Il Papa festeggia ad Ariccia
l'anniversario dell'elezione
di Paolo Fucili
La “franceschiade”, la chiama il diretto interessato, magari passerà pure prima o poi, come lui ne è sicuro e ha confidato a qualche collaboratore. Ma almeno per adesso non accenna a perdere neppure un grammo di slancio, a 12 mesi esatti dal “fratelli e sorelle buonasera” che rivelò al mondo la tempra umile e semplice, vigorosa e risoluta insieme del “personaggio” Francesco, alias Jorge Mario Bergoglio, 76 (allora) anni, gesuita, già arcivescovo di Buenos Aires, che oggi 13 marzo 2014 “festeggia” (ma conoscendolo, il “low profile” è garantito) il primo anniversario dell'elezione a Pontefice.
Ammesso che ce ne fosse il bisogno, lo ha certificato ieri anche l'Eurispes. Per la statistica, 87 italiani su 100 apprezzano il Papa argentino, 4 appena sono gli scettici, 8 gli immancabili indecisi. E contestualmente la rilevazione sul “grado” di fiducia nella Chiesa è salita di nuovo di ben 12 punti percentuali sull'anno prima, rasentando ora il 50%, miglior risultato degli ultmi 6 anni.
Per i lettori di “Famiglia cristiana”, storica testata dei paolini, e “Credere”, il neonato settimanale del medesimo editore, il paragone più calzante che subito viene in mente è con Francesco d'Assisi, seguito da Giovanni XXIII. Richiesti invece di azzardare un confronto con personaggi del cinema o della letteratura, 33 su 100 han pensato al don Camillo di Guareschi, 20 a Robin Hood, 5 addirittura al nerboruto “gladiatore” Russell Crowe. Ma quel che più conta, venendo a faccende un poco più serie, è che 70 si sentono “cambiati” grazie a lui, 58 hanno riscoperto la fede come “gioia” e non solo “doveri”. Un 27% ha detto pure di avere adottato uno stile di vita più sobrio, e 4 su 10 comunque dichiarano di frequentare con più assiduità ora le chiese.
Anche il direttore della
Caritas di Roma, mons. Enrico Feroci, dalla sua speciale (ma assai
cara, al Papa della Chiesa “povera per i poveri”) visuale
registra un dato non eclatante, forse, però indicativo: sempre più
gente ultimamente si presta ad attività di volontariato per i più
bisognosi. E per chi accusa (e non sono pochi) di pauperismo un certo
“stile” personale e pastorale del Pontefice la risposta è subito
pronta, ed è un richiamo ad interrogarsi sul perché Francesco citi
spesso Matteo 25, l'ultraterreno giudizio finale che come noto (uomo
avvisato, mezzo salvato...) verterà anzitutto sull'aver compiuto o
no in vita le sette opere di misericordia corporale, le chiama il
vecchio catechismo (dar da mangiare agli affamati, per intenderci, da
bene agli assetati, vestire gli ignudi e via discorrendo): “non è
una scelta ideologica o di facciata, fatta per accattivarsi la gente:
è Vangelo”, replica perciò sicuro monsignor Feroci.
La rassegna “casuale” e parziale fin qui proposta di feedback statistici sulla popolarità del Pontefice va da sé che non ha ovviamente pretesa alcuna di esaustività. Del profluvio di commenti, analisi, dichiarazioni, auguri dedicati finora a sua santità nella fausta ricorrenza neppure proviamo a dar conto. Il pensiero, semmai, va da sé in quel di Ariccia, amena periferia sudorientale della capitale, nota ai più almeno finora come meta di allegre gite fuori porta, con immancabile degustazione di porchetta e altre rustiche (e gustose!) specialità della zona.
Che anche vescovi, cardinali e Papa abbiano avuto un assaggio è ipotesi sicuramente simpatica, anche se ricchi pasti stonerebbero forse con l'atmosfera di sobrio raccoglimento che si addice ad una settimana di esercizi spirituali, quelli che sua Santità e i suoi collaboratori della Curia romana stanno svolgendo là, appunto, da domenica fino a domani, sotto la guida di un semplice parroco di Roma, don Angelo De Donatis.
