Si aprirà il 20 febbraio il processo a carico di 20 giornalisti, tra cui alcuni dell’emittente qatariota Al Jazeera, arrestati lo scorso 29 dicembre: lo ha stabilito la Corte di appello del Cairo.
Misna - L’agenzia di stampa ufficiale Mena ha rilanciato la notizia ricordando che l’egitto-canadese Mohamed Abdel Fahmy, l’egiziano Baher Mohammed e l’australiano Peter Greste sono accusati di “sostegno ad un’organizzazione terroristica” e di aver “diffuso false informazioni allo scopo di servire gli interessi dei Fratelli Musulmani”, banditi e dichiarati un’organizzazione terroristica dalle autorità in carica dallo scorso luglio. Sui 20 giornalisti incriminati otto sono in carcere da ormai 45 giorni mentre altri 12 imputati sono latitanti.
Sulla base di quanto scritto dal pm nell’atto d’accusa i tre professionisti non sarebbero stati accreditati presso il ministero dell’Informazione e avrebbero girato e diffuso immagini “volte a ledere all’immagine dell’Egitto all’estero”. Da due mesi la direzione di Al Jazeera, che ha sede in Qatar, paese considerato vicino alla Fratellanza Musulmana, nega in blocco le accuse e chiede il “rilascio incondizionato” dei suoi operatori. L’emittente qatariota ha precisato che solo nove dei 20 giornalisti incriminati sono suoi dipendenti. Di recente è stato prosciolto e liberato Mohamed Badr, che era stato accusato di convolgimento in disordini nella capitale.
Nonostante critiche e condanne della comunità internazionale, Onu e Stati Uniti in primis, le autorità egiziane sorte dal golpe militare di sette mesi fa non accennano ad allentare la presa sulla stampa locale e internazionale. “Negli ultimi mesi ci sono stati numerosi attacchi violenti, crescenti minacce fisiche e verbali e persecuzione ai danni dei giornalisti locali e stranieri” ha denunciato il portavoce della Nazioni Unite, Rupert Colville. “Al di là dell’appartenenza la figura del giornalista va protetta in modo da poter esercitare liberamente la propria professione in Egitto” ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. “E’ inaccettabile che qualunque stato o terza parte interferisca col lavoro delle autorità giudiziarie egiziane” ha replicato Badr Abdel Aaty, portavoce del ministero degli Esteri.
Misna - L’agenzia di stampa ufficiale Mena ha rilanciato la notizia ricordando che l’egitto-canadese Mohamed Abdel Fahmy, l’egiziano Baher Mohammed e l’australiano Peter Greste sono accusati di “sostegno ad un’organizzazione terroristica” e di aver “diffuso false informazioni allo scopo di servire gli interessi dei Fratelli Musulmani”, banditi e dichiarati un’organizzazione terroristica dalle autorità in carica dallo scorso luglio. Sui 20 giornalisti incriminati otto sono in carcere da ormai 45 giorni mentre altri 12 imputati sono latitanti.
Sulla base di quanto scritto dal pm nell’atto d’accusa i tre professionisti non sarebbero stati accreditati presso il ministero dell’Informazione e avrebbero girato e diffuso immagini “volte a ledere all’immagine dell’Egitto all’estero”. Da due mesi la direzione di Al Jazeera, che ha sede in Qatar, paese considerato vicino alla Fratellanza Musulmana, nega in blocco le accuse e chiede il “rilascio incondizionato” dei suoi operatori. L’emittente qatariota ha precisato che solo nove dei 20 giornalisti incriminati sono suoi dipendenti. Di recente è stato prosciolto e liberato Mohamed Badr, che era stato accusato di convolgimento in disordini nella capitale.
Nonostante critiche e condanne della comunità internazionale, Onu e Stati Uniti in primis, le autorità egiziane sorte dal golpe militare di sette mesi fa non accennano ad allentare la presa sulla stampa locale e internazionale. “Negli ultimi mesi ci sono stati numerosi attacchi violenti, crescenti minacce fisiche e verbali e persecuzione ai danni dei giornalisti locali e stranieri” ha denunciato il portavoce della Nazioni Unite, Rupert Colville. “Al di là dell’appartenenza la figura del giornalista va protetta in modo da poter esercitare liberamente la propria professione in Egitto” ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. “E’ inaccettabile che qualunque stato o terza parte interferisca col lavoro delle autorità giudiziarie egiziane” ha replicato Badr Abdel Aaty, portavoce del ministero degli Esteri.
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