lunedì, maggio 19, 2014
"Gesù ci insegna a vivere il dolore mettendo l’amore di Dio e del prossimo anche nella sofferenza: e l’amore trasforma ogni cosa”. Lo ha affermato Papa Francesco nel ricevere in udienza, in Aula Paolo VI, gli appartenenti ai “Silenziosi Operai della Croce” e al “Centro Volontari della Sofferenza”, due realtà ecclesiali dedite al sostegno degli ammalati e dei sofferenti. Il servizio di Alessandro De Carolis:  

Radio Vaticana - Sopportare passivamente una sofferenza non è cristiano, esattamente come lo stoicismo non ha nulla a che vedere con la fede in Cristo. Il dolore ha senso se lo si vive “con fiducia e speranza” in Dio, che ha il potere di trasformarlo addirittura in un’esperienza di bene e di valore per altri. Papa Francesco ribadisce il punto di vista cristiano sulla sofferenza a persone che ne hanno fatto una ragione di apostolato. Lo ascoltano in cinquemila in Aula Paolo VI e in 350 siedono su una carrozzina, mentre molti altri presentano segni di disabilità psichica e fisica. Accanto a loro ci sono i “Silenziosi Operai della Croce” e i membri del “Centro Volontari della Sofferenza”, due realtà che spiegano con il sorriso e un servizio straordinario il paradosso delle Beatitudini di Gesù, in particolare – sottolinea il Papa – il “beati coloro che sono nel pianto”:

“Con questa parola profetica Gesù si riferisce a una condizione della vita terrena che non manca a nessuno. C’è chi piange perché non ha salute, chi piange perché è solo o incompreso… I motivi della sofferenza sono tanti (...) Ma dicendo ‘beati quelli che sono nel pianto’, Gesù non intende dichiarare felice una condizione sfavorevole e gravosa della vita”.

Operai della Croce e Volontari della Sofferenza: due famiglie con la stessa anima, quella di Luigi Novarese, sacerdote piemontese, beatificato un anno fa, che dal secondo Dopoguerra in avanti – dopo essere guarito da ragazzo da una grave patologia – ha la grande intuizione di mettere insieme sani e ammalati all’interno di una stessa realtà di fede e di mutua solidarietà. Un’esperienza d’amore che – spiega Papa Francesco – arriva diritta dal Calvario, dal quale – afferma – si apprende che “la sofferenza non è un valore in sé stessa, ma una realtà che Gesù ci insegna a vivere con l’atteggiamento giusto”:

“Ci sono, infatti modi giusti e modi sbagliati di vivere il dolore e la sofferenza. Un atteggiamento sbagliato è quello di vivere il dolore in maniera passiva, lasciandosi andare con inerzia e rassegnandosi. Anche la reazione della ribellione e del rifiuto non è un atteggiamento giusto. Gesù ci insegna a vivere il dolore accettando la realtà della vita con fiducia e speranza, mettendo l’amore di Dio e del prossimo anche nella sofferenza: e l’amore trasforma ogni cosa”.

Proprio questo, prosegue Papa Francesco, “vi ha insegnato il Beato Novarese, educando i malati e i disabili a valorizzare le loro sofferenze all’interno di un’azione apostolica portata avanti con fede e amore per gli altri”:

“Egli diceva sempre: ‘Gli ammalati devono sentirsi gli autori del proprio apostolato’. Una persona ammalata, disabile, può diventare sostegno e luce per altri sofferenti, trasformando così l’ambiente in cui vive. Con questo carisma voi siete un dono per la Chiesa. Le vostre sofferenze, come le piaghe di Gesù, da una parte sono scandalo per la fede, ma dall’altra sono verifica della fede, segno che Dio è Amore, è fedele, è misericordioso, è consolatore”.

La benedizione finale è un affidamento a Maria:

“Lei sa, lei conosce le sofferenze e ci aiuta sempre nei momenti più difficili”.

E sul clima di festa e di commozione che si è respirato stamani in Aula Paolo VI, Davide Dionisi ha intervistato don Armando Aufiero, presidente della Confederazione Internazionale “Centro Volontari della Sofferenza”:

R. - Un incontro festoso, un incontro di ringraziamento al Santo Padre in occasione del centenario della nascita del Beato Luigi Novarese e per ringraziarlo a un anno della Beatificazione. Gli ammalati vogliono accogliere quella parola di speranza, di forza di amore che il Santo Padre Francesco sa donare loro con grande efficacia. L’esperienza della sofferenza deve scatenare la carità nelle persone e un mondo caritatevole. Avere più cuore nelle mani significa dare un messaggio, una luce nuova, una sostanza alla nostra società. Mons. Novarese è stato colui che ha aperto un altro varco, dove il buon samaritano oggi diventa l’ammalato stesso: colui che vive l’esperienza della sofferenza può diventare apostolo, compagno di viaggio e la sua testimonianza, le sue parole non saranno mai banali.

D. - Vuole raccontare ai nostri radioascoltatori quello che fate con gli ammalati soprattutto durante il periodo estivo a Lourdes?

R. - È un’esperienza di pellegrinaggio: mons. Novarese ha voluto donare un’attenzione particolare ai sacerdoti ammalati. Lui, una volta all’anno - ormai siamo arrivati alla 63.ma edizione - organizzava il pellegrinaggio dei sacerdoti ammalati a Lourdes. Si era accorto, infatti, che molti sacerdoti nella loro condizione di sofferenza si sentivano un po’ emarginati, tagliati fuori dal ministero. Rischiavano quindi di trascurare la loro vita spirituale. Il Beato Luigi Novarese ha così iniziato il pellegrinaggio a Lourdes dei sacerdoti ammalati come esperienza ed espressione un po’ di tutta la Chiesa. Lì i sacerdoti svolgono gli esercizi spirituali e diventano anche loro stessi, nella condizione del loro ministero, i primi pellegrini.

D. – Don Armando, le auguriamo una buona festa per oggi: il 17 maggio 1947, mons. Novarese tenne a battesimo il Centro Volontari della Sofferenza, dando l’avvio a un nuovo apostolato fra i malati…

R. - Mi consenta di ringraziare Radio Vaticana perché il Beato Luigi Novarese fin dal 1949 volle una trasmissione alla Radio Vaticana. Oggi si chiama “L’incontro della serenità”, allora si chiamava “Il quarto d’ora di serenità”. Riteneva la radio la grande compagnia di chi è legato nel proprio letto tutto il giorno. In questo modo, la radio diventa un grande evento di ossigeno di vita nuova per le famiglie.


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