Tutto rigorosamente off limits per curiosi e giornalisti, salvo qualche scarno resoconto dei media “ufficiali” vaticani. Ma dal poco che pure si è visto, in qualche foto, Francesco ha “personalizzato” anche questo appuntamento, consuetudine di vecchia data, per il Papa e la Curia, ad ogni inizio quaresima. Non solo ha raggiunto Ariccia accomodandosi sul pullman insieme a tutti gli altri, ma pure là prende posto nelle ultime file della cappella dove il predicatore tiene le meditazioni, in mezzo a tutti gli altri, con la bianca veste che spicca in mezzo al restante nero.
Non sono superman,
predica di sé ad ogni occasione buona (ma non per questo non ha
disdegnato l'incontro con un artista che tale lo ha ritratto su un
muro non lontano da san Pietro). Anzi, la “mitologia” attorno a
sé lo infastidisce non poco. “Sono una persona normale”, ha
ribadito pochi giorni orsono al Corriere della sera. Concetto questo
meritevole di un breve approfondimento.
“Normalità”, in una parola, potremmo definire il clima che si è ristabilito nei non facili mai (comunque) rapporti tra Papa, palazzi vaticani e universo massmediatico della comunicazione. E ricordando l'altro clima, greve e pesante, che caratterizzò su giornali e TV il finale dell'assai più travagliato (per quel che in confronto si è visto sinora) pontificato Ratzinger, il cambiamento non è cosa da poco. Il Vaticano in genere da un anno a questa parte non “fa notizia” solo per scandali, intrighi, magagne varie ed eventuali, è chiaro ed evidente a tutti. E nel “bilancio” (anche se a sua Santità, ipse dixit allo stesso Corriere di prima, piacciono poco) del primo anno di Francesco sul soglio di Pietro, non si può non tenerne conto.
“Normalità” è pure il filo conduttore, il minimo comun denominatore, il leit motiv o chiamatelo come vi pare di tanti picoli “segni”, relativi al Bergoglio “personaggio” come si è fatto finora conoscere, che hanno suscitato un generalizzato favore presso l'opinione pubblica. Dal risiedere a santa Marta al portarsi da sé in viaggio il bagaglio a mano, dall'utilizzare automezzi poco vistosi (la “Focus”, la “Fiat idea” brasiliana) allo scegliere da subito un abbigliamento meno “solenne”, tra tutto il “guardaroba” papale. Meno “normale” è invitare a colazione, per festeggiare il compleanno, tre senza fissa dimora al proprio tavolo, ma è quel che è successo: e comunque, come biasimarlo?
Per non dire della “normalità”, si potrebbe anch'esso definire, dello “stile” con cui Francesco scrive e parla, fatto di informalità (specie a Santa Marta), passione e soprattutto concretezza estrema. A passare però in rassegna temi e motivi centrali del magistero non ci avventuriamo neppure, tanto e tale spazio (oltre che ragionamento) richiederebbe (né questo era l'intento di partenza). Si può comunque evidenziare in breve uno “spiccare”, per enfasi e frequenza, di idee come “tenerezza”, “misericordia”, “uscire” (della Chiesa verso il “mondo”) e altre ancora che suggeriscono nell'insieme un'idea più “calda”, “accogliente”, “compassionevole” a anche intimamente “positiva”, “speranzosa”, di cristianesimo e di Chiesa, più “vicini” in spirito all'uomo di oggi.
Stesso discorso, ovvero l'impossibilità di fare qui analisi e sintesi, vale per gli importanti “disegni” riformatori dell'apparato curiale vaticano che Francesco sta progettando, sulla base della considerazione che questo, durante il pre-conclave, molti cardinali volevano che il Papa nuovo (chiunque fosse) assumesse come “punto” programmatico del suo pontificato. La materia è complessa e pure controversa, ma il piglio risoluto del Papa ha tutta l'aria di essere quel che ci vuole.
Contestazioni (dalle più smaccatamente plateali a quelle diplomaticamente sussurrate a mezza bocca) non mancano neppure, come è tutto sommato “fisiologico” forse che sia. Dal “pauperismo” citato già (ma pure la contro-obiezione citata anch'essa non era male) ad una certa presunta “freddezza” nel prendere le difese (diciamo così) del magistero cattolico e delle posizioni dottrinali della Chiesa su temi sensibili, per porzioni non piccole dell'orbe cattolico, quali tutela della vita, matrimonio e famiglia, morale sessuale e via dicendo. Su “come” sia effettivamente seguita magari si può opinare, ma la “linea” è chiara e ha dalla sua parecchie buone ragioni, già individuate peraltro dai predecessori a cui qualche contestatore si appella: non è necessario ovvero parlarne sempre, ma “in un contesto”, come spiegato nella famosa intervista a La Civiltà cattolica, trovando “un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali».
