giovedì, marzo 06, 2014
Papa Francesco al clero di Roma: “... tu piangi?” 

di Paolo Fucili 

Qualcuno glielo ha pure chiesto: “Ma Padre, perché lei ce l'ha con i preti? Perché dicevano che io bastono i preti...”. Ma raccontato così ridendo, come Papa Francesco ha fatto stamane (tanto che pure chi ascoltava è scoppiato a ridere a sua volta), chi potrebbe pensarlo mai?
Che poi sia severo ed esigente con loro, e con quelli della sua diocesi di Roma in specie, questo invece si sapeva già. In compenso oggi ha avuto parole particolarmente dolci, per i preti italiani in genere, fino a sbilanciarsi ad affermare “sono bravi, sono bravi!”, esclamato ben due volte: e se l'Italia ancora è tanto forte, “non è tanto per noi vescovi, ma per i parroci, i preti”. E non lo dico per incensarvi, ha aggiunto per chiarire ancora il concetto.

Non è solo il vecchio e collaudato sistema del bastone e della carota. La misericordia tanto cara a Bergoglio, in cui rientra pure il rapporto col suo clero diocesano, è evidentemente qualcosa di molto di più serio (e pure bello). Ciò non toglie che se ne possa parlare con accenti tali da strappare persino qualche risata, come stamane, all'incontro con circa un migliaio di parroci, vicari parrocchiali e collaboratori delle 334 parrocchie della città eterna. La consuetudine radicata nel tempo vuole infatti che il giovedì dopo il mercoledì delle ceneri il Pontefice riservi loro un festoso incontro, da cui spesso è uscito un profluvio di notizie curiose, riflessioni confidenziali, fattarelli simpaticamente coloriti (una per tutte, il romanesco “damose da fa', semo romani” di Papa Wojtyla), stante la piega informale che l'evento ha preso spesso e volentieri.

Papa Francesco in realtà aveva già incontrato il clero romano, a settembre, dunque non si trattava di un “esordio”. Quella volta però non c'era la diretta TV, e tutti si accontentarono giocoforza degli stringati resoconti dei media “ufficiali”, Radio Vaticana ed Osservatore romano. Non come stamane, quando Bergoglio ha intrattenuto per oltre un'ora, filata via liscia liscia, il suo uditorio.

Tema, appunto, la misericordia, concordato col cardinal vicario Vallini, poiché “all'inizio della Quaresima riflettere insieme, come preti, sulla misericordia ci fa bene”. Ma non per fare solo “un bell'esercizio spirituale”, bensì “ascoltare la voce dello Spirito che parla a tutta la Chiesa, in questo nostro tempo che è il tempo della misericordia”, proprio così. Papa Bergoglio ne è convinto, e tanto gli sta cuore la questione da ripetere oggi ancora, a costo di apparire ripetitivo, che la Chiesa va pensata proprio come il famoso “ospedale da campo” già oggetto di parole importanti.

“C’è bisogno di curare le ferite, tante ferite! Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere lì, vicino a questa gente”. Prima dunque van sanate queste, poi si prestano le cure specialistiche. E le ferite più dolorose, ammonisce Francesco, spesso son quelle nascoste. C'è gente che si allontana dalla Chiesa, “forse un po' con la faccia storta”, proprio per la vergogna di mostrarle. “Vogliono una carezza! E voi, cari confratelli - vi domando - conoscete le ferite dei vostri parrocchiani? Le intuite? Siete vicini a loro? E’ la sola domanda…”.

Il discorso così sviluppato, con frequenti e infervorate aggiunte “a braccio” al già “intenso” testo scritto preparato in precedenza, è a rileggerlo un appassionato ritratto ideale (e in buona parte anche reale) del sacerdote “uomo della misericordia”, che tale si mostra fin dall'accogliere, ascoltare, consigliare la sua gente, le evangeliche “pecore senza pastore” per le quali già Gesù si muoveva a compassione. “Un po' come tante persone che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri...”. Ma per provare la stessa compassione di Gesù, ci vuole un cuore capace di commuoversi. “I preti 'asettici', 'da laboratorio', non aiutano la Chiesa”, è l'ammonimento severo ma che logicamente ne consegue..

Altro tema sempre caldo, col Papa argentino, è quello della confessione. Con l'avvertenza sottolineata oggi che confessare bene, come sacerdoti, dipende da come un confessore si lascia abbracciare da Dio da penitente, a sua volta. Un prete argentino, amico di Bergoglio, aveva file così lunghe al proprio confessionale che temeva di essere troppo indulgente, confidò una volta al futuro Papa. E quando lo scrupolo si faceva più forte, ha raccontato oggi lui andava a pregare di fronte al tabernacolo: “Tu hai la colpa, perché mi hai dato l'esempio!”.

Nè lassismo né rigorismo, ad ogni modo, è il suggerimento di sua Santità, perché né l'uno né l'altro si fan carico realmente della persona, come la misericordia invece vuole. E' la misericordia infatti, Francesco docet, che accompagna e fa crescere la persona sul cammino della santità. Oppure “sofferenza pastorale”, si chiama, “soffrire per e con le persone”, “come un padre e una madre soffrono per i figli”.

E qui son suonate le note più dolenti, alle domande incalzanti del Papa quali “Tu piangi? O abbiamo perso le lacrime? … Quanti di noi piangiamo davanti alla sofferenza di un bambino? D
avanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta gente che non trova il cammino?… Il pianto del prete… Tu piangi? O in questo presbiterio abbiamo perso le lacrime?”.

E ancora, ha proseguito Francesco senza più freni, “abbiamo i pantaloni per lottare con Dio per il nostro popolo?”; “la sera, come concludi la tua giornata? Con il Signore o con la televisione?”; “com'è il tuo rapporto con i bambini, gli anziani, i malati? Sai accarezzarli o ti vergogni di accarezzare un anziano?”. Chi ha il cuore chiuso, è stata l'ultima riflessione, ha sempre una giustificazione pronta, come il sacerdote e il levita della parabola del buon samaritano. Ricordate però il Vangelo del giudizio finale, ha concluso Bergoglio, quando saremo tutti giudicati per come avremo saputo o no farci prossimi alla carne del fratello.

La misericordia, parrebbe di capire, “funziona” solo fin ad un certo punto, non sempre e comunque. E ne farà presto esperienza il monsignore del servizio diplomatico vaticano, Luca Lorusso, che ha spalleggiato un ex sacerdote romano ora ridotto allo stato laicale per una dolorosa storia di pedofilia, Patrizio Poggi. Costui, per vendicarsi aveva pensato bene di calunniare pesantemente vari preti della città. “Vi son vicino”, se ne è uscito a sorpresa papa Bergoglio stamane a inizio del suo intervento, “e anche voglio chiedere scusa a voi”, poiché dal Papa dipende il servizio diplomatico in questione. Il monsignore sarà comunque presto allontanato, ha garantito, giacché quel che ha fatto “è un atto grave di ingiustizia e vi chiedo scusa per questo”.


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