Con un’assunzione di responsabilità eccezionale, il primo ministro sudcoreano Chung Hong-won si è dimesso accettando la piena responsabilità per la gestione dei soccorsi e del recupero dei dispersi dopo l’affondamento il 16 aprile del traghetto Sewol presso la costa sud-occidentale del paese con a bordo 476 passeggeri, tra cui 339 studenti.
Misna - “In relazione a quest’ultimo incidente, sono arrivato a comprendere con dolore che nella nostra società ci sono troppi mali e una corruzione profondamente radicati”, ha dichiarato ieri Chung Hong-won comunicando le dimissioni e le scuse per “non essere stato in grado di prevenire questo evento e per l’incapacità di rispondere successivamente in modo adeguato”. “Credo – ha aggiunto Chung – che in qualità di primo ministro devo certamente assumermi delle responsabilità e dimettermi”.
Un’azione quindi che, anche se accolta con indifferenza o scetticismo da genitori o parenti delle vittime, è anche un duro atto di accusa contro una conduzione della vicenda, a partire dallo sconcertante atteggiamento del capitano e dei suoi immediati sottoposti.
Una risposta chiara anche alle accuse delle famiglie delle vittime che hanno duramente contestato la risposta all’incidente e sostenuto che i ritardi hanno aggravato il già elevato costo in vite umane. Sono finora 188 le vittime accertate tra i passeggeri, con altri 118 che risultano ancora dispersi, mentre per il secondo giorno consecutivo le ricerche del centinaio di sommozzatori all’interno dello scafo sommerso sono impedite dalle condizioni atmosferiche, mentre il relitto va gradualmente sprofondando nei sedimenti del fondo marino.
Ad alimentare sconforto e rabbia tra i familiari e l’opinione pubblica è anche la percezione che corruzione e sistemi di sicurezza inadeguati abbiamo favorito la tragedia del mare, avvenuta poco distante dalla costa in uno specchio d’acqua ricco di isole, ma anche reso pericoloso da rocce semi-sommerse e bassi fondali presso l’isola di Jindo mentre il traghetto, sovraccarico, era in viaggio dal porto settentrionale di Inchon all’isola meridionale di Cheju.
La presidente Park ha accettato le dimissioni, condizionando però la loro attuazione alle indagini in corso, mentre da sabato, con l’arresto di alcuni membri ancora a piede libero, sono tutti in stato d’arresto i 15 membri superstiti dell’equipaggio.
Misna - “In relazione a quest’ultimo incidente, sono arrivato a comprendere con dolore che nella nostra società ci sono troppi mali e una corruzione profondamente radicati”, ha dichiarato ieri Chung Hong-won comunicando le dimissioni e le scuse per “non essere stato in grado di prevenire questo evento e per l’incapacità di rispondere successivamente in modo adeguato”. “Credo – ha aggiunto Chung – che in qualità di primo ministro devo certamente assumermi delle responsabilità e dimettermi”.
Un’azione quindi che, anche se accolta con indifferenza o scetticismo da genitori o parenti delle vittime, è anche un duro atto di accusa contro una conduzione della vicenda, a partire dallo sconcertante atteggiamento del capitano e dei suoi immediati sottoposti.
Una risposta chiara anche alle accuse delle famiglie delle vittime che hanno duramente contestato la risposta all’incidente e sostenuto che i ritardi hanno aggravato il già elevato costo in vite umane. Sono finora 188 le vittime accertate tra i passeggeri, con altri 118 che risultano ancora dispersi, mentre per il secondo giorno consecutivo le ricerche del centinaio di sommozzatori all’interno dello scafo sommerso sono impedite dalle condizioni atmosferiche, mentre il relitto va gradualmente sprofondando nei sedimenti del fondo marino.
Ad alimentare sconforto e rabbia tra i familiari e l’opinione pubblica è anche la percezione che corruzione e sistemi di sicurezza inadeguati abbiamo favorito la tragedia del mare, avvenuta poco distante dalla costa in uno specchio d’acqua ricco di isole, ma anche reso pericoloso da rocce semi-sommerse e bassi fondali presso l’isola di Jindo mentre il traghetto, sovraccarico, era in viaggio dal porto settentrionale di Inchon all’isola meridionale di Cheju.
La presidente Park ha accettato le dimissioni, condizionando però la loro attuazione alle indagini in corso, mentre da sabato, con l’arresto di alcuni membri ancora a piede libero, sono tutti in stato d’arresto i 15 membri superstiti dell’equipaggio.
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