Piccola storia di una bugia fuori moda: il dossier di Greenpeace che si ispira alla favola "I vestiti nuovi dell'Imperatore".
Versace, Louis Vuitton, Dior e Dolce&Gabbana tra i marchi accusati dagli ambientalisti
GreenReport - Alla vigilia della Settimana della Moda di Milano, Greenpeace International lancia un nuovo rapporto, “Piccola storia di una bugia fuori moda”, che rivela la presenza di sostanze chimiche pericolose nei vestiti per bambini di alcuni dei più famosi marchi dell’alta moda, tra cui Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana. Per accompagnare il lancio del rapporto gli ambientalisti hanno realizzato una serie di immagini che riprendono la favola “I vestiti nuovi dell’Imperatore” di Hans Christian Andersen, e spiegano che «accanto alla modella Eugenia Volodina (foto di Andrea Massari) un piccolo re, dopo aver scoperto che perfino i vestiti per bambini più esclusivi contengono sostanze chimiche pericolose, espone la verità al mondo, e sfida i marchi a produrre una moda libera da queste sostanze per lui e per tutti i bambini del mondo».
Secondo le analisi degli indumenti e delle calzature commissionate da Greenpeace «le stesse sostanze chimiche pericolose usate dai marchi di largo consumo sono impiegate anche per produrre capi esclusivi dell’alta moda. Non solo, la concentrazione di una sostanza (nonilfenoli etossilati o NPEs) in capi etichettati come “Made in Italy” fa venire il dubbio che questi potrebbero non essere stati prodotti interamente in Europa».
Sono stati testati 27 prodotti di 8 case d’alta moda: 16 di questi, dei quali 8 Made in Italy, «sono risultati positivi per una o più delle seguenti sostanze chimiche: nonilfenoli etossilati (NPEs ), ftalati, composti perflorurati e polifluorurati e antimonio. La più alta concentrazione di nonilfenoli è stata rilevata in una delle ballerine Louis Vuitton prodotte in Italia e vendute in Svizzera, mentre la concentrazione più elevata di PFCs in una giacca di Versace – dice il rapporto – Alcune di queste sostanze, quando vengono rilasciate nei corsi d’acqua durante il ciclo di produzione oppure dagli stessi vestiti durante il lavaggio, hanno la proprietà di accumularsi negli organismi viventi e di interferire con il sistema endocrino».
Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia, sottolinea che «il successo dei marchi dell’alta moda è costruito interamente sull’esclusività e l’eccellenza dei loro prodotti. Il nostro rapporto, invece, dimostra che marchi come Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana illudono i loro clienti con vere e proprie bugie. E non è un problema che interessa solo chi può permettersi questi prodotti di lusso, perché l’inquinamento tocca ognuno di noi. Sta ora a questi marchi fare chiarezza sull’etichetta “Made in Italy” che esibiscono, ripulire le loro filiere e capire che noi consumatori non ci lasciamo prendere in giro facilmente. E’ ora che i marchi dell’alta moda siano coerenti con la loro reputazione e passino dalla parte di coloro che lavorano per un futuro libero da sostanze tossiche. Assumendo l’impegno Detox per le loro filiere, marchi come Valentino e Burberry hanno già dimostrato che si può produrre un’alta moda che non costi nulla al pianeta. Cosa aspettano invece Versace, Louis Vuitton, Dior o Dolce&Gabbana?»
Fino ad ora Nike, Adidas Puma, H&M, M&S, C&A, Li-Ning, Zara, Mango, Esprit, Levi’s, Uniqlo, Benetton, Victoria’s Secret, G-Star Raw, Valentino, Coop, Canepa, Burberry e Primark hanno sottoscritto finora l’impegno Detox di Greenpeace, che ha l’obiettivo di assicurare la trasparenza della filiera, richiedendo ai propri fornitori di pubblicare i dati sugli scarichi delle sostanze chimiche pericolose e di azzerare gli scarichi di sostanze chimiche pericolose entro il 2020.
