giovedì, maggio 08, 2014
Nella Siria orientale è in corso da mesi un conflitto tra le formazioni legate ad al Qaeda che sta facendo morti e feriti e provocando l’esodo di migliaia di civili. Sul sostegno al Fronte al Nusra o allo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante emerge una profonda divisione nell’organizzazione creata da Osama binLaden ora guidata da Ayman Zawahri. 

di Michele Giorgio – Il Manifesto  

Nena News - Nella Siria orientale, nella regione di Dar ez Zor, non riscuotono interesse le notizie che arrivano da altre zone del Paese, come il ritiro dei ribelli dalla città vecchia di Homs o le “presidenziali” che il 3 giugno daranno a Bashar Assad un nuovo mandato di sette anni. E non desta interesse in questa vasta area della Siria, fuori dal controllo delle forze governative, neppure la notizia del benvenuto caloroso che l’Amministrazione Obama ha riservato alla delegazione della Coalizione Nazionale dell’opposizione siriana, guidata da Ahmed Jarba, accompagnato dalla promessa di nuovi aiuti per milioni di dollari e di ulteriori forniture di armi americane “non letali” (quelle “letali”, come i razzi anticarro, gli Usa le fanno arrivare ai miliziani ribelli attraverso gli alleati arabi). E’ stata annunciata anche l’apertura a Washington di una “missione diplomatica” dell’opposizione siriana. A Deir er Zor si pensa ad altro. Soprattutto si combatte, per il controllo dell’“emirato islamico” che le formazioni qaediste hanno cominciato a creare in una vasta area della Siria da quando hanno preso il controllo della provincia di Raqqa.

Sono centinaia, forse più, i miliziani islamisti morti negli ultimi mesi nei feroci combattimenti che vedono di fronte lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Siil, noto anche come Isil) e il Fronte al Nusra (nato nel gennaio 2012). E’ una battaglia per il controllo di territori fondamentali per i traffici di ogni genere, dalle armi al petrolio, tra Iraq e Siria, e anche una battaglia ai vertici di al Qaeda. La guerra civile siriana sta mettendo a nudo la trasformazione avuta dall’organizzazione creata da Osama bin Laden – verticale e composta di pochi e fidati membri nascosti tra il Pakistan e l’Afghanistan – divenuta ora una sorta di “movimento” formato da correnti e leader talvolta in spietata concorrenza tra di loro. E il conflitto in Siria scuote non poco anche l’autorità e la credibilità tra migliaia combattenti qaedisti, sparsi tra il Medio Oriente e l’Asia Centrale, di Ayman Zawahri, che ha sostituito bin Laden ucciso tre anni fa da truppe speciali americane nel suo rifugio segreto ad Abbottabad (Pakistan). Zawahri, davanti alla rivalità accesa tra il leader del Siil, Abu Bakr al Baghdadi, e il capo del Fronte al Nusra, Abu Mohammad al Joulani, lo scorso anno ha reagito proclamando al Nusra ramo siriano di al Qaeda. E ha ripetutamente intimato allo Siil, l’ultima volta nelle scorse settimane, di rientrare in Iraq dove è nato nel 2004 come Stato Islamico dell’Iraq, dall’unione di varie formazioni salafite jihadiste impegnate a massacrare gli sciiti e a colpire l’esercito americano.

La scorsa settimana, a commento degli ordini dati da Zawahri e non rispettati, una agenzia di stampa italiana ha scritto: «I vertici dell’Isis (Siil) hanno finora ignorato le richieste della cupola qaedista tanto che analisti esprimono dubbi sulla reale appartenenza dell’Isis alla filiera centrale di al Qaeda». Una affermazione che non ha un fondamento storico e religioso. Che l’organizzazione di al Baghdadi sia parte integrante di al Qaeda lo dice anche la frattura emersa, dopo l’ordine di ritiro dalla Siria dato da Zawahri allo Siil, nella galassia che fa riferimento all’organizzazione creata da bin Laden. Diversi gruppi da lungo tempo legati ad al Qaeda, quindi al “Jihad globale”, si sono schierati contro la linea pro-Nusra scelta da Zawahri che invece dalla sua parte sembra avere leader più giovani, come l’“africano” Mokhtar Belmokhtar, comandante delle Brigate al-Mulathameen, o il ramo curdo di al Qaeda. A dare appoggio allo Siil e alla sua posizione (Iraq e Siria sono un unico paese) sono anche gli uzbeki, tajiki e russi del Caucaso delle Jamaat Sabiri che nella loro dichiarazione affermano la fedeltà di al Baghdadi al credo di al Qaeda.

Zawahri pare preferire una al Qaeda movimentista, più aperta a formazioni “nazionali” quindi non necessariamente in linea con il “Jihad globale”, perchè in grado di sottrarre consensi alle formazioni islamiste più politiche, come i Fratelli musulmani, o di stabilire in Siria alleanze con vari gruppi armati di vario orientamento. Tuttavia di fronte alla possibilità concreta di una spaccatura di al Qaeda, Zahwahri nei giorni scorsi ha fatto la voce grossa anche con al Nusra, intimando l’interruzione degli attacchi allo Siil. Al Joulani ha risposto “obbedisco” ma sul terreno poi non è cambiato nulla. Tra lo Siil e al Nusra è sempre guerra aperta. Anche per il controllo del traffico del petrolio che entrambi i gruppi estraggono dai giacimenti tolti al controllo di Damasco. Secondo fonti citate dal quotidiano libanese as Safir, ogni giorno i qaedisti riuscirebbero a ricavare almeno mezzo milione di dollari dal commercio illegale di greggio in Turchia.


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