Tra le minimizzazioni politiche di un ex premier condannato e le confessioni a San Vittore sta venendo fuori il nuovo e (purtroppo) atteso verminaio intorno all’ Expo.
Greenreport - E, quasi per riflesso preparatorio, la stessa banda dei soliti noti si apprestava a mettersi a tavola per l’altro enorme banchetto: quello della realizzazione del deposito delle scorie nucleari italiane. Deposito che nessuno vuole, ma che pure da qualche parte andrà fatto, con il quale pagheremo di tasca nostra ed a carissimo prezzo il frutto di una sciagurata avventura nucleare, quella che lo stesso premier di cui sopra voleva farci riprovare a prezzo ancora più caro spacciandola addirittura per un nuovo Rinascimento.
In questo clima avvelenato assume particolare rilievo (se pur relegata in qualche colonnino ben nascosto dei pochi giornali che se ne sono accorti) la nota stampa della Sogin in «Relazione all’indagine della Procura della Repubblica di Milano e alle notizie apparse sulla stampa». La nuova dirigenza della Sogin, la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione delle scorie radioattive, cerca di non farsi risucchiare nel gorgo che ha già inghiottito politici locali ed imprenditoria d’assalto (con i soldi pubblici) e precisa che: «Il 20 settembre 2013, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione, indicando Giuseppe Zollino, Presidente, e Riccardo Casale, Amministratore Delegato; 15 ottobre 2013, l’Amministratore Delegato ha illustrato al CdA la nuova struttura organizzativa della Sogin, varata il giorno successivo. In maniera indipendente, all’oscuro delle indagini in corso, i nuovi vertici aziendali hanno avviato e portato a compimento una Due Diligence, le cui fasi salienti sono riportate di seguito: il 31 ottobre 2013, il nuovo Vertice ha dato incarico a società esterna di realizzare una Due Diligence contabile; il 6 dicembre 2013 il CdA ha completamente rinnovato l’Organismo di Vigilanza e ha sostituito il Dirigente Preposto; il 26 marzo 2014 L’Amministratore Delegato ha informato il CdA che nella successiva seduta del 23 aprile 2014 avrebbe dato piena informativa sugli esiti della Due Diligence. Tale CdA è stato poi rinviato all’8 maggio 2014 per dare la possibilità a tutti i membri del Consiglio, del Collegio Sindacale e del Magistrato Delegato della Corte dei Conti di essere presenti; il 30 aprile, il rapporto di Due Diligence è stato consegnato. Il medesimo giorno, l’Amministratore Delegato ha conferito incarico professionale a un legale esterno, esperto in materia penale, per la redazione di un parere pro-veritate circa l’eventuale rilevanza penale di alcuni rilievi contenuti nel rapporto; il 5 maggio, il legale esterno ha trasmesso il parere pro-veritate con evidenza delle ipotesi di reato e ha indicato all’AD, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio, le azioni da porre in essere; l’8 maggio alle ore 15:00 si è, quindi, tenuto il CdA. L’AD ha dato ampia informazione degli esiti della Due Diligence e delle azioni avviate a tutela della Società. Nello stesso giorno sono state consegnate sette lettere di contestazione ad altrettanti dipendenti; quattro dei quali, tutti dirigenti, sono stati contestualmente, in via cautelativa, sospesi dal servizio. Due di questi risultano essere interessati dalle indagini della Procura di Milano; Il 9 maggio, sulla base del parere pro-veritate che configura la sussistenza di ipotesi di reato, un esposto è stato firmato dall’AD Riccardo Casale e inviato alla Procura della Repubblica».
La bufera dell’Expo, che potrebbe farci rimpiangere tangentopoli, sembra aver inaugurato un’epoca di glasnost e perestrojka alla Sogin ed i nuovi vertici assicurano che «Nell’ottica della totale trasparenza, il vertice Sogin garantisce piena collaborazione agli organi inquirenti. Qualora fossero confermati comportamenti e responsabilità individuali in danno alla Società, saranno avviate le ulteriori necessarie azioni legali per tutelare i propri diritti e onorabilità».
Speriamo che la trasparenza sia estesa a tutta l’opaca filiera dello a smantellamento del nucleare italiano, a cominciare dalla spedizione via treno delle scorie nucleari in Francia e ritorno ed anche sul ruolo che giocano in questa vicenda sindaci come quello intercettato dalla magistratura che più che alla sicurezza dei cittadini pensava alla sua carriera politica ben remunerata.
Il nucleare italiano è stato lasciato nelle mani di politici smemorati ed amici di latitanti come Scajola e Berlusconi ed esaltato anche da alcuni dei ministri che oggi siedono nel governo di Matteo Renzi, quindi la trasparenza riscoperta dalla Sogin all’epoca dell’Expo è cosa davvero buona e giusta, ma deve essere davvero visibile ad ogni passo se si vuole davvero che le realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari non si trasformi da problema ambientale e sociale in un nuovo verminaio di corruttela scoperchiato tra qualche anno dalla magistratura.
