Ue e Usa hanno annunciato sanzioni dopo che in Crimea il parlamento ha proclamato l’indipendenza da Kiev, in seguito al referendum che ha registrato ieri oltre il 95,6% di consensi alla scelta di annessione alla Russia.
Radio Vaticana - L’Ue ha colpito 21 persone, "politici e militari" di Russia e Crimea. Obama ha stabilito per decreto sanzioni economiche e congelamento dei beni ai danni di diversi alti funzionari russi, tra cui stretti collaboratori di Putin e lo stesso ex presidente ucraino Ianukovich. Da parte ucraina, il presidente ad interim Turcinov ha firmato la “mobilitazione parziale” del Paese per la crisi in Crimea e il ministro della Difesa ha assicurato che le truppe ucraine resteranno in Crimea. Mosca ribadisce le sue proposte a Ue e Usa per uscire dalla crisi, in particolare istituendo un "gruppo di sostegno" internazionale all'Ucraina che sia accettabile per tutte le forze politiche del Paese. Del braccio di ferro tra Sebastopoli e Kiev e del ruolo della comunità internazionale Fausta Speranza ha parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all'Università Luiss: ascolta
R. - E’ una questione molto sensibile sia per l’opinione pubblica russa che per l’opinione pubblica ucraina, ma occorre anche tener presente il fatto che comunque questa crisi non si sviluppa nel vuoto pneumatico: c’è la Comunità internazionale ed esistono anche possibilità che qualche mediazione - per congelare la situazione e piano piano farla rientrare entro margini più accettabili - esista ancora.
D. - La prima richiesta, in queste ore, da parte di Stati Uniti e Unione Europea è quella di accettare in Crimea osservatori internazionali…
R. - Sì, è comprensibile. Anche perché ovviamente si vuol fugare il timore che le persone ostili all’ingresso della Crimea nella Federazione Russa subiscano delle discriminazioni o vengano fatte oggetto in qualche misura di ritorsioni. Mi sembra abbastanza normale e sarebbe anche interesse - a mio avviso - delle autorità locali permetterlo. D’altra parte, però, gli animi sono ancora abbastanza surriscaldati, come prova la circostanza riferita poco fa da una giornalista italiana sul posto che anche andare ad assistere alle manifestazioni di giubilo ha creato dei problemi con le sicurezze locali: malgrado - diciamo - ci fosse il loro interesse anche, teoricamente, a mostrare al mondo che genere di consenso e di supporto popolare ha questo passo che è stato fatto in Crimea ieri.
D. - La Comunità internazionale ha ribadito che questo referendum è illegittimo e illegale, fondamentalmente perché viene dopo l’intervento delle truppe russe in Crimea: è così?
R. - I problemi sono molteplici. Io credo che, al di là di tutto, siccome la Comunità internazionale è composta da Stati sovrani e molti Stati sovrani sono alle prese con una crisi di coesione territoriale che li attraversa al proprio interno ed è una cosa molto forte anche all’interno dell’Unione Europea - avvertita, per esempio, dal Belgio e in una certa misura anche dalla Gran Bretagna; non parliamo poi della Spagna - c’è comunque un interesse a far sì che il precedente non si generalizzi. L’intenzione è di circoscriverlo al massimo! Il secondo elemento è che qui non si parla soltanto di una secessione e quindi di una proclamazione dell’indipendenza, ma si parla di una proclamazione dell’indipendenza che è funzionale al passaggio di un territorio da uno Stato sovrano ad un altro Stato sovrano. Io immagino che proprio per questo la Russia avrà tutto l’interesse a separare i due passaggi, in modo tale che risulti chiaro che la Russia non si annette un territorio appartenente ad un altro Stato, ma accetta la proposta di unione che viene da un altro Stato sovrano nei suoi confronti. Alla fine è la politica che incide in questo caso e che determina un po’ anche la forzatura delle forme giuridiche.
D. - Professore, permettiamoci una banalizzazione giornalistica: sta vincendo Putin perché si è preso appieno la Crimea o sta vincendo l’Occidente perché il resto dell’Ucraina sarà più libera e più distante dall’influenza di Mosca?
R. - Direi la seconda, nel senso che Putin recupera la Crimea, ma, sino a questo momento, perde l’Ucraina, che era un elemento essenziale del suo progetto di unione euroasiatica. Peraltro la perdita dell’Ucraina è qualche cosa che non è maturata ieri e neanche nell’ultimo mese: è qualcosa che ha preso forma già nel 2013.