Rimane il dato da cui siamo partiti, ovvero il favore popolare quasi unanime che da subito ha attorniato il papa venuto “dalla fine del mondo”, tra il gregge dei fedeli più devoti ma soprattutto fuori. Che ovviamente non è, per un cristiano, un criterio probante al 100% dell'autenticità e verità del suo essere tale. Ma il nudo e crudo dato di cronaca va registrato e magari meditato anche, nell'occasione felice dell'anniversario. Prendiamolo comunque con cautela, come segno se non altro di benevola curiosità, disarmata apertura di credito che pure non è poco, ma non è neppure uno scontato frutto dello scontato effetto “novità” del cambio di pontificato. E allora... ad multos annos, Santità!
La “franceschiade”, la chiama il diretto interessato, magari passerà pure prima o poi, come lui ne è sicuro e ha confidato a qualche collaboratore. Ma almeno per adesso non accenna a perdere neppure un grammo di slancio, a 12 mesi esatti dal “fratelli e sorelle buonasera” che rivelò al mondo la tempra umile e semplice, vigorosa e risoluta insieme del “personaggio” Francesco, alias Jorge Mario Bergoglio, 76 (allora) anni, gesuita, già arcivescovo di Buenos Aires, che oggi 13 marzo 2014 “festeggia” (ma conoscendolo, il “low profile” è garantito) il primo anniversario dell'elezione a Pontefice.
Ammesso che ce ne fosse il bisogno, lo ha certificato ieri anche l'Eurispes. Per la statistica, 87 italiani su 100 apprezzano il Papa argentino, 4 appena sono gli scettici, 8 gli immancabili indecisi. E contestualmente la rilevazione sul “grado” di fiducia nella Chiesa è salita di nuovo di ben 12 punti percentuali sull'anno prima, rasentando ora il 50%, miglior risultato degli ultmi 6 anni.
Per i lettori di “Famiglia cristiana”, storica testata dei paolini, e “Credere”, il neonato settimanale del medesimo editore, il paragone più calzante che subito viene in mente è con Francesco d'Assisi, seguito da Giovanni XXIII. Richiesti invece di azzardare un confronto con personaggi del cinema o della letteratura, 33 su 100 han pensato al don Camillo di Guareschi, 20 a Robin Hood, 5 addirittura al nerboruto “gladiatore” Russell Crowe. Ma quel che più conta, venendo a faccende un poco più serie, è che 70 si sentono “cambiati” grazie a lui, 58 hanno riscoperto la fede come “gioia” e non solo “doveri”. Un 27% ha detto pure di avere adottato uno stile di vita più sobrio, e 4 su 10 comunque dichiarano di frequentare con più assiduità ora le chiese.
La rassegna “casuale” e parziale fin qui proposta di feedback statistici sulla popolarità del Pontefice va da sé che non ha ovviamente pretesa alcuna di esaustività. Del profluvio di commenti, analisi, dichiarazioni, auguri dedicati finora a sua santità nella fausta ricorrenza neppure proviamo a dar conto. Il pensiero, semmai, va da sé in quel di Ariccia, amena periferia sudorientale della capitale, nota ai più almeno finora come meta di allegre gite fuori porta, con immancabile degustazione di porchetta e altre rustiche (e gustose!) specialità della zona.
Che anche vescovi, cardinali e Papa abbiano avuto un assaggio è ipotesi sicuramente simpatica, anche se ricchi pasti stonerebbero forse con l'atmosfera di sobrio raccoglimento che si addice ad una settimana di esercizi spirituali, quelli che sua Santità e i suoi collaboratori della Curia romana stanno svolgendo là, appunto, da domenica fino a domani, sotto la guida di un semplice parroco di Roma, don Angelo De Donatis.
Tutto rigorosamente off limits per curiosi e giornalisti, salvo qualche scarno resoconto dei media “ufficiali” vaticani. Ma dal poco che pure si è visto, in qualche foto, Francesco ha “personalizzato” anche questo appuntamento, consuetudine di vecchia data, per il Papa e la Curia, ad ogni inizio quaresima. Non solo ha raggiunto Ariccia accomodandosi sul pullman insieme a tutti gli altri, ma pure là prende posto nelle ultime file della cappella dove il predicatore tiene le meditazioni, in mezzo a tutti gli altri, con la bianca veste che spicca in mezzo al restante nero.