Troppi sono i soldi ed i rischi in ballo e tutto dovrà essere fatto alla luce del sole, secondo la scienza e non secondo la convenienza di un’imprenditoria predatoria che ormai utilizza la politica senza ideali per mettere le mani su enormi finanziamenti pubblici. Un’imprenditoria liberista a parole ma protezionista di fatto e che si affida alla solita coorte di maneggioni che distribuiscono favori ed omertà tra cooperative “rosse”, compagnie delle opere e grandi imprenditori che si lamentano per la scarsa competitività e poi fanno cartelli monopolistici.
Il modello potrebbe essere quello proposto per l’Expo in una lettera inviata a Renzi da Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia: «Che vengano aumentate le misure di prevenzione e contrasto dei fenomeni la scienza e malavitosi è giusto e fin troppo ovvio, ma l’evento non può certo essere militarizzato. La miglior prevenzione ad arbitri e illegalità non può che essere la trasparenza e il coinvolgimento della società milanese e lombarda nelle decisioni, attivandone gli anticorpi democratici: ma ciò non sarà possibile se non verrà rivisto il modo autoritario con cui fino ad ora sono state assunte le scelte su Expo. Dalla pubblicazione della lista delle opere per Expo, stilata nel 2008 dal DPCM Expo, fino ad oggi, le vere scelte che ruotano intorno ad Expo sono state assunte da cupole di interessi collegate al comparto infrastrutturale lombardo e nazionale, oggi al centro delle inchieste della magistratura, non certo in risposta ai veri bisogni dei cittadini. Se non vogliamo arrivare ad un Expo di polizia, Renzi dia un segnale forte: le grandi decisioni, anche quelle che riguardano le infrastrutture connesse, non devono essere imposte, occorre ripristinare il dibattito pubblico sulle decisioni, un dibattito che nello svolgimento di Expo è sempre mancato. Tra le opere connesse a Expo, figurano alcune delle più grandi opere autostradali lombarde, dalla Brebemi alla Rho-Monza, dal collegamento A8-Molino Dorino fino alla Pedemontana: opere che non offriranno nulla in termini di servizi e di accessibilità al sito, ma che assorbono l’80% delle risorse. A Renzi chiediamo un gesto di buona volontà stralci subito dalla lista di interventi per Expo tutte le opere che non forniscono risposte utili alle necessità di Expo, a cominciare da Pedemontana e Rho-Monza, così da poter concentrare lo sforzo di prevenzione e controllo di legalità sulle sole opere davvero necessarie all’esposizione».
Greenreport - E, quasi per riflesso preparatorio, la stessa banda dei soliti noti si apprestava a mettersi a tavola per l’altro enorme banchetto: quello della realizzazione del deposito delle scorie nucleari italiane. Deposito che nessuno vuole, ma che pure da qualche parte andrà fatto, con il quale pagheremo di tasca nostra ed a carissimo prezzo il frutto di una sciagurata avventura nucleare, quella che lo stesso premier di cui sopra voleva farci riprovare a prezzo ancora più caro spacciandola addirittura per un nuovo Rinascimento.
In questo clima avvelenato assume particolare rilievo (se pur relegata in qualche colonnino ben nascosto dei pochi giornali che se ne sono accorti) la nota stampa della Sogin in «Relazione all’indagine della Procura della Repubblica di Milano e alle notizie apparse sulla stampa». La nuova dirigenza della Sogin, la società di Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione delle scorie radioattive, cerca di non farsi risucchiare nel gorgo che ha già inghiottito politici locali ed imprenditoria d’assalto (con i soldi pubblici) e precisa che: «Il 20 settembre 2013, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha nominato il nuovo Consiglio di Amministrazione, indicando Giuseppe Zollino, Presidente, e Riccardo Casale, Amministratore Delegato; 15 ottobre 2013, l’Amministratore Delegato ha illustrato al CdA la nuova struttura organizzativa della Sogin, varata il giorno successivo. In maniera indipendente, all’oscuro delle indagini in corso, i nuovi vertici aziendali hanno avviato e portato a compimento una Due Diligence, le cui fasi salienti sono riportate di seguito: il 31 ottobre 2013, il nuovo Vertice ha dato incarico a società esterna di realizzare una Due Diligence contabile; il 6 dicembre 2013 il CdA ha completamente rinnovato l’Organismo di Vigilanza e ha sostituito il Dirigente Preposto; il 26 marzo 2014 L’Amministratore Delegato ha informato il CdA che nella successiva seduta del 23 aprile 2014 avrebbe dato piena informativa sugli esiti della Due Diligence. Tale CdA è stato poi rinviato all’8 maggio 2014 per dare la possibilità a tutti i membri del Consiglio, del Collegio Sindacale e del Magistrato Delegato della Corte dei Conti di essere presenti; il 30 aprile, il rapporto di Due Diligence è stato consegnato. Il medesimo giorno, l’Amministratore Delegato ha conferito incarico professionale a un legale esterno, esperto in materia penale, per la redazione di un parere pro-veritate circa l’eventuale rilevanza penale di alcuni rilievi contenuti nel rapporto; il 5 maggio, il legale esterno ha trasmesso il parere pro-veritate con evidenza delle ipotesi di reato e ha indicato all’AD, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio, le azioni da porre in essere; l’8 maggio alle ore 15:00 si è, quindi, tenuto il CdA. L’AD ha dato ampia informazione degli esiti della Due Diligence e delle azioni avviate a tutela della Società. Nello stesso giorno sono state consegnate sette lettere di contestazione ad altrettanti dipendenti; quattro dei quali, tutti dirigenti, sono stati contestualmente, in via cautelativa, sospesi dal servizio. Due di questi risultano essere interessati dalle indagini della Procura di Milano; Il 9 maggio, sulla base del parere pro-veritate che configura la sussistenza di ipotesi di reato, un esposto è stato firmato dall’AD Riccardo Casale e inviato alla Procura della Repubblica».
