venerdì, maggio 09, 2014
L'Europa non è un passato comune ma un destino comune. 

Radio Vaticana - Lo ha detto il premier italiano, Matteo Renzi, che alla Conferenza internazionale “The State of the Union” in corso a Firenze chiede che "crescita e occupazione siano valori costitutivi dell'Ue" e sottolinea che "l'Europa non è il nostro problema ma è una parte della soluzione". L’occasione è la Giornata dell’Europa, in ricordo della proposta che Robert Schuman presentò il 9 maggio 1950 per la creazione di un nucleo economico europeo, e in attesa delle elezioni tra il 22 e il 25 maggio. Renzi chiede una Ue che “dopo il fondo salva-Stati, il fondo salva-banche, inizi a fare qualcosa per salvare le famiglie”, sottolineando che a preoccupare non è più lo spread finanziario ma lo "spread del populismo". Fausta Speranza ha intervistato Massimo Palumbo, della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, autore del libro “Dipinta di blu” dedicato alla crisi: ascolta

R. – Finora, la difesa dell’euro è stata affidata soltanto alla Banca centrale europea, che ha dei poteri molto forti anche se ben delimitati. Servono politiche dei governi nazionali più efficaci e forse qualcosa di più di un semplice coordinamento tra questi. Servirebbe un governo centrale più forte che si poggi sui governi nazionali, ma che abbia un impulso più forte a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda l’occupazione che è il problema principale oggi. Una volta regolamentato meglio il mercato finanziario, bisogna poi passare alle politiche per l’occupazione. Lì c’è ancora tanto lavoro da fare. Come spesso succede quando ci sono delle crisi, la reazione da parte delle istituzioni europee è forte e in questo momento può essere salutata positivamente. L’unione bancaria mette, per la prima volta, il sistema delle grandi banche sotto un’unica autorità di sorveglianza e questo non esisteva.

D. – Proprio adesso, per,ò vediamo un euroscetticismo alla vigilia delle elezioni che potrebbe bloccare questo processo che paradossalmente, dopo un po’ di stagnazione, ha ripreso slancio…

R. – Esattamente così, perché le risposte che sono arrivate dall’Unione sono arrivate relativamente tardi rispetto ai danni che l’economia reale ha subito. Parlo delle difficoltà delle piccole e medie imprese a ricevere il credito, della possibilità di trovare un posto di lavoro, del rischio di perderlo… Quindi, è chiaro che anche i popoli dell’Europa sono stati sottoposti a difficoltà e vedono che l’Europa non ha dato delle risposte efficaci. Evidentemente, queste risposte stanno arrivando, arriveranno, ma probabilmente con effetto leggermente ritardato. Dunque, l’euroscetticismo, dal punto di vista delle analisi, non è completamente campato in aria. Però, il punto è che questa crisi si risolve con due cose: con la crescita economica, da un lato, e con maggiore cittadinanza europea, con maggiore sovranità da parte dei popoli e maggiore legittimità democratica dall’altro.

D. – E non si risolve invece sfasciando tutto il giocattolo, diciamo così…

R. – Sfasciare il giocattolo nella situazione in cui abbiamo un mercato globale caratterizzato ormai da regole meno forti, valide e imperniate su valori di quelle europee – pensiamo all’Asia, ad altri continenti – non credo che gioverebbe all’Europa. Nessuno Stato europeo potrebbe essere in grado di competere con la situazione attuale dell’economia mondiale. Quindi, l’Europa è un patto che indubbiamente ci rende più forti. Pensiamo anche a quello che accade nella politica estera, ai fatti dell’Ucraina: dove non c’è Europa ci sono crisi, attorno all’Europa ci sono sempre crisi. In Europa invece, per fortuna, la crisi è solo economica e non è stata mai in questi 60 anni di unione una crisi a livello di guerre civili, come è successo, ad esempio, nei Paesi del Mediterraneo meridionale, nei Paesi della "primavera araba": pensiamo a tutto quello che sta accadendo in Siria... Quindi, l’Europa è un valore. E bisogna rilanciare anche sugli elementi di cittadinanza e di cultura. Direi che è importante.

D. – Il suo libro appena pubblicato ha un titolo particolare: “Dipinta di blu”. Perché?

R. – Chiaramente, il richiamo è alla bandiera europea, ma richiama anche una famosa canzone di Modugno che, guarda caso, vince il Festival di Sanremo nel 1958, quando nasce il Mercato comune europeo con i Trattati di Roma. Quella era una fase in cui l’Europa ha aiutato molto i Paesi come l’Italia ad uscire dal Dopoguerra e a rilanciarsi verso il boom economico. Era un momento di speranza: la gente era ancora più povera di adesso, ma c’era una speranza. Quel titolo vuole, in qualche modo, richiamare la fase della ricostruzione e dare un messaggio di speranza.


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