Un ulteriore colpo alle speranza delle famiglie dei 239 passeggeri e membri dell’equipaggio del volo scomparso dopo la partenza dalla capitale malese Kuala Lumpur per Pechino l’8 marzo, ma anche alla credibilità delle attività di ricerca coordinate dall’Australia per competenza territoriale.
Misna - In base ai tracciati radar, a altre risultanze e pure secondo i segnali captati in diverse riprese in un’area via via sempre più localizzata delle ricerche, il Boeing 777 della Malaysia Airlines si sarebbe inabissato al largo delle coste australiane occidentali dopo avere volato per otto o nove ore in seguito a un inspiegabile cambiamento di rotta che l’ha portato verso un’area particolarmente isolata dell’Oceano Indiano meridionale.
Da oggi, è sostanzialmente certo che anche i segnali captati per alcuni giorni a circa un mese dal potenziale disastro e attributi alle scatole nere del velivolo inabissato sarebbero in realtà dovuti ad altre fonti di origine umana. La constatazione si basa sulla considerazione che se i segnali avessero avuto origine nei registratori di dati e delle conversazioni a bordo, a quest’ora sarebbero stati individuati dagli strumenti di rilevamento sonar della marina militare statunitense trainati dalla nave australiana Ocean Shield appositamente attrezzata per ricerche sottomarine.
Questo, per i responsabili delle ricerche, non esclude completamente che i segnali fossero effettivamente prodotti dai registratori di bordo ma rende evidente che nessuna prova porta ora a considerarli tali. Anche il mini-sommergibile per grandi profondità Bluefin-21, usato in decine di immersioni da metà aprile, non è riuscito a individuare alcun relitto. Le autorità australiane hanno annunciato ieri che le ricerche saranno interrotte in attesa di rielaborare dati e strategie, ma una ripresa non è prevista prima di agosto.
Misna - In base ai tracciati radar, a altre risultanze e pure secondo i segnali captati in diverse riprese in un’area via via sempre più localizzata delle ricerche, il Boeing 777 della Malaysia Airlines si sarebbe inabissato al largo delle coste australiane occidentali dopo avere volato per otto o nove ore in seguito a un inspiegabile cambiamento di rotta che l’ha portato verso un’area particolarmente isolata dell’Oceano Indiano meridionale.
Da oggi, è sostanzialmente certo che anche i segnali captati per alcuni giorni a circa un mese dal potenziale disastro e attributi alle scatole nere del velivolo inabissato sarebbero in realtà dovuti ad altre fonti di origine umana. La constatazione si basa sulla considerazione che se i segnali avessero avuto origine nei registratori di dati e delle conversazioni a bordo, a quest’ora sarebbero stati individuati dagli strumenti di rilevamento sonar della marina militare statunitense trainati dalla nave australiana Ocean Shield appositamente attrezzata per ricerche sottomarine.
Questo, per i responsabili delle ricerche, non esclude completamente che i segnali fossero effettivamente prodotti dai registratori di bordo ma rende evidente che nessuna prova porta ora a considerarli tali. Anche il mini-sommergibile per grandi profondità Bluefin-21, usato in decine di immersioni da metà aprile, non è riuscito a individuare alcun relitto. Le autorità australiane hanno annunciato ieri che le ricerche saranno interrotte in attesa di rielaborare dati e strategie, ma una ripresa non è prevista prima di agosto.
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