martedì, febbraio 18, 2014
Dopo la giornata festiva di ieri in cui i nordcoreani hanno ricordato la nascita del defunto Kim Jong-il, padre dell’attuale capo del regime Kim Jong-un e figlio del fondatore della dinastia che governa la Corea del Nord dal 1948, Kim Il-sung, la comunità internazionale ha lanciato il più forte atto di accusa contro la leadership nordcoreana. 

Misna - Lo ha fatto attraverso un rapporto presentato questo pomeriggio a Ginevra nella sede del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti umani (Unhrc). In base a un testo ricco di dati, sostenuto anche dalle ricerche di Amnesty International e altri gruppi di difesa dei diritti umani, ma basato concretamente su numerose testimonianze dirette di fuggiaschi dal paese, i ricercatori delle Nazioni Unite hanno segnalato chiaramente la possibilità che il regime finisca davanti a un tribunale internazionale per abuso dei diritti umani, per lo sterminio dei prigionieri nei campi, per avere affamato e posto in condizioni di schiavitù la sua stessa popolazione e per una serie di abusi che non hanno un paragone negli ultimi 60 anni. Abusi non solo brutali ma anche diffusi e applicati su una popolazione inerme. Il Fondo mondiale per l’alimentazione calcola che nel paese, dopo le devastanti carestie degli anni Novanta del secolo scorso che hanno ucciso almeno un milione di persone, siano oggi 3 milioni su 25 milioni di abitanti quanti non hanno di che nutrirsi a sufficienza, mentre il potere mantiene in armi oltre un milione di uomini. Sono oltre 200.000 i prigionieri detenuti in condizioni tra le più dure immaginabili, tra cui anche bambini.

Il rapporto della Commissione d’inchiesta sulla Corea del Nord, istituita nel marzo 2013 dall’Unhrc, accusa anche questo stato totalitario che persegue un arsenale nucleare, di negare le più elementari libertà di pensiero e di espressione e di programmi di sequestri di cittadini sudcoreani e giapponesi da utilizzare per i suoi fini spionistici o come merce di scambio per ottenere fondi e concessioni.

“In molti casi la violazione dei diritti umani accertata da questa commissione costituisce crimini contro l’umanità. Non si tratta soltanto di eccessi dello stato, ma componenti essenziali di un sistema politico che si è discostato molto dagli ideali a cui dice di essersi ispirato”.

“La gravità, estensione e natura di queste violazioni – prosegue il rapporto – rivelano uno stato che non ha alcun parallelo nel mondo contemporaneo”. Per questo il presidente della Commissione Onu, Michael Kirby, ritiene che il mondo non possa più dichiarare la propria ignoranza come scusa per evitare di agire: “Alla fine della seconda guerra mondiale molti dissero: Se solo avessimo saputo… Ora la comunità internazionale sa con certezza”.

Il 20gennaio Kirby aveva inviato al leader nordcoreano Kim Jong-un una lettera, offrendo una qualche forma di dialogo ma anche comunicandogli la possibilità di andare incontro, insieme ad altri esponenti del regime, a un giudizio internazionale per i crimini commessi. Un appello rifiutato da Pyongyang, che ha definito il rapporto una manovra politica e le prove utilizzate dalle Nazioni Unite come “inventate” da parte di “forze ostili”.

Il rapporto suggerisce tra le opzioni l’apertura di un procedimento da parte della Corte di giustizia internazionale, oppure l’istituzione di un apposito tribunale.

Iniziative che Pechino, unico alleato della Corea del Nord, sebbene sempre più insofferente verso le mosse del regime, ha bocciato perché ritiene che “non aiuterebbero a risolvere la situazione dei diritti umani” e ha proposto invece di impegnare il regime in un “dialogo costruttivo”. Rapporto ricevuto invece con favore a Washington, in quanto “documenta con chiarezza e senza equivoci la realtà brutale” della situazione nordcoreana.


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