Si moltiplicano le iniziative di controllo e di prevenzione delle autorità cinesi verso ogni possibile forma di dissenso nell’avvicinarsi del 25º anniversario della repressione del movimento studentesco in piazza Tiananmen a Pechino.
Misna - Continua anche il giro di vite sulle varie forme d’espressione e di comunicazione concesse da internet. Nel mirino sono ora le più popolari piattaforme di messaggistica istantanea, come WeChat, espressamente indicata in un comunicato ufficiale tra le iniziative potenzialmente pericolose per la stabilità del paese. La campagna censoria attuale, in corso da circa un mese, segue quella di cui è rimasto vittima lo scorso anno anche Sina Weibo, il Twitter cinese, da allora in declino. Un buon numero di coloro che hanno dovuto abbandonare blog e chat prese di mira dalle autorità sono migrati verso WeChat.
Come in altre realtà, dalla Turchia all’Egitto alla Thailandia, con un’ampia diffusione di chat, blog e social media che contribuiscono in modo sostanziale anche alle attività produttive e a rapporti interpersonali, anche in Cina, le autorità cercano in ogni modo di disincentivare un uso che non sia esclusivamente ludico o disimpegnato di questi strumenti che inevitabilmente sono diventati in anni recenti anche veicoli primari di dissenso.
WeChat, piattaforma di messaggistica istantanea che consente invio di testi, immagini, video e messaggi in voce, ha una media mensile di 396 milioni di utenti, quasi il doppio di quelli di Sina Weibo. Fino ad ora non perseguita per l’uso personale, non collettivo o aperto, WeChat è entrata nel mirino della censura per la possibilità offerta di condividere messaggi con anche 500 partecipanti. Diventando così, secondo l’Ufficio di stato cinese per l’informazione su internet, “un problema dato che promuove la diffusione di informazioni non confermate e di altro contenuto dannoso”.
Misna - Continua anche il giro di vite sulle varie forme d’espressione e di comunicazione concesse da internet. Nel mirino sono ora le più popolari piattaforme di messaggistica istantanea, come WeChat, espressamente indicata in un comunicato ufficiale tra le iniziative potenzialmente pericolose per la stabilità del paese. La campagna censoria attuale, in corso da circa un mese, segue quella di cui è rimasto vittima lo scorso anno anche Sina Weibo, il Twitter cinese, da allora in declino. Un buon numero di coloro che hanno dovuto abbandonare blog e chat prese di mira dalle autorità sono migrati verso WeChat.
Come in altre realtà, dalla Turchia all’Egitto alla Thailandia, con un’ampia diffusione di chat, blog e social media che contribuiscono in modo sostanziale anche alle attività produttive e a rapporti interpersonali, anche in Cina, le autorità cercano in ogni modo di disincentivare un uso che non sia esclusivamente ludico o disimpegnato di questi strumenti che inevitabilmente sono diventati in anni recenti anche veicoli primari di dissenso.
WeChat, piattaforma di messaggistica istantanea che consente invio di testi, immagini, video e messaggi in voce, ha una media mensile di 396 milioni di utenti, quasi il doppio di quelli di Sina Weibo. Fino ad ora non perseguita per l’uso personale, non collettivo o aperto, WeChat è entrata nel mirino della censura per la possibilità offerta di condividere messaggi con anche 500 partecipanti. Diventando così, secondo l’Ufficio di stato cinese per l’informazione su internet, “un problema dato che promuove la diffusione di informazioni non confermate e di altro contenuto dannoso”.
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