martedì, aprile 29, 2014
Pena capitale anche per il leader del gruppo, Mohammed Badie. Il tribunale è lo stesso che a marzo aveva emesso 529 condanne a morte, sentenza criticata anche dalla Commissione per i diritti umani dell'Onu.

Asianews - Con la richiesta di 683 condanne a morte si è chiuso ieri in Egitto il processo contro un gruppo di Fratelli musulmani, compreso il leader del gruppo, Mohammed Badie (nella foto). Gli imputati sono stati condannati per la morte di un agente avvenuta durante un attacco a una stazione di polizia di Minya, a sud del Cairo. Lo stesso tribunale ha confermato 37 delle 529 condanne a morte decretate nel marzo scorso, commutando le altre in pene detentive, per lo più a vita.

La sentenza aveva suscitato giudizi negativi da parte di gruppi per la difesa dei diritti umani e anche di Onu, Stati Uniti ed Europa. Un portavoce della Commissaria per i diritti umani Navi Pillay aveva affermato che il processo era stato "frettoloso" e "con abbondanza di irregolarità procedurali". E anche oggi, molti degli avvocati difensori degli imputati non erano presenti alla sentenza, in quanto chiedono la ricusazione del giudice, definito "un macellaio". In proposito Human Right Watch sostiene che il tribunale impedisce ai difensori di presentare le proprie argomentazioni e che il processo dura appena "ore".

La legge egiziana richiede che le condanne a morte sino confermate dal presidente del tribunale dopo un parere del Gran muftì di Al Azhar, la massima autorità religiosa del Paese. Il parere del Gran muftì è segreto.

Il verdetto e la sentenza possono ancora essere sottoposti in appello alla Corte di cassazione.


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