lunedì, marzo 17, 2014
Cristiani e musulmani uniti contro schiavitù e tratta delle persone 

di Paolo Fucili 

I primi, intrepidi firmatari mostrano di non temere non solo la complessità dolorosa della faccenda, ma neppure gli eccessi di retorica, se il comunicato per la stampa parla di “accordo rivoluzionario”. Non che l'obiettivo dell'intera operazione non meriti considerazione, dato che la tragedia in questione tocca almeno 30 milioni di esseri umani. Ma il proposito di sradicare entro il 2020 la schiavitù e la tratta delle persone si direbbe a prima vista piuttosto ambizioso.

Francesco però non ha avuto dubbi, allorché la proposta gli è stata avanzata. Non solo, riferiva oggi il suo connazionale mons. Marcelo Sanchez Sorondo, aveva incaricato appena eletto la Pontificia Accademia di Scienze sociali di approfondire il tema “slavery” e “human trafficking”, suona nell'inglese dei solenni trattati e convenzioni internazionali. Ma ha pure “autorizzato” volentieri mons. Sorondo, nelle vesti di Cancelliere della citata Accademia, a firmare in sua vece stamane in Sala stampa vaticana, di fronte a giornalisti e telecamere di tutto il mondo, una solenne “dichiarazione comune” con cui la Chiesa cattolica si impegna a promuovere una vasta opera di contrasto a quei tristi fenomeni.

E' nato così ufficialmente il Global Freedom Network, rete mondiale che associa col medesimo intento cattolici, anglicani e musulmani. Per i secondi ha firmato infatti la dichiarazione il reverendo David John Moxon, per conto dell'arcivescovo di Canterbury e primate della comunione anglicana Justin Welby. E altrettanto ha fatto Mahmoud Azab, in rappresentanza del grande imam egiziano di Al Azhar. Questo peraltro è solo l'inizio, hanno assicurato tutti, poiché tutti i “leader” religiosi e spirituali del pianeta saran presto invitati ad aderire alla GFN, è l'acronimo. E per il prossimo 2 dicembre, data dell'annuale Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù, è allo studio il progetto di convocare a Roma (a san Paolo fuori le mura) una giornata di preghiera per le vittime di schiavitù e la loro libertà.

La definizione, come è intesa nella “dichiarazione” (rilasciata alla stampa anche a Londra, Perth e Il Cairo in contemporanea con Roma), comprende ogni forma di “privazione sistematica della libertà dell'individuo”. I vari documenti internazionali citati elencano come tale “tratta di esseri umani e prostituzione forzata”, “lavoro forzato”, “bambini coinvolti in conflitti armati”, “prostituzione infantile”, “forme peggiori di lavoro minorile” e pure “servitù per debiti e matrimonio forzato”, con la postilla che la lista, ai fini dell'attività del GFN, può essere sempre aggiornata e ampliata. Per adesso, secondo stime di organismi internazionali, le persone coinvolte in tutto questo superano i trenta milioni, metà popolazione della nostra Italia.

Tra i punti del “programma” di lavoro stilato per il primo anno di attività, spicca l'opera che il Global Freedom Network sosterrà perché le istituzioni religiose vigilino sui propri investimenti finanziari e sull'approvvigionamento di beni di cui si servono, perché non vi sia connessione alcuna con forme di lavoro schiavo, e se necessario adottino misure correttive.

Un simile “pressing” sarà portato pure sul management di grandi imprese multinazionali, affinché almeno 50 “CEO” (Chief executive officer) garantiscano pubblicamente che le proprie “catene di approvvigionamento” (forniture di beni e materiali per realizzare e commercializzare prodotti col proprio marchio) non comprendano qualche “anello” di schiavitù moderna. Entro la fine del 2014, poi, i referenti del GFN puntano avere un sostegno pubblico di 30 capi di Stato del globo e di 162 governi, oltre ad una condanna della schiavitù e del lavoro schiavo da parte del G20, accompagnata da una significativa iniziativa in tal senso.

Tutto puntigliosamente (e pragmaticamente) descritto in dettaglio nella “dichiarazione”, su cui i firmatari han successivamente fornito ai cronisti le delucidazioni richieste. Presente pure Andrew Forrest, facoltoso (e generoso) magnate australiano dell'acciaio, fondatore nel 2012 della Walk Free Foundation, fondazione impegnata nel contrasto a tutte le forme di schiavitù in ogni paese del mondo. Ed è suo anche il merito di aver “combinato” il singolare incontro tra Papa Francesco, il Primate anglicano e Al Azhar, l'istituzione culturale più autorevole dell'Islam sunnita, sul “terreno” di questa meritoria battaglia.

Curiosa, a dir poco, la circostanza che ha ispirato a Forrest l'idea di sposare la causa dei moderni “schiavi”: uno stage della figlia Grace (all'epoca non ancora ventenne) in Nepal, dove scoprì che l'orfanotrofio pressò cui lavorò era in realtà un centro di smistamento di piccoli schiavi bambini. E neppure i successivi tentativi di localizzare alcune bambine che Grace là conobbe andarono a buon fine. Tutta la famiglia scoprì così gli orrori dei sordidi traffici di quella giovanissima “merce” umana.

Da lì è nato l'impegno che mesi fa ha portato Forrest anche ad incontrare una prima volta a Roma, dalla remota Australia, Papa Bergoglio, di cui tutti ricordano i severi e ricorrenti moniti contro il “lavoro schiavo” e la tratta delle persone. Una piaga diffusa forse fin troppo, perché il piano citato di sradicarla di qui in sei anni appena possa realisticamente realizzarsi. Ma a chi come Forrest, Francesco e tanti altri se la son presa tanto a cuore, come negare ascolto e soprattutto collaborazione?


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