La testimonianza di Andrew, giovane disabile nigeriano che il 26 febbraio scorso ha assistito all’attacco di Boko Haram al seminario minore di St. Joseph di Shuwa, nello stato di Adamawa in Nigeria.
La sedia a rotelle non gli ha permesso di fuggire, ma gli ha salvato la vita. Andrew lavora nel seminario minore di St. Joseph di Shuwa, nello stato nigeriano di Adamawa. La notte del 26 febbraio scorso il seminario è stato attaccato da esponenti della setta estremista Boko Haram e il giovane nigeriano è stato costretto ad assistere alla brutale esecuzione di quattro guardie di sicurezza. A raccontare ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la storia di Andrew è un suo caro amico, padre John Bakeni. Dopo aver appiccato il fuoco alla sua casa e trucidato i suoi colleghi, i fondamentalisti hanno chiesto ad Andrew quale fosse la sua religione. «Ora è arrivato il tuo turno», hanno esclamato i terroristi dopo aver scoperto che il giovane era cristiano. Il loro comandante ha però esitato, preferendo chiedere a un imam se fosse giusto uccidere un disabile. Fortunatamente il leader religioso s'è opposto: «Nel jihad, la guerra santa, gli storpi vanno risparmiati».
Grato al suo handicap che l'ha tenuto in vita, Andrew ha descritto all'amico sacerdote la barbarie che ha avuto luogo nel seminario e nel villaggio di Shuwa. Mentre il personale e gli studenti della struttura trovavano rifugio nella vicina boscaglia, i militanti facevano irruzione nel piccolo centro con un carro armato e più di una dozzina di jeep. Potenti esplosivi sono stati fatti esplodere nella cappella, nella canonica, in varie classi e nel dormitorio. Una parte del campus è stata data alle fiamme. Anche la vicina clinica gestita dalle suore agostiniane è stata colpita. Le religiose sono riuscite a fuggire poco prima dell’arrivo dei fondamentalisti.
La stessa notte nell’area di Madagali, dove è situato il villaggio di Shuwa, si sono verificati altri due attacchi peroetrati dai “talebani africani”. Il bilancio è di almeno quaranta morti. Esattamente un mese prima, il 26 gennaio, ventidue fedeli avevano perso la vita nella Chiesa cattolica di San Paolo a Waga Chakawa, nella regione di Madagali, mentre assistevano alla messa domenicale.
Un altro tragico attacco è avvenuto il 25 febbraio nello stato di Yobe. Boko Haram ha fatto irruzione in un collegio uccidendo quarantatré persone, in maggioranza studenti. Non si arrestano dunque le violenze nel nordest nigeriano, sebbene lo scorso anno il presidente Goodluck Jonathan abbia dichiarato lo stato di emergenza in tre stati della regione: Adamawa, Yobe e Borno.
«L’orrore che stiamo vivendo sembra non avere fine e purtroppo non s’intravede un possibile miglioramento», dichiara padre Bakeni ad ACS. «In questo momento di dolore abbiamo più che mai bisogno delle vostre preghiere».
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2012 ha raccolto oltre 90 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.604 progetti in 140 nazioni.
La sedia a rotelle non gli ha permesso di fuggire, ma gli ha salvato la vita. Andrew lavora nel seminario minore di St. Joseph di Shuwa, nello stato nigeriano di Adamawa. La notte del 26 febbraio scorso il seminario è stato attaccato da esponenti della setta estremista Boko Haram e il giovane nigeriano è stato costretto ad assistere alla brutale esecuzione di quattro guardie di sicurezza. A raccontare ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la storia di Andrew è un suo caro amico, padre John Bakeni. Dopo aver appiccato il fuoco alla sua casa e trucidato i suoi colleghi, i fondamentalisti hanno chiesto ad Andrew quale fosse la sua religione. «Ora è arrivato il tuo turno», hanno esclamato i terroristi dopo aver scoperto che il giovane era cristiano. Il loro comandante ha però esitato, preferendo chiedere a un imam se fosse giusto uccidere un disabile. Fortunatamente il leader religioso s'è opposto: «Nel jihad, la guerra santa, gli storpi vanno risparmiati».
Grato al suo handicap che l'ha tenuto in vita, Andrew ha descritto all'amico sacerdote la barbarie che ha avuto luogo nel seminario e nel villaggio di Shuwa. Mentre il personale e gli studenti della struttura trovavano rifugio nella vicina boscaglia, i militanti facevano irruzione nel piccolo centro con un carro armato e più di una dozzina di jeep. Potenti esplosivi sono stati fatti esplodere nella cappella, nella canonica, in varie classi e nel dormitorio. Una parte del campus è stata data alle fiamme. Anche la vicina clinica gestita dalle suore agostiniane è stata colpita. Le religiose sono riuscite a fuggire poco prima dell’arrivo dei fondamentalisti.
La stessa notte nell’area di Madagali, dove è situato il villaggio di Shuwa, si sono verificati altri due attacchi peroetrati dai “talebani africani”. Il bilancio è di almeno quaranta morti. Esattamente un mese prima, il 26 gennaio, ventidue fedeli avevano perso la vita nella Chiesa cattolica di San Paolo a Waga Chakawa, nella regione di Madagali, mentre assistevano alla messa domenicale.
Un altro tragico attacco è avvenuto il 25 febbraio nello stato di Yobe. Boko Haram ha fatto irruzione in un collegio uccidendo quarantatré persone, in maggioranza studenti. Non si arrestano dunque le violenze nel nordest nigeriano, sebbene lo scorso anno il presidente Goodluck Jonathan abbia dichiarato lo stato di emergenza in tre stati della regione: Adamawa, Yobe e Borno.
«L’orrore che stiamo vivendo sembra non avere fine e purtroppo non s’intravede un possibile miglioramento», dichiara padre Bakeni ad ACS. «In questo momento di dolore abbiamo più che mai bisogno delle vostre preghiere».
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Fondazione di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2012 ha raccolto oltre 90 milioni di euro nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.604 progetti in 140 nazioni.
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