domenica, marzo 30, 2014
Parla Mahmoud Illean, fotoreporter del giornale Al Quds Al-Filastinya: “Chi osa criticare le autorità viene preso di mira e colpito brutalmente, che si tratti di Israele o dell’ANP”. 

di Giovanni Vigna  

Nena News - La tutela della libertà di espressione è uno degli indicatori più significativi del livello di democrazia di uno Stato. In Israele i giornalisti e i fotografi palestinesi sono spesso sottoposti a intimidazioni e pressioni. Secondo alcune fonti locali, gli operatori dell’informazione che criticano le autorità vengono arrestati e convocati nelle sedi della polizia, dove sono interrogati e diventano oggetto di indagini che si concentrano sul contenuto dei loro servizi. A volte accade che i fotoreporter palestinesi, che lavorano a Gerusalemme e in Cisgiordania, vengano presi di mira dalle forze di occupazione israeliane che li colpiscono con proiettili veri e rivestiti di gomma, con bombe sonore e a gas. D’altra parte, nella Striscia di Gaza, governata da Hamas, la situazione non è migliore, secondo quanto ha dichiarato Mahmoud Illean, giornalista e fotografo, membro della commissione delle libertà del sindacato dei giornalisti palestinesi. Abbiamo chiesto ad Illean di tracciare un quadro della condizione di chi lavora nel mondo della comunicazione in Palestina.

Signor Illean, può presentarsi e spiegare per quali organi di stampa lavora?

Mi chiamo Mahmoud Ibrahim Illean, lavoro nel settore della fotografia e del giornalismo per il giornale “Palestinian Newspaper Al Quds”. Mi occupo di tutti i temi che riguardano i fatti che accadono nella realtà della mia terra, siano essi eventi, iniziative sportive o notizie relative ai costumi della società. La maggior parte del mio lavoro si concentra nel diffondere la conoscenza delle attività che hanno luogo in particolare a Gerusalemme e in alcune città della Cisgiordania tra le quali Ramallah, Betlemme e Hebron.

In Palestina esiste un problema di limitazione della libertà di espressione dei giornalisti, in particolare di quelli palestinesi?

Certamente esistono diversi problemi di limitazione della libertà di espressione per i giornalisti. In particolare i pericoli provengono dalle forze di occupazione israeliana, colpevoli di numerose violazioni. Tali violenze si manifestano a volte nelle convocazioni e negli inviti a comparire da parte delle autorità che conducono inchieste sui fotoreporter, che vengono colpiti dalle forze di occupazione con proiettili di gomma, bombe sonore e a gas.

È mai stato arrestato, picchiato o maltrattato mentre svolgeva il suo lavoro? Se sì, da chi e in quale situazione?

Sono stato arrestato e colpito in tante occasioni durante il mio lavoro sul campo, la maggior parte delle volte è avvenuto ad opera delle forze di occupazione israeliana. In talune circostanze mi è capitato anche di essere colpito da sassi scagliati dai palestinesi nel corso di scontri. Sono stato preso di mira anche durante alcune manifestazioni promosse dai coloni ebrei, che mi avevano riconosciuto come arabo palestinese.

Sul sito del “Palestinian Center for Development & Media Freedoms (MADA)” si legge che i giornalisti scomodi vengono presi di mira sia dalle forze di occupazione israeliane che dalle autorità palestinesi della Cisgiordania e di Gaza. È vero?

I soldati e i coloni israeliani aggrediscono i fotografi e i giornalisti a colpi di bastone, sparando contro di loro proiettili veri e rivestiti di gomma, bombe sonore e a gas. Spesso gli informatori in borghese della polizia israeliana fermano e arrestano i giornalisti arabi. Nei Territori Palestinesi, in Cisgiordania, i fotoreporter vengono aggrediti e picchiati con armi pericolose, ciò accade quando i giornalisti sono impegnati a coprire eventi che riguardano le autorità. Può succedere che i professionisti dell’informazione locale vengano convocati dalla polizia. Il problema è che i giornalisti, informando i cittadini, sporcano l’immagine e colpiscono la reputazione delle autorità. Gli inviti a comparire e gli arresti da parte della polizia sono andati avanti per mesi.

Nella Striscia di Gaza, amministrata da Hamas, il governo locale valuta gli articoli dei fotoreporter e decide se convocarli, arrestarli e sottoporli a indagini. Chiunque contesti il gruppo dirigente del partito che ha la supremazia a Gaza, diviene un avversario. Il sindacato dei giornalisti palestinesi, di cui faccio parte in qualità di membro della commissione delle libertà, ha pubblicato un report sulle violenze commesse, nei primi mesi del 2013, ai danni degli operatori dell’informazione sia da parte degli israeliani che di Hamas.

La sua attività giornalistica e di fotografo si pone in contrasto con le autorità israeliane e palestinesi?

Il mio lavoro ha l’obiettivo di comunicare al pubblico la realtà che si presenta nei Territori Palestinesi Occupati indipendentemente dal fatto che la mia attività riguardi violazioni perpetrate dagli israeliani o dai palestinesi. Il mio lavoro si svolge nel rispetto di entrambe le parti in causa. In questo consiste il mio ruolo come fotografo amatoriale e professionista, che intende diffondere la verità senza falsità e manipolazioni.

Quali sono le armi e i metodi utilizzati per colpire i giornalisti scomodi?

L’occupazione israeliana esercita particolari forme di oppressione che, nella maggior parte dei casi, si trasformano in omicidi, come è accaduto ai miei colleghi giornalisti che lavorano nella Striscia di Gaza e che sono stati colpiti dai missili. A Gerusalemme, invece, le forze di occupazione utilizzano proiettili rivestiti di gomma, gas lacrimogeni e bombe sonore che provocano panico. Non solo. Spesso i soldati israeliani spruzzano spray urticante sui volti dei giornalisti. Per quanto riguarda la Cisgiordania la situazione è la stessa. Tuttavia in questa zona le forze di occupazione israeliana usano, oltre ai proiettili rivestiti di gomma, anche pallottole vere. Di recente alcuni agenti in borghese della polizia israeliana, camuffati da arabi e appartenenti ai servizi segreti, hanno aggredito brutalmente il nostro gruppo di reporter nel corso di un’operazione finalizzata all’arresto di alcuni giovani in località Ras Al-Amud a Gerusalemme.

Che cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per fermare le violenze ai danni dei giornalisti?

È necessario fare pressione su Israele affinché rispetti i giornalisti e i fotografi, affinché siano protetti e la loro vita non sia continuamente esposta al pericolo.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa