mercoledì, maggio 07, 2014
Diplomazia internazionale a lavoro per disinnescare la crisi ucraina.

Radio Vaticana - Cessate il fuoco e monitoraggio di osservatori internazionali alle elezioni del 25 maggio,è la richiesta che arriva dal Consiglio d’Europa riunito ieri a Vienna, mentre il G7 di Roma sull’energia conferma a Kiev pieno sostegno in caso di criticità. Mosca rimane scettica, mentre sul terreno è calma tesa nel sud est ucraino, dopo le oltre 30 vittime tra i ribellinegli scontri di due giorni fa a Sloviansk. Il servizio di Gabriella Ceraso:ascolta
Una tregua probabilmente solo apparente quella di ieri a Sloviansk bastione dei secessionisti nell’attesa dell’esito degli incontri diplomatici in corso in Europa . Oggi il presidente di turno dell’Osce Burkhalter arriva al Cremlino dopo la tappa di ieri a Vienna per il Consiglio d’Europa e l’appello lanciato per un cessate il fuoco, obiettivo, garantire le elezioni presidenziali del 25 maggio. Se non si tengono sarà il caos prevede la Francia, sostenuta dalla Germania, dal Regno Unito e soprattutto dalla Nato che accusa la Russia di soffiare sul fuoco separatista dell’est e di discreditare il govreno di Kiev. Ma Mosca respinge le accuse al mittente: è scettica sul voto mentre le forze armate vengono utilizzate contro la popolazione, spiega il ministro degli Esteri, Lavrov, ma è possibilista all’ipotesi tedesca di una Ginevra II, purchè, dice, sia aperta all’opposizione, altrimenti tutto inutile. Ferma anche Kiev nei suoi propositi: vuole legittimare la rivoluzione del Maidan e approfitta del Consiglio di Vienna per chiedere l’aiuto di osservatori internazionali affinchè le presidenziali siano libere e democratiche. Si rinsalda intanto ulteriormente il fronte Ue Usa sull’ipotesi di sanzioni ulteriori contro la Russia nel caso di mancata collaborazione.

Molti gli osservatori che temono il degradarsi della crisi, sullo stile di quanto avvenuto in Siria e, prima ancora, in Iraq e Afghanistan. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Andrea Margelletti, presidente del Cesi, il Centro studi internazionali:ascolta

R. – No, direi che siamo di fronte a realtà profondamente e radicalmente diverse, proprio perché la crisi in Siria, ma soprattutto la crisi in Iraq prima o il conflitto in Afghanistan, si svolgono in luoghi dove lo Stato centrale è estremamente debole o, in alcuni casi, addirittura non esistente. Invece, nel conflitto che contrappone Mosca a Kiev abbiamo due realtà statuali estremamente strutturate e con un controllo forte su tutti gli apparati dello Stato e, direi, anche su quello delle milizie.

D. – E’ possibile, secondo lei, che l’opposizione ucraina composta dal fronte filorusso sia infiltrata da altri elementi, e quali?

R. – Direi di no. Potremmo vedere l’arrivo di mercenari stranieri, però questi mercenari operano all’interno di regole ben chiare e stabilite da chi li manda a chiamare e da chi li paga. Quindi, direi che ci troviamo di fronte, semmai, a eserciti paralleli più che a milizie incontrollabili.

D. – Quale evoluzione lei vede di questa crisi che pian piano sta coinvolgendo un po’ tutte le realtà internazionali?

R. – Il vero problema è proprio l’utilizzo delle milizie, perché esse sono in grado di fare azioni importanti per conto di qualcuno che rimane coperto. Nel gergo vengono chiamate “negazioni plausibili”, ovvero il mandante può sempre dire: “No, non è colpa nostra, sono state le milizie”. Loro rappresentano davvero la wild card del conflitto. La speranza è una risoluzione della crisi ovviamente diplomatica. Però, da quello che vedo in questi giorni e in queste ore, non ho la sensazione che tutti abbiano la stessa buona volontà.

D. – Oltre a un dialogo più efficace Mosca-Washington, che potrebbe risolvere la situazione, è importante che partecipi qualche altro attore?

R. – Sarebbe importante che ci fosse l’Europa, ma anche in questo caso, come in innumerevoli altri casi, lamentiamo un “fragoroso silenzio” da parte di Bruxelles, dove invece sono proprio i Paesi europei a giocare in questo caso un ruolo determinante. La speranza è che prima o poi tutti ci si renda conto che da soli non si va da nessuna parte. Ma, in realtà, l’affermarsi sempre più di movimenti antieuropeisti dimostra come in questo momento il Vecchio continente sia un po’ in affanno.



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