lunedì, marzo 03, 2014
Arresti per l'omicidio di Lidia Nusdorfi, avvenuto sabato sera a Mozzate, Como. 

di Silvio Foini 

Alle 19:24 di sabato a Mozzate è stato commesso un deprecabile omicidio di una donna. Lidia Nusdorfi perdeva la vita accasciandosi al suolo del sottopassaggio della Stazione Ferroviaria di una cittadina tranquilla, dove si era rifugiata in cerca di pace al termine di una lunga ma molto contrastata storia d'amore. Si accasciava al suolo colpita a morte da alcuni fendenti inferti da un uomo, un brutale assassino che in pochi feroci secondi le ha strappato la vita e con essa la speranza per Lidia di cambiare vita, di trovare un lavoro e di avere nuovamente l'affidamento dei suoi due bambini, lasciati all'ex-compagno albanese che era rimasto a Rimini. Lì, infatti, la donna aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita. Lì aveva generato il più piccolo dei bambini, solo cinque anni fa, con quel compagno albanese da cui ha preferito scappare nella notte piuttosto che soccombere, o perfino morire. Ed è stato proprio il compagno albanese, Demirjan Dritan, un pasticcere di 29 anni, ad aver tolto la vita a Lidia, la madre di suo figlio. Proprio lui, quell'uomo da cui voleva scappare, le ha teso una feroce trappola. Ha organizzato un appuntamento, l'ha attesa sul luogo del delitto, a aspettato che fosse in un luogo appartato della Stazione, si è sincerato che fosse sola, al buio, indifesa. E' stato rapido, implacabile, feroce. Quindi è scappato, è tornato immediatamente a Rimini, è tornato alla sua vita normale, facendo finta che nulla fosse successo, lasciando Lidia a terra esanime. Qualche passante, il capo stazione che chiama i soccorsi, il 118 che interviene in un baleno, il tentativo di soccorso. Nulla da fare. Lidia è morta. Dritan è libero, per ora. I Carabinieri della Stazione di Mozzate corrono sul posto.

I militari del Nucleo Operativo e Radiomobile di Cantù iniziano le indagini, informato il magistrato di turno: inizia la ricerca dell'assassino. Interviene il Nucleo Investigativo di Como per i rilievi. Le indagini si fanno alacri. Il lavoro dei militari è incessante: è stata uccisa una donna, una madre, l'ennesima vittima di un delitto feroce, che uccide chi dona la vita. I Carabinieri hanno ricostruito la vita della donna, i suoi legami, le sue abitudini, le vicissitudini della sua vita. Hanno cercato di entrare quanto più possibile nel dettaglio, di essere minuziosi all'eccesso. Dopo ventiquattrore il giallo era risolto. Non è stato facile ricostruire tutto, ne', soprattutto, ricostruire i movimenti di Dritan, dell'assassino, specie perché quando è stato sentito dai Carabinieri di Como e di Cantù a Rimini, supportati dal preziosissimo aiuto dei Carabinieri del Reparto Operativo di Rimini e dalla Procura del Comune romagnolo, il pasticcere si è presentato con un alibi di ferro.

A suo favore ha testimoniato anche il suo datore di lavoro, Massimo Mengoni, il titolare della pasticceria di Rimini dove Dritan lavorava fino a ieri. Egli ha dichiarato che Dritan era stato ai fornelli della pasticceria per tutto il pomeriggio di sabato, fino a sera. Ore di interrogatorio, i primi tentennamenti, e l'albanese è caduto, ha confessato. Subito le manette, il carcere, l'onta di aver ucciso la madre del proprio figlio e di essere stato scoperto. Manette anche per il Mengoni, accusato di aver favoreggiamento personale, di aver tentato di coprire un delitto così brutale, così efferato, così infame. Da ultimo i Carabinieri hanno sentito anche un'amica di Dritan, una trentasettenne romagnola che ha tentato di dire che l'albanese aveva passato da lei la serata dell'omicidio. Ventiquattro ore, ed i Carabinieri lariani, i Carabinieri romagnoli, i Carabinieri d'Italia hanno assicurato alla Legge l'omicida di una donna.


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