mercoledì, marzo 12, 2014
Grande entusiasmo nella Repubblica di Corea, all’indomani dell’annuncio della visita pastorale di Papa Francesco nel Paese asiatico a metà agosto. "Quella di Francesco - scrivono in un messaggio i vescovi sudcoreani - è una visita all'intero continente asiatico". Soprattutto tra i poveri e i disagiati delle grandi città la gioia è diffusa e già fervono i preparativi in vista di agosto. A Song-nam, nella periferia di Seul, è presente uno centri Caritas più importanti del paese.

Radio Vaticana - Fondato da padre Vincenzo Bordo, missionario degli Oblati di Maria Immacolata, accoglie circa 500 senza fissa dimora al giorno. Davide Dionisi ha chiesto al sacerdote in che modo è stata accolta la notizia dai suoi ospiti:
R. – Con grande entusiasmo e grande gioia, soprattutto qui dove siamo noi, un centro per homeless, barboni e gente di strada. Al sentire la notizia sono stati tutti euforici. Quando il Papa, infatti, ha festeggiato il compleanno e ha invitato tre barboni, con un cane, ho divulgato la notizia a tutti i miei ospiti che, sapendo quindi che il Papa sarebbe venuto in Corea, hanno detto: “Ma allora verrà a trovare anche noi! Se invita i barboni a casa sua, verrà qui da noi, che siamo 500-600”. Quindi, c’è grande attesa e aspettativa da parte di tutti gli amici della strada per poterlo vedere, per il gesto che ha fatto di apprezzamento, di riconoscimento nei confronti della gente di strada.

D. - In che modo vi preparerete?

R. – Innanzitutto, far conoscere chi è il Papa. Qui, siamo in un ambiente non cattolico e non cristiano e del Papa, della Chiesa cattolica, conoscono pochissimo. La prima cosa è far conoscere chi sia questa persona, cosa faccia e cosa sia la Chiesa cattolica. Ci sarà, dunque, una preparazione di catechesi per queste persone, che è un primo annuncio, perché non conoscono né Gesù né la Chiesa e tantomeno il Papa. Sarà un’occasione, dunque, per evangelizzare.

D. - Non abituarsi alle situazioni di degrado e di miseria che incontriamo camminando per le strade delle nostre città: lei ha un rapporto quotidiano con gli ultimi e ha fatto suo questo messaggio di Papa Francesco fin dalla nascita del Centro Caritas. Quali sentimenti prova un missionario che si è fatto interprete di tale appello nella periferia di Seul?

R. – Grande gioia quando ho sentito queste parole del Papa, perché per 20 anni – sono 22 anni che sono in questa pastorale – alcune volte mi sono sentito deriso, abbandonato, anche oltraggiato. Il Papa che riconosce questo lavoro, che dice che questi sono fratelli che soffrono, mi dà tanto coraggio e dà tanto coraggio alla gente che è sulla strada. Dicono: “Ma il Papa, che è una persona così importante, si ricorda di noi?”. Queste sono situazioni di sofferenza che spesso la gente non vede, non conosce o non vuol vedere. Il fatto che il Papa se ne sia reso conto e l’abbia proposto all’attenzione di tutti dà consolazione, speranza, gioia a tutti i nostri amici, che vivono sulla strada.

D. – Com’è cambiata la Corea dal 1989, anno della seconda visita di Giovanni Paolo II, ad oggi? Quali sono le nuove sfide pastorali della Chiesa locale?

R. – La Chiesa è cambiata tantissimo in questi anni, è cambiata tanto la società e quindi è cambiata anche la Chiesa. Io sono arrivato nel ’90 in Corea e la frequenza dei cattolici coreani alla Messa domenicale era dell’80%: andando in Chiesa si vedeva non soltanto tanta gente, ma si vedevano tanti giovani. Sono passati 20 anni e la percentuale di coloro che frequentano la Messa domenicale è intorno al 25-30% e si tratta soprattutto di anziani. Il problema, quindi, della secolarizzazione è molto grande e c’è bisogno di una nuova evangelizzazione e di un’immagine nuova della Chiesa. Modi nuovi per una realtà che è cambiata, di questo sì, ce n’è tanto bisogno.


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