GreenReport - Alla vigilia della Settimana della Moda di Milano, Greenpeace International lancia un nuovo rapporto, “Piccola storia di una bugia fuori moda”, che rivela la presenza di sostanze chimiche pericolose nei vestiti per bambini di alcuni dei più famosi marchi dell’alta moda, tra cui Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana. Per accompagnare il lancio del rapporto gli ambientalisti hanno realizzato una serie di immagini che riprendono la favola “I vestiti nuovi dell’Imperatore” di Hans Christian Andersen, e spiegano che «accanto alla modella Eugenia Volodina (foto di Andrea Massari) un piccolo re, dopo aver scoperto che perfino i vestiti per bambini più esclusivi contengono sostanze chimiche pericolose, espone la verità al mondo, e sfida i marchi a produrre una moda libera da queste sostanze per lui e per tutti i bambini del mondo».
Secondo le analisi degli indumenti e delle calzature commissionate da Greenpeace «le stesse sostanze chimiche pericolose usate dai marchi di largo consumo sono impiegate anche per produrre capi esclusivi dell’alta moda. Non solo, la concentrazione di una sostanza (nonilfenoli etossilati o NPEs) in capi etichettati come “Made in Italy” fa venire il dubbio che questi potrebbero non essere stati prodotti interamente in Europa».
Sono stati testati 27 prodotti di 8 case d’alta moda: 16 di questi, dei quali 8 Made in Italy, «sono risultati positivi per una o più delle seguenti sostanze chimiche: nonilfenoli etossilati (NPEs ), ftalati, composti perflorurati e polifluorurati e antimonio. La più alta concentrazione di nonilfenoli è stata rilevata in una delle ballerine Louis Vuitton prodotte in Italia e vendute in Svizzera, mentre la concentrazione più elevata di PFCs in una giacca di Versace – dice il rapporto – Alcune di queste sostanze, quando vengono rilasciate nei corsi d’acqua durante il ciclo di produzione oppure dagli stessi vestiti durante il lavaggio, hanno la proprietà di accumularsi negli organismi viventi e di interferire con il sistema endocrino».
Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion Duel di Greenpeace Italia, sottolinea che «il successo dei marchi dell’alta moda è costruito interamente sull’esclusività e l’eccellenza dei loro prodotti. Il nostro rapporto, invece, dimostra che marchi come Versace, Louis Vuitton e Dolce&Gabbana illudono i loro clienti con vere e proprie bugie. E non è un problema che interessa solo chi può permettersi questi prodotti di lusso, perché l’inquinamento tocca ognuno di noi. Sta ora a questi marchi fare chiarezza sull’etichetta “Made in Italy” che esibiscono, ripulire le loro filiere e capire che noi consumatori non ci lasciamo prendere in giro facilmente. E’ ora che i marchi dell’alta moda siano coerenti con la loro reputazione e passino dalla parte di coloro che lavorano per un futuro libero da sostanze tossiche. Assumendo l’impegno Detox per le loro filiere, marchi come Valentino e Burberry hanno già dimostrato che si può produrre un’alta moda che non costi nulla al pianeta. Cosa aspettano invece Versace, Louis Vuitton, Dior o Dolce&Gabbana?»
Fino ad ora Nike, Adidas Puma, H&M, M&S, C&A, Li-Ning, Zara, Mango, Esprit, Levi’s, Uniqlo, Benetton, Victoria’s Secret, G-Star Raw, Valentino, Coop, Canepa, Burberry e Primark hanno sottoscritto finora l’impegno Detox di Greenpeace, che ha l’obiettivo di assicurare la trasparenza della filiera, richiedendo ai propri fornitori di pubblicare i dati sugli scarichi delle sostanze chimiche pericolose e di azzerare gli scarichi di sostanze chimiche pericolose entro il 2020.
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