martedì, febbraio 18, 2014
Sono giorni di fermento per la politica italiana.  

Radio Vaticana - Questa mattina sono cominciate le consultazioni per formare il nuovo governo. L’incarico è stato conferito ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Matteo Renzi che ha accettato con riserva. Nel pomeriggio sarà il turno, tra gli altri, del Nuovo Centrodestra e della Lega Nord. Quali sono, in questa fase, le insidie e le opportunità per il segretario del Pd? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto allo storico ed editorialista, Ernesto Galli della Loggia: ascolta

R. – Le opportunità risiedono nel fatto che ha una grande credibilità. La sua candidatura, come primo ministro, è stata accolta dal Paese, in grande maggioranza, con favore. Rimane il fatto, però, che il suo governo fondato su un’alleanza con il centrodestra non sembra, per molti, avere possibilità di fare grandi cose. Mettere insieme due forze così diverse, come il centrodestra e il centrosinistra, già in passato non è stato produttivo di grandi capacità di governo. E’ un’alleanza che ha qualcosa di fortemente innaturale, come del resto aveva anche qualcosa di innaturale il governo delle larghe intese.

D. – Quali le analogie e le differenze tra il prossimo esecutivo e il governo Letta?

R. – La maggioranza parlamentare è la medesima. Naturalmente, cambia la guida del governo. Renzi è una personalità completamente diversa. Tutte le speranze di una diversità tra i due governi si riscontrano proprio nella personalità di Renzi, che è una personalità molto attiva, dinamica, energetica. Bisogna, naturalmente, vederlo alla prova e vedere la sua capacità di imporsi alle resistenze che sempre una politica dinamica incontra. Direi che è proprio qui, nella personalità del premier, la vera differenza fra le due coalizioni.

D. – Intanto, Renzi ha già delineato il programma, un programma serrato: oltre alla legge elettorale, ha annunciato riforme nei prossimi mesi anche su lavoro, burocrazia e fisco. Saranno questi i passaggi cruciali per la tenuta della legislatura…

R. – Sì, ma sappiamo bene che in Italia annunciare riforme, portarle perfino all’approvazione del parlamento, è relativamente facile. Relativamente perché c’è il bicameralismo e ci sono le procedure che ogni regolamento delle due Camere prevede. E sono procedure molto lunghe. C’è poi la possibilità di emendamenti a raffica su ogni proposta di legge del governo… Ma il problema è tramutare le leggi in regolamenti attuativi, nel farle applicare. Si è visto con il governo Letta. Ci sono alcune centinaia di provvedimenti che non hanno attuazione perché mancano del regolamento, delle ultime fasi attuative. Forse Renzi, più che promettere in tempi peraltro rapidissimi – veramente troppo rapidi rispetto alla prassi italiana – avrebbe fatto bene a dire qualcosa, a promettere l’attuazione dei provvedimenti precedenti. Mi rendo conto che questo all’opinione pubblica non dice molto e non ha un aspetto molto attraente, però qualche parola, in questo senso, avrebbe potuta dirla. Questo, infatti, è uno dei veri punti della paralisi del Paese: il fatto che esista una burocrazia, un insieme di procedure che immobilizzano anche la volontà più riformatrice del governo più riformatore. E’ proprio il problema di una macchina dello Stato che non risponde più al comando politico. Questo è uno dei grandi problemi del governare il Paese.


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