lunedì, marzo 10, 2014
La crisi di una regione contesa e a un passo dall'inizio di una guerra civile e militare, raccontata attraverso le parole di Lucia Goracci che attualmente si trova in Crimea, a Simferolopoli, con una troupe composta da collaboratori ucraini.

di Lucia Goracci 

Voglio parlare dei ragazzi che lavorano con me qui in Crimea. Mstislav, l’interprete (gli ho detto “ti chiamerò Misti, perché altrimenti, con un nome così lungo non andiamo in onda”) e Valerij, l’autista. Difficilmente due persone potrebbero essere più diverse, difficilmente potrebbero andare così d’accordo. Misti è un fotografo freelance molto bravo. Ha passato settimane, mesi a Euromaidan a Kiev. Ha scattato foto dolorose e bellissime. Mi ha promesso di regalarmele per il sito di Rainews. Misti è di Kharkiv, o Kharkov, la città che secondo come la pronunci fai felici gli ucraini o i russi. Un po’ come ai tempi di Kòsovo e Kosòva, perché forse ha ragione Miki quando dice che è tutto già visto e forse già scritto, che la storia si ripete. Che quando hai la casa in mezzo alla strada il tuo destino è segnato. Fanno un bel trio Miki, Misti e Valerij. Tre slavi: la minoranza sono io. Miki è per loro come un vecchio padre e come un vecchio maniaco si dà di gomito con loro quando passano le ragazze in minigonna. Che poi come faranno ad andare in minigonna, quando io oggi a Kerch avrei scuoiato un allevamento di ermellini, tanto faceva freddo...

Misti è l’intellettuale. Ha il padre russo, la nonna russa e la bisnonna ancora ossessionata dai tedeschi, che ora a Kharkiv in giro non se ne vedono, ma lei ne ha ancora paura. Misti è per metà russo, però i russi non li vuole tra i piedi. E la Crimea non vorrebbe dargliela neanche morto. Quando gli intervistati ci dicono di voler passare con Mosca perché ora l’Ucraina entra in Europa, sussurra: magari. E quando ha visto quel popò di colonna di carri russi pieni di soldati, alle porte di Simferopoli, ha mormorato a mezza bocca: “We are fucked…”. Che è strano perché Misti le parolacce non le dice: veste sempre di blu, la copertina del suo tablet è uno spartito di Mozart e sembra uscito da un quadro di Chagall, tanto è aggraziato ed etereo.

Valerij sulla politica non si pronuncia e questo fa pensare a tutti che i russi non gli dispiacciano. Forse si vergogna a dirlo, ma è di sicuro un pezzettino di quella Crimea che crede che i russi porteranno soldi, ordine, rispetto. Uno di quelli che l’Europa è lontana e io ho una moglie e tre figli da tirare su. Lui il territorio non lo conosce, lo fiuta. E il convoglio russo pieno di soldati ieri, quando gli è arrivata la notizia – sì ce l’ha data Valerij il tassista la notizia – sembrava matto finchè non l'ha trovato. E quando lo ha trovato Miki gli ha detto:” Bravo! You are in the story!”.

Praticamente la nostra auto è divisa a metà: davanti un serbo e un autista che vede bene più Putin di Obama, dietro due pseudointellettuali pseudoidealisti – Misti e io – che sanno di avere già perso. Ma Misti sta insegnando a Valerij a usare la macchina fotografica. E quando tra noi parliamo in inglese, che Valerij è il solo a non conoscere, gli traduce tutto, per non tagliarlo fuori, anche gli sbadigli.

Eccola, l’Ucraina che qualcuno vorrebbe dividere.


Sono presenti 2 commenti

Anonimo ha detto...

pessimo articolo Rolando Dubini

Anonimo ha detto...

cara Lucia
avrai studiato alla Luiss e preso premi
per questo quando manipoli le notizie con sentimentale retorica sei anche piu in malafede

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