La bufera dell’Expo, che potrebbe farci rimpiangere tangentopoli, sembra aver inaugurato un’epoca di glasnost e perestrojka alla Sogin ed i nuovi vertici assicurano che «Nell’ottica della totale trasparenza, il vertice Sogin garantisce piena collaborazione agli organi inquirenti. Qualora fossero confermati comportamenti e responsabilità individuali in danno alla Società, saranno avviate le ulteriori necessarie azioni legali per tutelare i propri diritti e onorabilità».
Speriamo che la trasparenza sia estesa a tutta l’opaca filiera dello a smantellamento del nucleare italiano, a cominciare dalla spedizione via treno delle scorie nucleari in Francia e ritorno ed anche sul ruolo che giocano in questa vicenda sindaci come quello intercettato dalla magistratura che più che alla sicurezza dei cittadini pensava alla sua carriera politica ben remunerata.
Il nucleare italiano è stato lasciato nelle mani di politici smemorati ed amici di latitanti come Scajola e Berlusconi ed esaltato anche da alcuni dei ministri che oggi siedono nel governo di Matteo Renzi, quindi la trasparenza riscoperta dalla Sogin all’epoca dell’Expo è cosa davvero buona e giusta, ma deve essere davvero visibile ad ogni passo se si vuole davvero che le realizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari non si trasformi da problema ambientale e sociale in un nuovo verminaio di corruttela scoperchiato tra qualche anno dalla magistratura.
Troppi sono i soldi ed i rischi in ballo e tutto dovrà essere fatto alla luce del sole, secondo la scienza e non secondo la convenienza di un’imprenditoria predatoria che ormai utilizza la politica senza ideali per mettere le mani su enormi finanziamenti pubblici. Un’imprenditoria liberista a parole ma protezionista di fatto e che si affida alla solita coorte di maneggioni che distribuiscono favori ed omertà tra cooperative “rosse”, compagnie delle opere e grandi imprenditori che si lamentano per la scarsa competitività e poi fanno cartelli monopolistici.
Il modello potrebbe essere quello proposto per l’Expo in una lettera inviata a Renzi da Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia: «Che vengano aumentate le misure di prevenzione e contrasto dei fenomeni la scienza e malavitosi è giusto e fin troppo ovvio, ma l’evento non può certo essere militarizzato. La miglior prevenzione ad arbitri e illegalità non può che essere la trasparenza e il coinvolgimento della società milanese e lombarda nelle decisioni, attivandone gli anticorpi democratici: ma ciò non sarà possibile se non verrà rivisto il modo autoritario con cui fino ad ora sono state assunte le scelte su Expo. Dalla pubblicazione della lista delle opere per Expo, stilata nel 2008 dal DPCM Expo, fino ad oggi, le vere scelte che ruotano intorno ad Expo sono state assunte da cupole di interessi collegate al comparto infrastrutturale lombardo e nazionale, oggi al centro delle inchieste della magistratura, non certo in risposta ai veri bisogni dei cittadini. Se non vogliamo arrivare ad un Expo di polizia, Renzi dia un segnale forte: le grandi decisioni, anche quelle che riguardano le infrastrutture connesse, non devono essere imposte, occorre ripristinare il dibattito pubblico sulle decisioni, un dibattito che nello svolgimento di Expo è sempre mancato. Tra le opere connesse a Expo, figurano alcune delle più grandi opere autostradali lombarde, dalla Brebemi alla Rho-Monza, dal collegamento A8-Molino Dorino fino alla Pedemontana: opere che non offriranno nulla in termini di servizi e di accessibilità al sito, ma che assorbono l’80% delle risorse. A Renzi chiediamo un gesto di buona volontà stralci subito dalla lista di interventi per Expo tutte le opere che non forniscono risposte utili alle necessità di Expo, a cominciare da Pedemontana e Rho-Monza, così da poter concentrare lo sforzo di prevenzione e controllo di legalità sulle sole opere davvero necessarie all’esposizione».
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