mercoledì, marzo 05, 2014
Francesco a tutto campo sul Corriere della sera 

di Paolo Fucili 

L’anniversario primo dell’elezione è ormai prossimo, ma i bilanci, premette Bergoglio, “li faccio ogni 15 giorni, col mio confessore”; stessa figura per inciso cui svariati anni fa, da seminarista, confidò una solenne “cotta” amorosa, quando un’ignota ma fascinosa ragazza “mi fece girare la testa una settimana”, proprio così: “cose da giovani”, commenta ora sorridendo con chi osa chiedergli come andò a finire.

E sempre a proposito di giovinezza, trascorsa nella madrepatria argentina, non è che della sua Buenos Aires provi nostalgia, però neppure si aspettava, confessa candidamente, di doversi trasferire da un giorno all’altro a Roma. Andare a trovare l’unica sorella rimasta di cinque fratelli, che è pure ammalata, certo gli piacerebbe, ma nei panni candidi di cui ora è rivestito “questo non giustifica un viaggio”. Ci andrà, ma non prima del 2016. Prima vengono Terrasanta, Asia ed Africa.

Ritratto di Francesco sulle colonne del Corriere della sera di oggi, intervistato dal direttore Ferruccio De Bortoli in due pagine dense come non mai di informazioni, curiosità, spunti di riflessione attorno ad un Papa che da subito, quasi 12 mesi fa, ha goduto eccezionale popolarità, e non solo presso il gregge di suoi fedeli. Tanto che a Roma sono fiorite varie “leggende metropolitane”, come quella secondo cui sarebbe solito uscire dal Vaticano in incognito, la sera, per andare nei dintorni a dar da mangiare a poveri e senza fissa dimora. “Non mi è mai venuto in mente”, nega non senza una punta di fastidio, giacché come Freud diceva, citato nell’occasione, “in ogni idealizzazione c’è sempre un’aggressione”. In parole più semplici, dipingere il Papa come “una sorta di superman, una specie di star” gli sembra addirittura “offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale”.

Ma non potendo muoversi come le persone “normali” davvero, ha imparato a fare largo uso del telefono. “Un servizio, lo sento dentro”, racconta, rivelando che ad un’anziana vedova ottantenne, che ha perso il figlio, fa una telefonata ogni mese. La vox populi dei cronisti vuole si tratti di Rosalba Ferri, di Pesaro, madre di un imprenditore, titolare di pompe di benzina, ucciso a 51 anni da un dipendente che voleva rapinarlo della chiave di una cassaforte. “Lei è felice.. Io faccio il prete. Mi piace”.

Lo accusano di essere marxista, specie dagli Stati Uniti. Ma per offenderlo ci vuole ben altro: ne ho conosciuti tanti, replica, che sono brave persone. Vero è che di poveri parla spesso e volentieri, come all’udienza generale di oggi (“ci abituiamo a fratelli e sorelle che dormono per strada, che non hanno un tetto per ripararsi”), e pure di spreco, idolatria del denaro, globalizzazione che sì, riconosce, “ha salvato dalla povertà molte persone, ma ne ha condannate tante altre a morire di fame”, con suo pensiero “unico”, “debole”, al cui centro non c’è più la persona, ma il denaro.

La sobrietà del suo stile di vita a Buenos Aires aveva quasi del leggendario. Ma è notizia di oggi che per arrivare domenica ad Ariccia, non lontano da Roma, dove ha in programma una settimana di esercizi spirituali, farà il viaggio con un pullmino insieme a cardinali e vescovi della curia. Pauperismo, lo chiama qualcuno. Quel che conta per lui è che nel famoso giudizio finale (attorno a cui ha avuto già in passato parole assai “pesanti”) del Vangelo conterà la nostra “vicinanza” alla povertà. E “a chi tiene i granai pieni del proprio egoismo il Signore presenta alla fine il conto”.

L’intervistatore Ferruccio De Bortoli, direttore del primo quotidiano italiano, lo incalza su tutti i fronti, ma Francesco non si sottrae ad alcuna domanda. Lo scandalo pedofilia nella Chiesa, ad esempio. Casi “tremendi”, e “impressionanti” sono le statistiche sulla violenza sui bambini. Ma ci siamo mossi, come Chiesa, con trasparenza e responsabilità. Eppure siamo i soli, denuncia, ad essere attaccati.

Non aspettandosi affatto, si diceva sopra, di dover lasciare l’Argentina, tantomeno aveva quelli che ora chiama “progetti” su come cambiare la chiesa; perciò ha iniziato, dice, mettendo in pratica quel che era emerso alle congregazioni pre-conclave, le quotidiane riunioni del collegio cardinalizio durante la sede vacante. Benché la responsabilità della firma, su qualunque decisione, la senta tutta sua, “il Papa non è solo nel suo lavoro, perché è accompagnato e consigliato da tanti”.

All’ultimo concistoro, in cui i cardinali han discusso della crisi (“molto seria”) della famiglia, si è compiaciuto perciò che la discussione sia stata “intensa”, altrimenti “non sarebbe servito a nulla”. “I cardinali”, racconta, “sapevano che potevano dire quello che volevano, e hanno presentato molti punti di vista distinti, che arricchiscono. I confronti fraterni e aperti fanno crescere il pensiero teologico e pastorale. Di questo non ho timore, anzi lo cerco». Punto specifico del confronto più intenso, appunto, è stato quello dei divorziati risposati in seconde nozze, introdotto dall’ampia presentazione affidata al tedesco cardinale Kasper.

“Il progetto di vita comune è fallito… I figli soffrono molto… noi dobbiamo dare una risposta”. Prima bisogna riflettere in profondità, suggerisce, come peraltro farà il prossimo Sinodo, poi affrontare seriamente “le situazioni particolari” alla luce di quella riflessione. L’indicazione vale in termini simili pure per altre questioni su cui De Bortoli non manca di interpellare il Pontefice. Le unioni civili, ad esempio: posto che il matrimonio è tra uomo e donna, premette lui, quanto a “patti di convivenza” di varia natura che gli “stati laici” potrebbero istituire, “bisogna vedere i diversi casi e valutarli nella loro varietà”. Poi il controllo delle nascite, di cui quasi 50 anni orsono si occupò l’Huamane vitae del predecessore Paolo VI. “La sua genialità fu profetica”, per Jorge Bergoglio. “La questione non è cambiare la dottrina, ma di andare in profondità e far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare. Anche di questo si parlerà nel cammino del Sinodo». Fine vita, altro spinoso tema. Bergoglio ammette di non essere uno “specialista” di bioetica. Ma escluso l’obbligo, per la dottrina della Chiesa, di usare mezzi straordinari, dice di avere sempre consigliato le curie palliative e di ricorrere in casi più specifici al consiglio degli specialisti.

In ogni caso l’espressione “valori non negoziabili”, Francesco afferma di non capirla proprio. “I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra”. Sulla donna infine, l’occasione è buona per ribadire che “può e deve essere più presente nei luoghi di decisione della Chiesa”. Ma non si farebbe tanta strada solo con una promozione di tipo funzionale. Quel che è certo è che “la” Chiesa è “femminile” fin dalle origini: Maria è più importante di qualsiasi vescovo e qualsiasi apostolo.

Tra tanta e tale ampiezza di argomenti, per un’intervista sia pure “eccezionale” come quella ad un Papa è per natura, non poteva mancare un cenno al predecessore Benedetto XVI. “La sua saggezza è un dono di Dio”, ma lui è discreto, umile, non vuole disturbare. In ogni caso “non è una statua in un museo”. E’ il “papa emerito”, il primo, ma potrebbe non essere l’ultimo.


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