Dopo i Fratelli musulmani, ora messa fuori legge anche Hamas.
Radio Vaticana - Lo ha deciso oggi in Egitto la Corte per le questioni urgenti, che ha così vietato tutte le attività del movimento fondamentalista palestinese che ha sede nella Striscia di Gaza. Il Tribunale ha anche ordinato il sequestro dei beni e della sede di Hamas al Cairo. Sulle conseguenze della decisione in Egitto e in tutto il Medio Oriente, Giancarlo La Vella ha intervistato Luciano Ardesi, analista politico: ascolta
R. – Sicuramente, è anche un tentativo da parte dei militari di mettere sotto controllo il Paese e tutto il territorio. E, naturalmente, il fatto che l’Egitto sia diventato anche uno dei terreni di ripiego delle formazioni palestinesi questo ha suggerito al regime militare egiziano di adottare tale misura.
D. – Potrebbero esserci ricadute negative sulla situazione israelo-palestinese?
R. – Certamente, questo provvedimento del governo egiziano costituisce per Hamas un duro colpo. E’ difficile, però, dire quanto questo possa influenzare la questione israelo-palestinese. Hamas, comunque, ha le proprie radici in Palestina, a Gaza, e quindi l’Egitto costituisce per Hamas un terreno di ripiego e anche di riorganizzazione. Ma è difficile che questa singola misura abbia un’influenza decisiva nel contesto mediorientale. Rimane da vedere quale sarà, poi, la reazione di Hamas nei confronti del governo egiziano e quali saranno, anche ed eventualmente, le reazioni di alcune formazioni egiziane che sono alleate o comunque hanno in simpatia Hamas.
D. – E' una decisione – questa egiziana – che va in conflitto con i tentativi della comunità internazionale, soprattutto degli Stati Uniti, di riportare il dialogo con Hamas sul piano politico?
R. – Credo che il Cairo abbia voluto anche dare un segnale proprio agli Stati Uniti e all’Europa sulla sua intenzione di separare le vicende interne che il Paese sta vivendo – tra l’altro, con la disapprovazione della comunità internazionale, vista la sospensione dei risultati delle elezioni, con la messa fuori legge dei Fratelli musulmani e con la futura elezione di un militare alla testa dello Stato. Quindi, un segnale in questo senso che dice anche che la questione israelo-palestinese non ha invece a che fare con le vicende interne dello Stato. E quindi l’Egitto, che si è sempre proposto come un attore, un protagonista della soluzione israelo-palestinese, ecco che in questo modo forse vuole proiettarsi comunque su questo scenario. Il fatto poi di avere messo fuori legge Hamas non impedirà poi di sedersi comunque ad una discussione sul futuro del Medio Oriente. Anzi, lo porterà su posizioni forse di maggiore chiarezza e di forza.
Radio Vaticana - Lo ha deciso oggi in Egitto la Corte per le questioni urgenti, che ha così vietato tutte le attività del movimento fondamentalista palestinese che ha sede nella Striscia di Gaza. Il Tribunale ha anche ordinato il sequestro dei beni e della sede di Hamas al Cairo. Sulle conseguenze della decisione in Egitto e in tutto il Medio Oriente, Giancarlo La Vella ha intervistato Luciano Ardesi, analista politico: ascolta
R. – Sicuramente, è anche un tentativo da parte dei militari di mettere sotto controllo il Paese e tutto il territorio. E, naturalmente, il fatto che l’Egitto sia diventato anche uno dei terreni di ripiego delle formazioni palestinesi questo ha suggerito al regime militare egiziano di adottare tale misura.
D. – Potrebbero esserci ricadute negative sulla situazione israelo-palestinese?
R. – Certamente, questo provvedimento del governo egiziano costituisce per Hamas un duro colpo. E’ difficile, però, dire quanto questo possa influenzare la questione israelo-palestinese. Hamas, comunque, ha le proprie radici in Palestina, a Gaza, e quindi l’Egitto costituisce per Hamas un terreno di ripiego e anche di riorganizzazione. Ma è difficile che questa singola misura abbia un’influenza decisiva nel contesto mediorientale. Rimane da vedere quale sarà, poi, la reazione di Hamas nei confronti del governo egiziano e quali saranno, anche ed eventualmente, le reazioni di alcune formazioni egiziane che sono alleate o comunque hanno in simpatia Hamas.
D. – E' una decisione – questa egiziana – che va in conflitto con i tentativi della comunità internazionale, soprattutto degli Stati Uniti, di riportare il dialogo con Hamas sul piano politico?
R. – Credo che il Cairo abbia voluto anche dare un segnale proprio agli Stati Uniti e all’Europa sulla sua intenzione di separare le vicende interne che il Paese sta vivendo – tra l’altro, con la disapprovazione della comunità internazionale, vista la sospensione dei risultati delle elezioni, con la messa fuori legge dei Fratelli musulmani e con la futura elezione di un militare alla testa dello Stato. Quindi, un segnale in questo senso che dice anche che la questione israelo-palestinese non ha invece a che fare con le vicende interne dello Stato. E quindi l’Egitto, che si è sempre proposto come un attore, un protagonista della soluzione israelo-palestinese, ecco che in questo modo forse vuole proiettarsi comunque su questo scenario. Il fatto poi di avere messo fuori legge Hamas non impedirà poi di sedersi comunque ad una discussione sul futuro del Medio Oriente. Anzi, lo porterà su posizioni forse di maggiore chiarezza e di forza.
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