Sessanta animatori vanno nelle zone più colpite dal virus, armati di cloro e saponette. Scopo: invitare la popolazione a prestare maggiore attenzione all’igiene
Vatican Insider - “Oggi sessanta animatori della Caritas vanno nelle città e nei villaggi della Guinea meridionale per promuovere la prevenzione dell’epidemia di ebola”.Alexandre Kolié è il direttore della Caritas di Nzérekoré, a cui il “Comitato regionale di crisi” ha delegato l’attività di prevenzione per limitare la diffusione del virus. Questo è l’unico modo per difendersi dalla malattia, non ci sono cure contro ebola. Finora il virus in Guinea ha fatto registrare un tasso di mortalità del 63 per cento. E’ la più letale fra le malattie infettive, con un indice di contagiosità molto alto.
Gli animatori della Caritas portano cloro e saponette nei villaggi. Bisogna prima di tutto spingere la popolazione ad avere molta cura nell’igiene: lavare bene le mani prima di mangiare, lavare frutta e verdura, avere meno contatti possibile con le altre persone, soprattutto sangue e saliva possono trasmettere il virus. E’ importante anche evitare le carni di selvaggina, soprattutto di scimmia e pipistrello, che sembrano essere le più contagiose.
“Non è facile far passare questi concetti in Guinea” sostiene il dottor Gianni Guidotti . Appena tornato da un mese di attività nella capitale, Conakry, Guidotti ha prestato servizio nel Centro Benedetto XVI, della Comunità di Sant’Egidio, impegnato nel progetto Dream, per la prevenzione dell’Aids: “Abbiamo avuto molte difficoltà a far capire, ad esempio, ai ragazzi delle scuole che non bisogna bere l’acqua delle pozzanghere”. Nella capitale si sono registrati i primi casi nei giorni scorsi. La zona più colpita però è a sud, vicino al confine con la Liberia e la Sierra Leone.
E’ qui che gli animatori della Caritas oggi iniziano l’attività di prevenzione: Nzérekoré, Macenta, Kissidougou e Gueckédou, dove si è registrato il primo caso di ebola, due settimane fa. Era un infermiere, è deceduto nell’ospedale cittadino. La seconda vittima del virus è stato il medico che lo ha curato. Anche fra i loro familiari sono stati registrati dei decessi. Spesso il virus si trasmette in occasione dei funerali. In Guinea si usa lavare i cadaveri, toccarli, per l’ultimo saluto, ma è proprio in quei momenti che il virus sembra essere più contagioso. A Gueckédou, secondo i dati diffusi a livello locale, sono stati accertati 77 casi di ebola, 55 sono deceduti.
“Stiamo diffondendo un comunicato attraverso tutte le radio della regione per invitare il pubblico a prestare più attenzione all’igiene personale” aggiunge il direttore della Caritas. Anche in tutte le chiese, al termine della messa, i fedeli sono stati invitati ad evitare i comportamenti che favoriscono la diffusione del virus, ad esempio il contatto fra le persone: “Noi però usiamo baciarci quando ci incontriamo, non è facile cambiare le nostre abitudini così radicalmente” sottolinea Alexandre Kolié. Anche in molte scuole, ai bambini è stato vietato di darsi la mano.
L’esperienza delle precedenti epidemie in Congo e Uganda “dimostra che una risposta rapida alla fonte del focolaio è il modo migliore per ridurre il rischio di diffusione della malattia”, sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
di Davide Demichelis
Vatican Insider - “Oggi sessanta animatori della Caritas vanno nelle città e nei villaggi della Guinea meridionale per promuovere la prevenzione dell’epidemia di ebola”.Alexandre Kolié è il direttore della Caritas di Nzérekoré, a cui il “Comitato regionale di crisi” ha delegato l’attività di prevenzione per limitare la diffusione del virus. Questo è l’unico modo per difendersi dalla malattia, non ci sono cure contro ebola. Finora il virus in Guinea ha fatto registrare un tasso di mortalità del 63 per cento. E’ la più letale fra le malattie infettive, con un indice di contagiosità molto alto.
Gli animatori della Caritas portano cloro e saponette nei villaggi. Bisogna prima di tutto spingere la popolazione ad avere molta cura nell’igiene: lavare bene le mani prima di mangiare, lavare frutta e verdura, avere meno contatti possibile con le altre persone, soprattutto sangue e saliva possono trasmettere il virus. E’ importante anche evitare le carni di selvaggina, soprattutto di scimmia e pipistrello, che sembrano essere le più contagiose.
“Non è facile far passare questi concetti in Guinea” sostiene il dottor Gianni Guidotti . Appena tornato da un mese di attività nella capitale, Conakry, Guidotti ha prestato servizio nel Centro Benedetto XVI, della Comunità di Sant’Egidio, impegnato nel progetto Dream, per la prevenzione dell’Aids: “Abbiamo avuto molte difficoltà a far capire, ad esempio, ai ragazzi delle scuole che non bisogna bere l’acqua delle pozzanghere”. Nella capitale si sono registrati i primi casi nei giorni scorsi. La zona più colpita però è a sud, vicino al confine con la Liberia e la Sierra Leone.
E’ qui che gli animatori della Caritas oggi iniziano l’attività di prevenzione: Nzérekoré, Macenta, Kissidougou e Gueckédou, dove si è registrato il primo caso di ebola, due settimane fa. Era un infermiere, è deceduto nell’ospedale cittadino. La seconda vittima del virus è stato il medico che lo ha curato. Anche fra i loro familiari sono stati registrati dei decessi. Spesso il virus si trasmette in occasione dei funerali. In Guinea si usa lavare i cadaveri, toccarli, per l’ultimo saluto, ma è proprio in quei momenti che il virus sembra essere più contagioso. A Gueckédou, secondo i dati diffusi a livello locale, sono stati accertati 77 casi di ebola, 55 sono deceduti.
“Stiamo diffondendo un comunicato attraverso tutte le radio della regione per invitare il pubblico a prestare più attenzione all’igiene personale” aggiunge il direttore della Caritas. Anche in tutte le chiese, al termine della messa, i fedeli sono stati invitati ad evitare i comportamenti che favoriscono la diffusione del virus, ad esempio il contatto fra le persone: “Noi però usiamo baciarci quando ci incontriamo, non è facile cambiare le nostre abitudini così radicalmente” sottolinea Alexandre Kolié. Anche in molte scuole, ai bambini è stato vietato di darsi la mano.
L’esperienza delle precedenti epidemie in Congo e Uganda “dimostra che una risposta rapida alla fonte del focolaio è il modo migliore per ridurre il rischio di diffusione della malattia”, sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
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