venerdì, maggio 16, 2014
Mentre a Londra si è discusso degli aiuti all’opposizione, sul campo si sta consumando uno scontro sanguinoso tra le diverse fazioni ribelli. Intanto, il Paese si prepara alle presidenziali, definite una “farsa” dalle opposizioni, tra bombardamenti aerei, assedi, sospetto uso di armi chimiche, violenze jihadiste. Ogni 60 secondi una famiglia siriana abbandona la propria casa. Liberati gli operatori di MSF  

NenaNews - Si è chiusa con il solito bollettino di guerra la giornata di ieri in Siria: almeno 43 persone, tra cui tre bambini, sono morte nell’esplosione di un’autobomba vicino al confine con la Turchia, nell’area settentrionale di Karaj Sajou, a nord di Aleppo. Un attentato per cui è sospettata la formazione jihadista dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil) contro i ribelli delle Brigate Tawhid, fazione del Fronte Islamico, che controllano il vicino valico di Bab al-Salam. Il fronte Islamico ha firmato un attentato di pochi giorni fa contro le truppe governative nella città settentrionale di Iblid: i miliziani hanno fatto saltare in aria un’intera base militare da un tunnel scavato sotto il presidio con 60 tonnellate di esplosivo, provocando la morte di decine di soldati.

E mentre si sta consumando uno scontro sanguinoso all’interno della variegata galassia dell’opposizione, a Londra, sempre ieri, si è discusso degli aiuti ai gruppi di ribelli che da tre anni combattono per rovesciare il presidente Bashar al Assad. Le truppe governative stanno riguadagnando terreno e Assad, con le presidenziali che andranno in scena il prossimo 3 giugno, definite una “farsa” dagli oppositori, sta cercando la legittimazione delle urne per restare alla guida del Paese.

Negli ultimi tre anni di conflitto sono morte oltre 150.000 persone e milioni di siriani sono fuggiti dalle violenze, all’estero o all’interno del Paese. Secondo il rapporto del Centro di monitoraggio degli sfollati interni (Idmc), ogni 60 secondi una famiglia siriana è costretta ad abbandonare la propria casa. Le carceri della Siria sono diventate luoghi di tortura, con circa 850 vittime di abusi o esecuzioni sommarie dall’inizio dell’anno, secondo l’Osservatorio per i Diritti umani con sede a Londra, e si è tornato a parlare dell’impiego di armi chimiche nei combattimenti. È stata la Ong Human Rights Watch di recente a denunciare l’uso da parte dell’aviazione governativa di barili-bomba pieni di cilindri di gas clorino contro diverse città del nord della Siria.

Una guerra che non accenna a cessare, mentre la diplomazia, che sinora ha fallito diversi tentativi, prova a cambiare le sorti del conflitto a favore dell’opposizione. Ieri a Londra il gruppo dei cosiddetti “Amici della Siria”, o “Londra 11″ (Stati Uniti, Germania, Italia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Giordania, Gran Bretagna, Francia), ha trovato un’intesa per dare maggiore supporto all’opposizione (presunta) “moderata”, cioè “alla Coalizione nazionale siriana, al suo Consiglio militare e ai gruppi armati moderati”. Inoltre, si è parlato degli aiuti umanitari che non riescono a raggiungere una popolazione stremata dai bombardamenti, dagli scontri che coinvolgono città e villaggi e dagli assedi che stanno letteralmente affamando centinaia di persone. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, nel corso dell’incontro ha detto che Washington farà di tutto per fare arrivate gli aiuti alla popolazione, anche senza le autorizzazioni di Assad, le cui truppe controllano diverse zone in emergenza umanitaria. Il gruppo Amici della Siria si è formato nel 2012 e questo meeting a Londra è arrivato pochi giorni dopo le dimissioni di Lakhdar Brahimi da inviato speciale dell’Onu per la Siria, a causa del fallimento nei negoziati (Ginevra 1 e 2) per porre fine al conflitto.

Intanto, ieri sono stati liberati gli ultimi due dei cinque operatori umanitari di Medici senza Frontiere rapiti lo scorso gennaio nel nord-ovest del Paese. In seguito al sequestro la Ong ha chiuso uno degli ospedali e due centri sanitari nella regione di Jabal Akkrad.


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