lunedì, marzo 10, 2014
Tensione molto alta, questa mattina, durante il primo incontro tra funzionari cinesi e le famiglie dei connazionali a bordo di un velivolo scomparso mentre erano in volo verso la capitale cinese.  

Misna - Dopo 25 minuti, i funzionari hanno abbandonato precipitosamente la sala dell’albergo presso l’aeroporto di Pechino davanti alla rabbia e alla frustrazione dei congiunti che chiedevano, se non certezze, almeno notizie aggiornate su propri cari. A due giorni dalla scomparsa del volo Malaysian Airlines MH 370, nessuna certezza sulla sua sorte e fitto il mistero sui passeggeri saliti a bordo utilizzando passaporti rubati tempo fa in Thailandia. Due sconosciuti che avrebbero acquistato contemporaneamente i biglietti sulla tratta Kuala Lumpur-Pechino, indicata come transito (per evitare la necessità di visto) verso ulteriori destinazioni in Europa. Indiscrezioni basate sull’analisi delle immagini delle telecamere nell’aeroporto della capitale malese sembrerebbero indicare due passeggeri dai tratti asiatici, mentre i passaporti erano stati sottratti rispettivamente due anni fa e lo scorso agosto a un cittadino austriaco e a uno italiano, Luigi Maraldi, attualmente in Thailandia. In queste ultime ore si è affacciata la possibilità che almeno altri due viaggiatori abbiano falsificato la propria identità.

Il Boeing 777-200 della Malaysian Airlines era partito alle 00.41 dall’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur diretto verso Pechino, dove sarebbe dovuto atterrare alle 6.30 ora locale dopo un volo di circa cinque ore. 40 minuti dopo la partenza – ma anche su questo non ci sono conferme – il velivolo con 239 persone a bordo, 227 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio, è scomparso dai radar e da ogni altro strumento di controllo.

A cercarne qualche traccia i 34 aerei e la quarantina di navi di nove paesi litoranei, ma anche di altri, come l’Australia e la Cina, coinvolti dall’avere passeggeri a bordo del velivolo che aveva imbarcato 154 cinesi, 38 malesi, sette indonesiani, sei australiani, cinque indiani, quattro francesi e tre statunitensi.

Ancora nella notte scorsa, i mezzi di soccorso vietnamiti, quattro aerei e sette navi, quelli più coinvolti, dato che l’area della scomparsa è presumibilmente prossima alle coste del Vietnam meridionale, non hanno trovato traccia dell’oggetto rettangolare individuato ieri da un volo di ricognizione e che si pensava fosse uno degli sportelli del velivolo. Nessuna certezza finora anche dalle tracce di combustibile individuate in mare.

Solo ipotesi sulla scomparsa improvvisa e senza alcuna comunicazione di allarme, che fa pensare a un evento devastante e immediato, oppure a una improvvisa perdita di controllo del velivolo che abbia coinvolto anche le comunicazioni. Il timore di un atto terroristico, forse legato alla situazione interna cinese, potrebbe spiegare non solo l’evento, ma anche le evidenti difficoltà delle autorità, sia malesi, sia cinesi, a gestire questa crisi e le informazioni discordanti delle prime ore.

Al di là del mistero e della disperazione delle famiglie in attesa di certezze e nel frattempo ospitate in parte in un albergo vicino all’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, da registrare già le polemiche su perché non siano stati consultati i data-base dell’Interpol in cui sono inseriti anche i passaporti sottratti e di conseguenza confrontarli con la vera identità dei passeggeri. L’Interpol ha confermato che i documenti rubati erano registrati ma che nessuno ha confrontato i documenti presentati all’aeroporto con l’elenco disponibile. Una situazione tutt’altro che rara, dato che – come ha confermato il segretario generale di Interpol Ronald Noble, “solo alcuni paesi compiono questi controlli” e che di conseguenza le autorità aeroportuali in molti paesi “aspettano solo che si compia una tragedia prima di autorizzare misure di sicurezza supplementari ai posti di frontiera e agli imbarchi”.


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