Istituti hanno un’esposizione nei confronti del paese che supera i $350 miliardi
New York (WSI) - "Non c’è nessun legame tra crollo della lira turca e la politica di tapering intrapresa dalla Fed. Il crollo della valuta turca è solo ed esclusivamente legata alla situazione drammatica in cui versano le casse dello stato di Ankara". Nick Andrews, analista della società di ricerca americana GaveKal, ribatte così alle accuse lanciate ieri dal primo ministro turco, Tayyip Erdogan, che ha puntato il dito contro la Banca Centrale americana, ritenuta la vera responsabile della caduta, sul mercato valutario, della divisa del paese.
"La Turchia non ha mostrato nessun segnale di stabilizzazione. Negli ultimi anni le passività del paese si sono moltiplicate drasticamente con le banche estere che al momento mostrano un’esposizione nei confronti del paese che supera i 350 miliardi di dollari", spiega l’esperto, evidenziando in questo modo i rischi di un contagio mondiale in caso di default del paese.
"In un contesto poco rassicurante, caratterizzato dal deprezzamento della divisa, inflazione alle stelle e, non meno importante, fuga dei capitali – aggiunge Andrews – i politici stanno facendo poco o nulla per ridurre i rischi di default, evitando accuratamente la strada che i leader degli altri paesi emergenti hanno intrapreso, ovvero quella di alzare i tassi".
New York (WSI) - "Non c’è nessun legame tra crollo della lira turca e la politica di tapering intrapresa dalla Fed. Il crollo della valuta turca è solo ed esclusivamente legata alla situazione drammatica in cui versano le casse dello stato di Ankara". Nick Andrews, analista della società di ricerca americana GaveKal, ribatte così alle accuse lanciate ieri dal primo ministro turco, Tayyip Erdogan, che ha puntato il dito contro la Banca Centrale americana, ritenuta la vera responsabile della caduta, sul mercato valutario, della divisa del paese.
"La Turchia non ha mostrato nessun segnale di stabilizzazione. Negli ultimi anni le passività del paese si sono moltiplicate drasticamente con le banche estere che al momento mostrano un’esposizione nei confronti del paese che supera i 350 miliardi di dollari", spiega l’esperto, evidenziando in questo modo i rischi di un contagio mondiale in caso di default del paese.
"In un contesto poco rassicurante, caratterizzato dal deprezzamento della divisa, inflazione alle stelle e, non meno importante, fuga dei capitali – aggiunge Andrews – i politici stanno facendo poco o nulla per ridurre i rischi di default, evitando accuratamente la strada che i leader degli altri paesi emergenti hanno intrapreso, ovvero quella di alzare i tassi".
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