le industrie e i governi stanno finalmente vedendo nell’economia circolare un’opportunità per gestire i loro costi, perché questo approccio sostenibile alle commodities disaccoppia la crescita economica dalle limitate forniture di risorse primarie. «In particolare – ha evidenziato a Davos la Mohindra – le industrie manifatturiere potrebbero vedere i loro costi ridursi in modo significativo con l’adozione di un modello di business circolare. Ad esempio, i costi del materiale degli smartphone potrebbero essere ridotti di oltre il 60% ripensando interamente il modo in cui vengono realizzati e smaltiti». Il rapporto del Wef mostra anche i benefici di modelli innovativi di business, come Airbnb e Zip Car, e suggerisce miglioramenti per la redditività di tutta la catena di approvvigionamento.

“Towards a Circular Economy” presenta anche una nuova iniziativa del Wef: il “Project Outline – MainStream”, che potrebbe aiutare le imprese ad avviarsi verso un’economia circolare, risparmiando così 500 milioni di dollari in materiali e prevenendo la produzione di 100 milioni di tonnellate di rifiuti a livello globale. Anche il Project Mainstream è un’iniziativa del World Economic Forum in partnership con la Ellen MacArthur Foundation, è sostenuta da McKinsey e punta a lavorare con l’industria per trovare i modi per realizzare l’economia circolare attraverso la gestione dei materiali, delle tecnologie dell’informazione e di innovativi modelli di business. Nel progetto sono già impegnate diverse multinazionali come Philips, Kingfisher, Veolia, Dsm e Indorama.

Al Wef l’economia circolare è stata definita da Mohindra “Restorative by design” e ha spiegato che «è costruita sul principio che gli stock e i flussi delle risorse vengano ricostruiti in opposizione al loro degrado. Ciò si traduce in costi minori e meno volatili e rappresenta un potenziale enorme per l’innovazione e la creazione di posti di lavoro. L’economia circolare mira a scindere la crescita economica dal consumo di risorse. Il Project Mainstream può aiutare a mobilitare l’interesse verso tutto questo aprendo la strada per una azione “cross-industry” in grado di portare l’economia circolare al tipping point».

Ellen MacArthur, fondatrice dell’omonima fondazione, ha concluso: «Costruendo e facendo crescere l’interesse intorno alla economia circolare, Project Mainstream farà leva sul potere di convocazione del World Economic Forum e metterà insieme un gruppo di business leaders capaci di innescare una diffusa innovazione e occupazione. Andremo oltre il “concept stage”: si tratta di trasformare un potenziale sicuro in una realtà economica».


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