“Normalità”, in una parola, potremmo definire il clima che si è ristabilito nei non facili mai (comunque) rapporti tra Papa, palazzi vaticani e universo massmediatico della comunicazione. E ricordando l'altro clima, greve e pesante, che caratterizzò su giornali e TV il finale dell'assai più travagliato (per quel che in confronto si è visto sinora) pontificato Ratzinger, il cambiamento non è cosa da poco. Il Vaticano in genere da un anno a questa parte non “fa notizia” solo per scandali, intrighi, magagne varie ed eventuali, è chiaro ed evidente a tutti. E nel “bilancio” (anche se a sua Santità, ipse dixit allo stesso Corriere di prima, piacciono poco) del primo anno di Francesco sul soglio di Pietro, non si può non tenerne conto.
“Normalità” è pure il filo conduttore, il minimo comun denominatore, il leit motiv o chiamatelo come vi pare di tanti picoli “segni”, relativi al Bergoglio “personaggio” come si è fatto finora conoscere, che hanno suscitato un generalizzato favore presso l'opinione pubblica. Dal risiedere a santa Marta al portarsi da sé in viaggio il bagaglio a mano, dall'utilizzare automezzi poco vistosi (la “Focus”, la “Fiat idea” brasiliana) allo scegliere da subito un abbigliamento meno “solenne”, tra tutto il “guardaroba” papale. Meno “normale” è invitare a colazione, per festeggiare il compleanno, tre senza fissa dimora al proprio tavolo, ma è quel che è successo: e comunque, come biasimarlo?
Per non dire della “normalità”, si potrebbe anch'esso definire, dello “stile” con cui Francesco scrive e parla, fatto di informalità (specie a Santa Marta), passione e soprattutto concretezza estrema. A passare però in rassegna temi e motivi centrali del magistero non ci avventuriamo neppure, tanto e tale spazio (oltre che ragionamento) richiederebbe (né questo era l'intento di partenza). Si può comunque evidenziare in breve uno “spiccare”, per enfasi e frequenza, di idee come “tenerezza”, “misericordia”, “uscire” (della Chiesa verso il “mondo”) e altre ancora che suggeriscono nell'insieme un'idea più “calda”, “accogliente”, “compassionevole” a anche intimamente “positiva”, “speranzosa”, di cristianesimo e di Chiesa, più “vicini” in spirito all'uomo di oggi.
Stesso discorso, ovvero l'impossibilità di fare qui analisi e sintesi, vale per gli importanti “disegni” riformatori dell'apparato curiale vaticano che Francesco sta progettando, sulla base della considerazione che questo, durante il pre-conclave, molti cardinali volevano che il Papa nuovo (chiunque fosse) assumesse come “punto” programmatico del suo pontificato. La materia è complessa e pure controversa, ma il piglio risoluto del Papa ha tutta l'aria di essere quel che ci vuole.
Contestazioni (dalle più smaccatamente plateali a quelle diplomaticamente sussurrate a mezza bocca) non mancano neppure, come è tutto sommato “fisiologico” forse che sia. Dal “pauperismo” citato già (ma pure la contro-obiezione citata anch'essa non era male) ad una certa presunta “freddezza” nel prendere le difese (diciamo così) del magistero cattolico e delle posizioni dottrinali della Chiesa su temi sensibili, per porzioni non piccole dell'orbe cattolico, quali tutela della vita, matrimonio e famiglia, morale sessuale e via dicendo. Su “come” sia effettivamente seguita magari si può opinare, ma la “linea” è chiara e ha dalla sua parecchie buone ragioni, già individuate peraltro dai predecessori a cui qualche contestatore si appella: non è necessario ovvero parlarne sempre, ma “in un contesto”, come spiegato nella famosa intervista a La Civiltà cattolica, trovando “un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali».
Rimane il dato da cui siamo partiti, ovvero il favore popolare quasi unanime che da subito ha attorniato il papa venuto “dalla fine del mondo”, tra il gregge dei fedeli più devoti ma soprattutto fuori. Che ovviamente non è, per un cristiano, un criterio probante al 100% dell'autenticità e verità del suo essere tale. Ma il nudo e crudo dato di cronaca va registrato e magari meditato anche, nell'occasione felice dell'anniversario. Prendiamolo comunque con cautela, come segno se non altro di benevola curiosità, disarmata apertura di credito che pure non è poco, ma non è neppure uno scontato frutto dello scontato effetto “novità” del cambio di pontificato. E allora... ad multos annos, Santità!
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