martedì, gennaio 21, 2014
In Libano centinaia di manifestanti protestano da una settimana per chiedere la chiusura di un impianto di smaltimento dei rifiuti, mentre la spazzatura ha continuato ad accumularsi nelle strade della capitale. I residenti delle città di Naameh e Ain Drafill hanno bloccato la strada che conduce alla discarica utilizzata per smaltire rifiuti di Beirut e Mount Lebanon, a seguito di un lungo contenzioso con la società di smaltimento Averda. 

Mucchi di spazzatura cominciano ad accatastarsi lungo i marciapiedi e le strade della capitale del Libano, con conseguenti problemi d’igiene pubblica e diffusione di odori pungenti. Si stima che circa 10.000 tonnellate di rifiuti sono stati lasciati per le strade e non raccolti. «Siamo felici che la spazzatura venga lasciata per terra – ha detto al giornale Al- Akhbar, il noto cantante e ambientalista Paul Abi Rached, che è anche presidente del Lebanon Eco Movement – In questo modo, la gente inizierà a chiedersi dove tutto va a finire».

Averda è la più importante impresa privata del settore nel Medio Oriente e ha firmato un accordo con lo Stato libanese per gestire lo smaltimento dei rifiuti. L’azienda possiede la Sukleen, responsabile della raccolta dei rifiuti, e la Sukomi, che è responsabile della gestione del trattamento e dello smaltimento degli stessi. La società aveva firmato un contratto con le città di Naameh e Ain Drafill per ospitare una discarica che sarebbe stata utilizzata attivamente per dieci anni e in grado di smaltire un massimo di due milioni di tonnellate di rifiuti. Tuttavia, la discarica è ormai in attività da più di 15 anni e ha raggiunto una capacità di circa 15 milioni di tonnellate di spazzatura.

Inoltre, Sukomi ha ridotto pesantemente il proprio ruolo nel trattamento dei rifiuti, sempre secondo quanto riferito dal quotidiano Al-Akhbar. Mentre circa il 75 per cento dei conferimenti in discarica è materia organica, l’azienda avvia a compostaggio solo il 10 per cento e avvia a riciclo meno del sette per cento dei rifiuti urbani di Naameh.

Secondo i manifestanti la discarica ha avuto effetti distruttivi sull’ambiente, inquinando le fonti idriche delle zona. I residenti si sono lamentati degli alti livelli di allergie e tumori, dice Abi Rached, aggiungendo che stanno cercando di ottenere l’attenzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) per far fare un’indagine epidemiologica a Naameh e Ain Drafill.

I residenti vicini alla discarica, a cui era stato promesso un risarcimento come parte del contratto di concessione, non hanno ancora ricevuto alcun indennizzo finanziario e questo nonostante una decisione ufficiale nel 2008 abbia riconosciuto e quantificato la compensazione del disagio in 6 dollari per ogni tonnellata di rifiuti inviata in discarica. Dalla creazione della discarica, Averda deve ora circa 30 milioni di dollari alle comunità di Naameh e Ain Drafill.

Il costo praticato da Averda per gestire la discarica, $142 per tonnellata di rifiuti (circa 105 euro) è presumibilmente uno dei più alti al mondo (se si considera che nella ricca e tecnologica UE il costo medio di conferimento di rifiuti in discarica è di 63 €/ton, e nel martoriato Libano pagano quasi il doppio). Secondo Abi Rached, gli attivisti hanno calcolato che il Libano avrebbe dovuto spendere $110,000,000 per la discarica, mentre i costi hanno raggiunto $900 milioni. «Siamo stati derubati di $800 milioni – ha detto il leader ambientalista – Con la nostra protesta chiediamo quattro risposte urgenti alla crisi: avvio di un reale processo di trattamento dei rifiuti nella discarica Naameh, la creazione di compostaggio e centri di smistamento della spazzatura, sostegno dell’industria del riciclo e più educazione ambientale ai singoli cittadini».

di Aldo Ferretti


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