martedì, maggio 20, 2014
Bangkok e l’intero paese sono dalle tre della notte scorsa sotto la legge marziale. Un provvedimento con effetto immediato e su tutto il paese decretato dai vertiti delle Forze armate come unica possibilità di garantire legalità e sicurezza ai cittadini. A Bangkok soldati e mezzi hanno preso posizione nei punti nevralgici, finora senza particolari problemi, se non disagi per chi si è recato al lavoro.

Misna - Per ora non è stata sospesa la Costituzione e il governo resta in carica. I vertici militari hanno convocato per il pomeriggio un vertice con tutte le forze sociali da cui potrebbero emergere indicazioni sulle prospettive di questa nuova svolta nella tormentata vita del paese. Una svolta anche attesa, che arriva dopo una lunga coda di proteste e violenze che datano almeno sette mesi nella fase più acuta, ma anni nel loro svolgersi con picchi e momenti di stasi.

Per ora il governo resta al suo posto, come pure non sono stati sciolti i due grandi concentramenti di filo e anti-governativi presenti nella capitale. Le decine di migliaia di manifestanti devono per restare nella sede del concentramento non uscirne come invece era previsto per gli anti-governativi dalle dieci di questa mattina per poi marciare verso sedi pubbliche.

Al momento, l’azione degli uomini in divisa sembra rafforzare proprio questa parte tra i due contendenti in piazza, formata da gruppi della società civile, di orientamento nazionalista e filo-monarchico, fortemente centrata sulla capitale e sul Sud del paese, che da sette mesi preme per la fine del governo e la nascita di un esecutivo non eletto che conduca a riforme e a un successivo voto.

Ad essa si oppone con una fattura crescente la fazione filo-governativa, incentrata sul movimento delle Camicie Rosse, che divide le proprie fedeltà tra un esecutivo a brandelli e la famiglia Shinawatra che lo controlla.

Questa mattina Bangkok vede grossi problemi di traffico e di congestione delle linee di trasporto pubblico data la presenza di uomini in divisa nelle strade, blindati e bunker improvvisati, ma non problemi particolari per la popolazione. Anche gli aeroporti funzionano regolarmente. Diverse ambasciate hanno alzato il livello di attenzione per i propri cittadini, anche perché la situazione potrebbe evolvere in modo imprevisto e improvviso.

Imposta censura sui mezzi d’informazione e presidiate dai militari sedi di emittenti radio e televisive. Almeno una decina le reti televisive costrette a fermare le trasmissioni.

Quello della legge marziale è un provvedimento che non si vedeva dal settembre 2006, quando un colpo di stato militare costrinse alle dimissioni il governo allora guidato da Thaksin Shnawatra e di cui quello in carica è, dopo diverse svolte nell’imprevedibile politica thailandese, un erede.

Sotto il controllo dei militari è stato creato un Centro di comando per il mantenimento della pace, ovvero un organismo di gestione della crisi, che ha sostituito quello di nomina governativa incapace di fermare le continue violenze.

A sbloccare la situazione, dopo l’avviso chiaro di giovedì scorso del capo dell’esercito, generale Prayuth Chan-ocha, sulla possibilità di un intervento militare se non fossero cessate le violenze che dal 1° novembre 2013 hanno causato 27 morti e quasi 800 feriti, le dimissioni negate ancora ieri dal governo dopo la richiesta di una delegazione del Senato, unica istituzione dello Stato al momento attiva e che si era orientata verso la fine dell’esecutivo in carica e la nascita di un gabinetto indipendente come sollecitato dall’opposizione, sia politica, sia di piazza.

In buona sostanza, sulla sorte del paese nelle prossime ore influiranno soprattutto una decisione del governo provvisorio sulle dimissioni e l’atteggiamento dei due movimenti di protesta contrapposti, ma anche dalle fazioni interne a Forze armate, servizi di sicurezza ed élite tradizionali nonché delle ali estreme della protesta che potrebbero non accettare la fine di ogni azione dopo mesi di preparazione e di propaganda per le rispettive posizioni.

I militari insistono che la loro azione non vuole essere un colpo di stato e le prossime mosse lo chiariranno, tuttavia è difficile immaginare che un paese fino a ieri a rischio di scontro e persino di guerra civile, semplicemente si ritiri nella sicurezza garantita dagli uomini in divisa che nel paese hanno una lunga tradizione golpista e probabilmente si avvii verso un percorso riformatore controllato da istituzioni esterne alla politica e al parlamento.

Le prime reazioni internazionali chiedono alle Forze armate di abbreviare il più possibile il periodo di legge marziale e di non utilizzare metodi coercitivi o anti-democratici. E anche di guidare il paese verso un nuovo governo rappresentativo.


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