Radio Vaticana - L’Ue ha colpito 21 persone, "politici e militari" di Russia e Crimea. Obama ha stabilito per decreto sanzioni economiche e congelamento dei beni ai danni di diversi alti funzionari russi, tra cui stretti collaboratori di Putin e lo stesso ex presidente ucraino Ianukovich. Da parte ucraina, il presidente ad interim Turcinov ha firmato la “mobilitazione parziale” del Paese per la crisi in Crimea e il ministro della Difesa ha assicurato che le truppe ucraine resteranno in Crimea. Mosca ribadisce le sue proposte a Ue e Usa per uscire dalla crisi, in particolare istituendo un "gruppo di sostegno" internazionale all'Ucraina che sia accettabile per tutte le forze politiche del Paese. Del braccio di ferro tra Sebastopoli e Kiev e del ruolo della comunità internazionale Fausta Speranza ha parlato con Germano Dottori, docente di Studi strategici all'Università Luiss: ascolta
R. - E’ una questione molto sensibile sia per l’opinione pubblica russa che per l’opinione pubblica ucraina, ma occorre anche tener presente il fatto che comunque questa crisi non si sviluppa nel vuoto pneumatico: c’è la Comunità internazionale ed esistono anche possibilità che qualche mediazione - per congelare la situazione e piano piano farla rientrare entro margini più accettabili - esista ancora.
D. - La prima richiesta, in queste ore, da parte di Stati Uniti e Unione Europea è quella di accettare in Crimea osservatori internazionali…
R. - Sì, è comprensibile. Anche perché ovviamente si vuol fugare il timore che le persone ostili all’ingresso della Crimea nella Federazione Russa subiscano delle discriminazioni o vengano fatte oggetto in qualche misura di ritorsioni. Mi sembra abbastanza normale e sarebbe anche interesse - a mio avviso - delle autorità locali permetterlo. D’altra parte, però, gli animi sono ancora abbastanza surriscaldati, come prova la circostanza riferita poco fa da una giornalista italiana sul posto che anche andare ad assistere alle manifestazioni di giubilo ha creato dei problemi con le sicurezze locali: malgrado - diciamo - ci fosse il loro interesse anche, teoricamente, a mostrare al mondo che genere di consenso e di supporto popolare ha questo passo che è stato fatto in Crimea ieri.
D. - La Comunità internazionale ha ribadito che questo referendum è illegittimo e illegale, fondamentalmente perché viene dopo l’intervento delle truppe russe in Crimea: è così?
R. - I problemi sono molteplici. Io credo che, al di là di tutto, siccome la Comunità internazionale è composta da Stati sovrani e molti Stati sovrani sono alle prese con una crisi di coesione territoriale che li attraversa al proprio interno ed è una cosa molto forte anche all’interno dell’Unione Europea - avvertita, per esempio, dal Belgio e in una certa misura anche dalla Gran Bretagna; non parliamo poi della Spagna - c’è comunque un interesse a far sì che il precedente non si generalizzi. L’intenzione è di circoscriverlo al massimo! Il secondo elemento è che qui non si parla soltanto di una secessione e quindi di una proclamazione dell’indipendenza, ma si parla di una proclamazione dell’indipendenza che è funzionale al passaggio di un territorio da uno Stato sovrano ad un altro Stato sovrano. Io immagino che proprio per questo la Russia avrà tutto l’interesse a separare i due passaggi, in modo tale che risulti chiaro che la Russia non si annette un territorio appartenente ad un altro Stato, ma accetta la proposta di unione che viene da un altro Stato sovrano nei suoi confronti. Alla fine è la politica che incide in questo caso e che determina un po’ anche la forzatura delle forme giuridiche.
D. - Professore, permettiamoci una banalizzazione giornalistica: sta vincendo Putin perché si è preso appieno la Crimea o sta vincendo l’Occidente perché il resto dell’Ucraina sarà più libera e più distante dall’influenza di Mosca?
R. - Direi la seconda, nel senso che Putin recupera la Crimea, ma, sino a questo momento, perde l’Ucraina, che era un elemento essenziale del suo progetto di unione euroasiatica. Peraltro la perdita dell’Ucraina è qualche cosa che non è maturata ieri e neanche nell’ultimo mese: è qualcosa che ha preso forma già nel 2013.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.